BASTA UN PO’ DI POLONIO E LA PILLOLA VA GIÙ - IL VELENO PREFERITO DAI RUSSI PER ELIMINARE POLITICI E TRADITORI FU CREATO DA MARIE CURIE

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Alessio Schiesari per il "Fatto quotidiano"

Vomito, diarrea, cefalea e dolori addominali. Sono questi i primi effetti dell'avvelenamento da polonio 210. Seguono la perdita di capelli e il danneggiamento di fegato, reni, polmoni e midollo osseo. Quando si arriva alla morte, questa assomiglia a quella provocata da un tumore fulminante. Secondo la Royal Society of Chemistry, in tutto il mondo, vengono prodotti pochi etti di polonio l'anno, quasi tutti sulle rive del Volga, a 700 chilometri da Mosca.

Per uccidere un uomo adulto però ne basta l'equivalente di un grano di sale. E l'incubo polonio è riapparso in questi giorni: così sarebbe stato avvelenato Arafat secondo gli ultimi esami effettuati dall'istituto di radiofisica di Losanna. Dalla fabbricazione di ordigni nucleari agli attentati, il polonio 210 è uno degli elementi chimici che ricorre più di frequente nei libri di storia contemporanea. La sua scoperta si deve a Maria Skodlowska, meglio nota come Marie Curie, che insieme al marito Pierre dedicherà una vita allo studio di questo semimetallo altamente radioattivo.

Il nome polonio è scelto proprio da Marie, nata a Varsavia ma esule in Francia, che vuole portare all'attenzione internazionale le istanze nazionalistiche della sua patria. Il polonio deve ancora trovare il suo primo utilizzo, ma è già entrato nello scontro politico tra le cancellerie.

La prima vittima nel 1927, quando il ricercatore giapponese Nobus Yamada, che collabora con Curie, muore in seguito all'esposizione alle sue radiazioni. La ricerca sulle proprietà del polonio prosegue negli Stati Uniti, dove gli scienziati del "progetto Manhattan" - tra cui Enrico Fermi - scoprono le sue potenzialità nell'industria bellica.

Un nocciolo di polonio e berillio sarà l'innesco di Fat Man, la bomba atomica sganciata nel 1945 a Nagasaki. Anche Irène Joliot-Curie, figlia di Marie, si dedica al suo studio. È lei a scrivere la voce Polonio nell'Enciclopedia britannica. Nel 1947, mentre lavora all'Istituto del radio di Parigi, una provetta di polonio le esplode vicino. Morirà di leucemia 9 anni dopo, probabilmente a causa dell'esposizione alle radiazioni.

Negli anni 60 l'industria del tabacco trova tracce di polonio 210 nelle sigarette. Invece di pubblicare gli studi, le multinazionali cercano, invano, un rimedio. In un carteggio del 1978 tra un impiegato e i dirigenti Philip Morris si spiega che, rivelare la presenza di elementi radioattivi, equivarrebbe a "svegliare un gigante che dorme".

Si torna a parlare di polonio nel novembre 2006. Alexander Litvinenko, un'ex spia russa del Fsb, pranza con il faccendiere ed esperto di rifiuti radioattivi Mario Scaramella in un sushi-bar londinese. Litvinenko è la fonte di Scaramella per la commissione Mitrokhin che, su mandato di Paolo Guzzanti, deve dimostrare i legami tra Romano Prodi e il Kgb. Poche ore dopo il pranzo Litvinenko viene ricoverato d'urgenza al College Hospital, sul suo corpo ingenti quantità di polonio.

È la prima volta che viene provata la correlazione tra l'uso dell'elemento radioattivo e un attentato politico. Litvinenko accusa Scaramella, ma le indagini inglesi si concentrano su due ex agenti del Kgb che la spia aveva incontrato in precedenza. Litvinenko muore il 23 novembre e, pochi giorni dopo, anche Scaramella viene internato per avvelenamento da polonio. Ne uscirà però indenne e verrà dimesso poco dopo.

Due anni prima, era morto in un ospedale parigino il leader dell'Olp Yasser Arafat. I medici sostengono che si sia trattato di un ictus, ma subito si fa largo l'ipotesi di avvelenamento. Il veleno delle spie ormai è famoso, e il suo nome ricorre ogni volta che muore un leader politico.

Come nel caso del leader ucraino ribelle (alla Russia) Yushenko (nel 2004 forse intossicato da polonio, più probabilmente da diossina). Come in marzo quando muore Hugo Chavez: ancora prima dell'autopsia c'è chi è convinto sia stato il polonio.

 

 

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