DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
La notizia di apertura sui quotidiani e i tg cinesi ieri era dedicata alla lunga riunione notturna del Gruppo Guida per le Riforme, presieduta dal capo dello Stato e segretario generale del partito Xi Jinping. Fin qui tutto normale. Ma il primo punto e buona parte del comunicato sono dedicati allo «sviluppo del gioco del calcio». L’agenzia Xinhua , ripresa da tutta la stampa cinese, usa toni gravi: «il football per anni è stato fonte di imbarazzo nazionale, per questo i vertici statali hanno varato un piano per promuovere la competenza calcistica. Il presidente Xi assicura che i cambiamenti saranno tangibili, perché questo è il disperato desiderio del popolo».
L’obiettivo, l’ordine, è di trasformare la Cina in una potenza calcistica mondiale, affrontando e «spazzando via i difetti istituzionali» che ne bloccano lo sviluppo pedatorio. Xi è un tifoso praticante: si è fatto fotografare mentre calciava il pallone, per la verità con stile e potenza. In passato ha detto di avere tre sogni calcistici: che la nazionale si qualifichi per la Coppa del mondo, che la Cina la possa ospitare e che un giorno la possa vincere.
Per il momento, qualificazione e vittoria sembrano molto, ma molto lontane. La squadra rossa ha potuto partecipare ai mondiali solo una volta, nel 2002, tornando a casa con tre sconfitte su tre partite al primo turno. Poi una serie di umiliazioni, come l’incredibile 1-5 subito in casa nel 2013 ad opera della Thailandia. Dopo quella disfatta i tifosi sul web si indignarono e furono grevi nella condanna. Questo post fu scambiato decine di migliaia di volte: «Noi, 1,3 miliardi di cinesi, abbiamo perso con la Thailandia, 65 milioni di abitanti, per un quarto militari, per un quarto monaci, un quarto trans e solo il resto utile per il vivaio calcistico».
Volgarità dei tifosi a parte, il problema che ha spinto Xi a decretare la riscossa è proprio questo: la Cina non sa darsi pace per essere relegata nelle classifiche della Fifa sotto l’ottantesima posizione, superata non solo dai rivali giapponesi, ma anche da piccoli Paesi come Haiti e Giamaica.
È una questione di psicologia nazionale, come dimostra «il disperato desiderio del popolo» citato dalla Xinhua : la debolezza calcistica amplifica quel senso d’insicurezza che neanche i trionfi in campo economico e l’ascesa della potenza militare riescono a cancellare. Secondo questa analisi la nazionale di calcio fallisce perché mancano innovazione e creatività, perché i fondi vengono spesi male e c’è molta corruzione. Ecco perché Xi Jinping ha riunito il vertice dello Stato e ha ordinato di diventare una potenza calcistica.
Il piano prevede già misure concrete: quest’anno in Cina saranno formati 6 mila insegnanti di calcio, entro il 2017 il football diventerà materia obbligatoria di insegnamento in 20 mila scuole elementari e medie, con l’obiettivo di sfornare 100 mila giocatori di buon livello. È questa la via giusta per creare talenti? Può bastare la firma di Xi sotto un decreto per far nascere centravanti e difensori di classe?
barack obama e xi jinping a pechino
L’interesse del presidente (e quindi del Pcc) spiega anche le mosse sul mercato internazionale di personaggi come Wang Jianlin, il miliardario che ha acquistato i diritti televisivi del calcio italiano ed è entrato nella proprietà dell’Atletico Madrid. Alla Cina servono alleanze con Paesi calcisticamente più evoluti.
In attesa che l’azione politica di Xi rivitalizzi il movimento calcistico di massa, i club cinesi continuano a importare campioni stranieri nel loro campionato. Nell’ultima campagna acquisti sono stati spesi in totale 101 milioni di dollari per brasiliani di belle speranze come il giovane Goulart, o di lungo corso come Diego Tardelli. La Cina è diventata il nuovo Eldorado dei mercenari del pallone.
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