1. PRIMA DI TUTTO SALVARE L’ALITALIA DAI PROFESSORI-CORVI E DAL GRACCHIARE DEI GABIBBO ALLE VONGOLE DEI GIORNALONI DEI POTERI MARCI CHE S’AUGURAVANO IL FALLIMENTO DELLA COMPAGNIA DI BANDIERA E LA MESSA SUL LASTRICO DI MIGLIAIA DI LAVORATORI 2. DA VENT’ANNI I GUARDIANI-CENSORI DELLA CASTA POLITICA E TECNICI “À LA CARTE” PUNTANO A COMMISSARIARE LA POLITICA IN NOME DEL LIBERO MERCATO, DI CUI CI SI RICORDA, NATURALMENTE, SOLTANTO QUANDO FA COMODO A LOR SIGNORI E PADRONI 3. I NOSTRI PALADINI DELL’ANTIPOLITICA INFATTI NON BATTERONO CIGLIO QUANDO NEL 1997 LA FIAT DI GIANNI AGNELLI CON LO 0,6% ENTRO’ DA PADRONE NELLA TELECOM PRIVATIZZATA DA CIAMPI-DRAGHI RAPPRESENTANDO UN NOCCIOLO DURO PARI AL 6%

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DAGOANALISI

Eccoli i professori "à la carte" o, meglio, per dirla con Carlo Marx, gli ideologi prezzolati dei Poteri marci spesso con una passato da "tecnici" (lottizzati) nelle stanze dei Palazzi che contano davvero (presidenza del Consiglio, Tesoro, Consob, authority continuare a volteggiare come corvi sulle spoglie dell'Alitalia.
La nostra compagnia di bandiera che, a dispetto dello loro attese nefaste, al momento il governo di Enrico Letta ha salvato dal fallimento.
La politica, insomma, ha battuto finalmente un colpo.
Era ora.

Bene o male, giusto o sbagliato che sia stato l'intervento dell'esecutivo e della maggioranza, nessuno, infatti, poteva chiedere onestamente al governo in carica di restare a guardare che l'Alitalia si sfracellasse al suolo o finisse, gratis, in mani francesi (Air France-Klm).

Era quanto, invece, si auguravano gli "uomini delle competenze", cioè i tecnici che da oltre vent'anni hanno immaginato di poter commissariare la politica cavalcando il "populismo con la ragioneria" (Michele Prospero, "Il libro nero della società civile", Editori Riuniti).
Ed era pure l'auspicio dei Gabibbo alle vongole in servizio permanente nei giornaloni gonfi di debiti peggio dell'Alitalia; svolazzanti anch'essi sui destini della nostra disgraziata compagnia di bandiera che alla fine non è stata ammainata per l'arrivo dell'"odiosa" mano pubblica (Poste italiane).

Tant'è che molti dei cronisti-"castologi", per la dura legge del contrappasso, sono avviati mestamente e ingloriosamente sulla strada della cassa integrazione o della pensione, ovviamente a spese della comunità (vedi "Corriere della Sera" con il suo miliardo e mezzo di debiti).
Un gracchiare intollerabile, insomma, quello intorno all'Alitalia.
In nome del cosiddetto libero mercato di cui ci si ricorda soltanto quando fa comodo a Lor signori.

Di là dal fatto che da quando l'Alitalia è stata avviata sulla strada (infinita) della privatizzazione (fine 2006, governo Prodi) ha macinato tonnellate di debiti, nessuno si è domandato quale figura avrebbe fatto il cosiddetto "sistema Italia" se da un giorno all'altro sarebbero stati messi a terra gli aerei della compagnia e sbarcati (sul lastrico) i suoi quindicimila dipendenti?

Ai quali ne vanno aggiunti altrettanti, se non il doppio, dall'indotto: personale aeroportuale, fornitori di carburante, addetti alla manutenzione etc etc.
Tenendo per buone le stime degli addetti ai lavori e dei sindacati di categoria.
E ancora. Quale sarebbe stato il futuro dell'hub romano di Fiumicino o di quello milanese di Malpensa che si appresta a ospitare l'Expo 2015?
E chi avrebbe assicurato i collegamenti con le isole o altri capoluoghi di regione ancora non serviti dall'alta velocità ferroviaria?
Ah saperlo...

Domande, infatti, che non trovano risposta alcuna nei vari (e avariati) editoriali dei vari (e avariati) Giavazzi, Alesina, Onado e compagnia cantando (con il piattino in mano per ricevere prebenda).
I Professori che non perdono occasione per spacciarsi da oracoli delle sciagure (altrui). Mentre il grande accademico scomparso (nel nulla), Federico Caffè, metteva in guardia gli economisti proprio dal rischio di "non spacciarsi per profeti".

Già. I nostri maghi Otelma dell'economia con doppia laurea e doppi stipendi, che nell'ottobre del 1997 (ancora governo Prodi!) non batterono ciglia di fronte al fatto - davvero incredibile e inaccettabile -, che la Fiat di Gianni Agnelli con un misero 0,6%% all'interno di un "nocciolo duro" parimente straccione per volume azionario racimolato (6,62%), entrava da padrone delle ferriere nella Telecom.

Fino a nominare un suo "famiglio", Gian Mario Rossignolo - arrestato qualche tempo fa per la bancarotta della De Tomaso auto -, a capo dell'azienda telecomunicazione che era stata messa in vendita dal Tesoro, all'epoca diretto da Mario Draghi e guidato da Carlo Azeglio Ciampi.
L'Avvocato con lo 0,6% - zero-virgola-sei per cento! -, può essere considerato allora il primo "patriota" (copyright Berlusconi) delle privatizzazioni (fallite) tra gli applausi della stampa amica e del codazzo di professori che erano di casa alla Fiat
Almeno a stare al linguaggio che sarà usato in seguito per rappresentare i salvatori tricolori dell'Alitalia (governo del Cavaliere uscito vincitore su Prodi dalla tornata elettorale).

I nuovi "patrioti", appunto, che nel 2008 raccolti in una cordata d'imprenditori (Cai) e guidati da Corrado Passera (Banca Intesa) e dal solito "capitano coraggioso" Roberto Colaninno (copyright D'Alema ai tempi della conquista di Telecom) si misero alla cloche della compagnia di bandiera.
Coma a dire? dallo "stato imprenditore" all'"imprenditore di stato".
Tutto in famiglia, insomma. In nome, come sempre, del libero mercato asservito ai Poteri marci e garantito dai tecnici-competenti e dai Gabibbo-castologi.

 

 

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