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Jacopo Iacoboni per “La Stampa”
Nuove, astrali vette della propaganda del Cremlino. Si riscrive Orwell, con ciò inverandolo definitivamente.
L'altro giorno, di fronte a una puntuta domanda di una studentessa universitaria di Ekaterinburg, Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo Serghey Lavrov, si è prodotta in una rilettura ai confini della realtà, e più probabilmente oltre.
La giovane aveva messo il dito sulla situazione a suo dire orwelliana creatasi in Russia con «l'operazione militare speciale» in Ucraina, cosa di per sé interessante, perché i segnali di insoddisfazione verso l'avventura bellica criminale, benché carsici, si stanno moltiplicando, in Russia, tra defezioni di top manager del gas e lettere d'accusa da parte di alti diplomatici: «Qui, nel nostro paese - ha detto la giovane - sentiamo l'ascesa di un patriottismo nazionalista. E amici e parenti dall'estero ci dicono che siamo un riflesso del romanzo "1984". Cosa possiamo rispondere loro?».
Zakharova, che un paio d'anni fa per sbaglio aveva chiamato quel romanzo "1982", stavolta non ha vacillato: «Un momento, aspetta», ha fermato la ragazza. Poi è partita in una incredibile lectio magistralis che riscrive completamente il campo ultrasettantennale degli studi su Orwell: «Per molti anni abbiamo pensato che Orwell stesse descrivendo il totalitarismo. Ma questo è uno dei più grandi falsi globali. Orwell ha scritto sulla fine del liberalismo. Ha scritto di come il liberalismo porterebbe l'umanità in un vicolo cieco.
Non ha scritto dell'Unione Sovietica, ha scritto della società in cui viveva, del crollo dell'idea del liberalismo. E invece vi hanno messo in testa che ha scritto di noi, di te».
In pratica Orwell sarebbe nient'altro che un antecedente della tesi esposta da Vladimir Putin in una famosa intervista al Financial Times: la fine del liberalismo, «il liberalismo è obsoleto».
Il traduttore russo di Orwell, Viktor Golyshev, un'autorità nel campo, ha ricordato su un canale Telegram come la cosa non stia in piedi neanche da un banale punto di vista diacronico: «Penso che 1984 sia un romanzo su uno stato totalitario. Quando Orwell lo scrisse, gli stati totalitari erano già in declino, ma tra la prima e la seconda guerra mondiale metà dell'Europa aveva governi totalitari. A quel tempo non c'era declino del liberalismo, per niente».
L'orwellismo insomma, checché ne dica Zakharova, dilaga nel senso del capovolgimento integrale della realtà e del linguaggio, «la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza». L'altra sera il propagandista in capo della tv del Cremlino, Vladimir Solovyov, si è lanciato in un'altra tirata totalitaria, a sfondo antisemita: la storia, religione e lingua ucraina - ha sostenuto - sono «una finzione», un costrutto, «l'Ucraina è terra nostra, e i soldati russi non se ne andranno mai».
La profezia orwelliana, al di là della riscrittura del Cremlino, continua ad aleggiare su questa guerra come uno spettro: una settimana fa una coppia di Irpin, rientrando nella casa devastata dai russi, ha trovato la libreria sottosopra e sul divano, ancora aperta, una copia di 1984. Chissà se qualche soldato russo lo stesse leggendo.
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