DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1 - A PUTIN NON INTERESSA LA TREGUA IN UCRAINA
Estratto dell’articolo di Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
L’intervista di Dmitrij Suslov al nostro giornale, ci dice alcune cose molto importanti sulla Russia ed è una risposta a quanti, in queste settimane, invocano iniziative diplomatiche mirate a una tregua o a un congelamento (parola molto di moda) della guerra in Ucraina. Suslov […] conferma […] che Putin non punti tanto a conquiste territoriali, quanto a fare dell’Ucraina un Paese del tutto neutrale, militarmente insignificante, parte integrante della sua zona di influenza, quel Russkij Mir, il mondo russo, di cui si è autonominato profeta e campione.
[…] al capo del Cremlino interessa veramente solo il riconoscimento della Russia come grande potenza, con il corollario indispensabile della sua zona di influenza. Ecco perché le ipotesi di cessate il fuoco o trattativa formulate, sia pur con le migliori intenzioni, da pezzi dell’establishment occidentale, in questa fase non hanno senso: è Putin oggi a non voler alcun negoziato che non sia nei suoi termini. Concederglielo significherebbe non solo condannare l’Ucraina, ma anche firmare una bancarotta morale e politica che ci affliggerebbe per sempre.
2 - SUSLOV: «STIAMO VINCENDO SUL CAMPO, MA NON CI BASTANO I TERRITORI L’UCRAINA DEVE ESSERE NEUTRALE»
Estratto dell’articolo di Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
«La Russia non combatte questa guerra per i territori ma per garanzie e accordi blindati sulla sicurezza. L’Ucraina deve essere assolutamente neutrale». Dmitrij Suslov dirige il Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia di Mosca ed è uno dei più ascoltati consiglieri di politica estera del Cremlino.
A che punto è la guerra?
«La situazione delle forze sul terreno è ormai decisamente favorevole alla Russia, che prevale sotto quasi ogni aspetto, armi, soldati, vantaggio dell’iniziativa. L’unico campo in equilibrio forse sono i droni. Questa situazione non è destinata a cambiare neppure nel medio periodo».
Ma la nuova mobilitazione, votata in Ucraina, non avrà un effetto sul campo?
«No. Riflette soltanto la situazione disperata in cui si trova l’Ucraina. Guardi, il quadro generale interno è disastroso per Kiev: demograficamente, economicamente, socialmente e anche politicamente. La popolarità di Zelensky è in calo, c’è crescente sfiducia e instabilità. L’unica istituzione di cui gli ucraini ancora si fidano sono le forze armate».
In questi giorni si torna a parlare di tregua e negoziati. Gli svizzeri hanno indetto una conferenza di pace in giugno, dove la Russia vuole andare. Cosa c’è di concreto?
«[…] Se consideriamo la situazione in Ucraina e teniamo presente la prospettiva delle elezioni americane e le difficoltà degli europei sulla tenuta del sostegno a Kiev, allora si spiega la crescente pressione e il lavorio in atto fra gli occidentali verso una qualche forma di congelamento e di trattativa.
[…] Biden è interessato a un cessate il fuoco prima delle elezioni presidenziali, che potrebbe essere presentato come passo mirato a preservare l’Ucraina come Paese filo-occidentale sottratto all’influenza russa, nonostante il destino di alcuni suoi territori rimarrebbe sospeso. In più al vertice Nato di Washington in luglio, gli alleati farebbero il gesto simbolico della promessa di ancorarla strettamente al sistema di sicurezza dell’Occidente, senza per il momento l’ingresso della Nato».
vladimir putin allo stadio luzniki di mosca
Ma così verrebbe fotografata la situazione sul campo, con la Russia in netto vantaggio. Non è una buona base per voi?
«No, assolutamente no. Vede, la Russia non combatte questa guerra per i territori ma per garanzie e accordi blindati sulla sicurezza. Il minimo accettabile per un armistizio sarebbe un ritorno al comunicato di Istanbul dell’aprile 2022, con in più il riconoscimento del controllo russo sui territori conquistati. Quel documento stabiliva uno status neutrale per l’Ucraina, quindi la fine di ogni discorso sull’adesione alla Nato e limiti stretti alle dimensioni delle sue forze armate.
La Russia chiede una robusta limitazione anche alla collaborazione militare e di intelligence tra Occidente e Ucraina, cioè nulla di quanto accade adesso in termini di forniture d’armi, addestramento, scambio di informazioni. Il Cremlino considera queste precondizioni irrinunciabili per un armistizio. Per questo le chance di una tregua nel futuro prevedibile sono molto basse. Per noi l’Ucraina dev’essere veramente neutrale. Tenere in piedi l’attuale livello di cooperazione tra Kiev e gli occidentali dopo una tregua sarebbe una sconfitta per la Russia».
Ma con Donald Trump alla Casa Bianca cambierebbe tutto?
«Dal punto di vista della Russia, no. Anche se Trump fosse rieletto, la posizione americana non cambierebbe radicalmente. Egli spingerebbe probabilmente per un piano simile a quello di Biden. Quando Putin ha detto di preferire Biden a Trump, perché l’attuale presidente è più prevedibile, non era una boutade. Vede, se Mosca rigettasse l’offerta americana, Biden una volta rieletto sarebbe comunque attento a non provocare un’escalation e continuerebbe a muoversi come fa adesso. Ma se vincesse Trump e Mosca rifiutasse il deal americano, allora la sua reazione sarebbe di intensificare l’aiuto a Kiev e fare mosse rischiose che potrebbero portare a un confronto nucleare».
L’economia russa è cresciuta del 3,6% nel 2023, ma la crescita è trainata solo dalla spesa militare. È sostenibile un’economia di guerra nel lungo periodo? Non rischiate di finire come l’Urss, che non resse la corsa agli armamenti? «[…] per noi lo scontro con l’Occidente continuerà per anni, a prescindere dalla guerra in Ucraina. La situazione geopolitica è cambiata. Svezia e Finlandia sono nella Nato. Noi siamo determinati a continuare il nostro riarmo, con o senza cessate il fuoco. Ma questo è vero anche per l’Occidente. […] La domanda di armi continuerà a crescere per decenni, una volta finita la guerra in Ucraina continueremo a produrle, la decisione strategica è quella di avere un esercito ancora più grande, e inoltre potremo riprendere a esportare i nostri sistemi nel Sud globale».
DONALD TRUMP - JOE BIDEN - IMMAGINE CREATA DA MIDJOURNEY zelensky putin
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