
DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO…
DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....
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E' la volta buona dopo tre anni di guerra? Gli sherpa di Putin e Trump sono armati di righello e matite: con la cartina dell’Ucraina sul tavolo, tracciano linee e confini che separeranno la zona libera da quella occupata dai russi. Quando “Mad Vlad” e il Caligola di Mar-a-Lago si vedranno, venerdì in Alaska, il grosso del lavoro sarà già fatto.
Le truppe dell’armata di Mosca hanno occupato quattro regioni, ma solo in parte: da ovest, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk. Queste ultime due compongono il Donbass, già occupato militarmente dai russi nel 2014, insieme alla Crimea, la penisola sul Mar dove i famigerati “omini verdi” presero il potere con un colpo di mano “morbido” (non fu sparato nemmeno un colpo).
MAPPA DELLE ZONE OCCUPATE DALLA RUSSIA IN UCRAINA - 10 AGOSTO 2025
Finora, Putin ha sempre reclamato, senza retrocedere di un millimetro, l’intero territorio di tutte e quattro le regioni occupate, anche nelle parti dove non ci sono soldati russi. Sarebbe una resa totale dell’Ucraina, a cui nemmeno Trump può acconsentire.
L’obiettivo degli americani è convincere Putin ad “accontentarsi” delle regioni di Donetsk e Lugansk (oltre che la Crimea, ormai data per persa dagli Ucraini), lasciando all’Ucraina Kherson e Zaporizhzhia.
Un piano sulla carta difficilmente accettabile da “Mad Vlad”, che perderebbe il collegamento via terra alla Crimea e si ritroverebbe, in sostanza, con poco più di quello che aveva già prima dell’invasione. Ma che potrebbe diventare improvvisamente goloso, qualora Trump metta nel piatto altre importanti concessioni.
donald trump accoglie volodymyr zelensky alla casa bianca
Il luogo dell’incontro, l’Alaska, lascia infatti pensare che sul tavolo ci siano anche altri argomenti di conversazione: su tutti, la cooperazione nelle rotte artiche. Come scriveva Stefano Stefanini sulla “Stampa” di oggi: “una potenziale alleanza russo-americana sull’artico potrebbe controbilanciarne una potenziale russo-cinese”.
Aggiungere lo stop alle sanzioni e la legittimazione sulla scena internazionale di Putin, ed ecco che per il Cremlino la soluzione potrebbe diventare, improvvisamente, attraente.
Il piano Trump-Putin poi dovrà convincere, prima di Zelensky, gli europei: la Germania di Friedrich Merz, per esempio, è contraria alla cessione dell’intero Donbass, la zona più ricca di materie prime di tutta l’Ucraina (scrive Marta Serafini sul “Corriere della Sera”: “È la più grande riserva in Europa di manganese e di titanio, uranio, grafite, caolino. Gli stessi metalli e terre rare che sono alla base dell’industria del futuro, dell’hi-tech e della green economy”). Proprio per il suo patrimonio sotterraneo, il Donbass è la base su cui si fonda l’accordo sulle terre rare fortissimamente voluto da Trump altrimenti avrebbe chiuso i rubinetti degli aiuti a Kiev, finanzianti e armi, che diventerebbe, improvvisamente, carta straccia.
volodymyr zelensky in polo alla casa bianca con donald trump
Mercoledì i leader europei, che già si sono fatti sentire con l’ormai famosa lettera che al Cremlino hanno definito “volantino nazista”, sentiranno in una call Donald Trump e Volodymyr Zelensky, ed è probabile che si inizi a delineare il piano per il dopo-tregua: tra le more del cessate il fuoco, infatti, Putin pretenderà anche l’indizione di elezioni in Ucraina, che si dovranno tenere nei prossimi sei mesi.
E il povero Zelensky che ci guadagna? Un cazzo, ma non ha alternative. Sfumata l’idea di entrare nella Nato (è la linea rossa numero uno per Putin), resta solo il piano B dell’ingresso nell’Unione europea. Per ottenere il via libera dell’Ue, serve un voto all’unanimità, quindi anche lo slovacco Robert Fico e l’ungherese Viktor Orban, cavalli di troia di Putin nel vecchio continente, dovranno dare il loro ok. E non sarà difficile trovare una quadra: sarà lo stesso “Mad Vlad” a dire ai suoi burattini cosa fare, e permetter loro di uscire dall’angolo dei puzzoni e tornare trionfante sulla scena globale.
VOLODYMYR ZELENSKY VLADIMIR PUTIN
Il quadretto sarà completo, nella testa arancione di Trump, quando volerà a Stoccolma per ritirare il Nobel per la pace (in fondo, se l’hanno dato a Barack Obama, che bombardò la Libia…)
Ps. Trump oggi si è reso protagonista di una gaffe clamorosa. Ha detto: “Venerdì’ vedrò Putin in Russia”. Peccato che l’Alaska sia territorio americano dal 1867, quando gli Stati Uniti lo acquistarono dall’Impero russo. E’ forse un segnale che oltre all’Ucraina, l’accordo con Putin prevede anche una ridiscussione di territori nell’estremo Nord?
ursula von der leyen volodymyr zelensky
I «TESORI» CHE L'UCRAINA RISCHIA DI DOVER CEDERE ALLA RUSSIA, ORA: DALLE TERRE RARE ALL'ACQUA
Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
«Dal 1991, la Russia ha strappato pezzi ai suoi vicini come un macellaio: la Transnistria alla Moldavia nel ’92, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud alla Georgia nel 2008, il Donbass e la Crimea all’Ucraina nel 2014, e poi di nuovo nel 2022. Ma questa volta sarà diverso». A parlare è un ex ufficiale ucraino, ora diventato analista militare e autore di un account su X, con il nome di Tatarigami UA, tra i più seguiti da chi si interessi del conflitto russo-ucraino.
Come lui, sono pochi gli esperti militari che ritengono plausibile un accordo che porti alla cessione a Mosca del Donetsk e al congelamento della linea del fronte senza una contropartita solida per Kiev. Per quanto riguarda il Donbass, la ragione, dal punto di vista di Kiev è, nell’ordine, politica, militare ed economica.
GLI ASSET DELL'UCRAINA DELL'EST
Mosca e Kiev combattono per questo territorio da 11 anni. […] «Anche qualora Zelensky desse l’ordine di ritirarsi, è tutto da vedere che i militari obbediscano», commenta ancora Tatarigami. Russofono, culla dell’ortodossia fedele a Mosca, per i nazionalisti di Kiev il Donetsk rappresenta il bastione della rivoluzione di Maidan, la porta dell’Europa e il vero fianco Est della Nato. […] Perderlo vorrebbe dire anche cedere centinaia di chilometri di trincee e linee fortificate, che renderebbero molto facile per Putin portare a termine ciò che proclama da tempo. Ossia finire il lavoro ed entrare anche nella regione di Dnipropetrovsk.
La linea ferroviaria che collega Pokrovsk, Kramatorsk, Kostyantynivka, diventerebbe il trampolino di lancio perfetto per spostare uomini e mezzi e lanciare l’assalto a Dnipro, sede del potere finanziario ucraino. […] Il Donbass, con il suo bacino minerario, è la più grande riserva in Europa di manganese e di titanio, uranio, grafite, caolino. Gli stessi metalli e terre rare che sono alla base dell’industria del futuro, dell’hi-tech e della green economy. […]
UCRAINA - LA SITUAZIONE SUL CAMPO - AGOSTO 2025
Perdere la regione di Kherson, fosse anche solo la parte già occupata dai russi, significherebbe invece chiudersi definitivamente alle spalle la porta della Crimea e rinunciare a una buona quota del granaio che da sempre ha costituito la forza economica del sud ucraino. Con un’aggravante: perdere la guerra dell’acqua.
Se il Donbass è il bacino minerario per antonomasia, Kherson con la foce del Dnipro è il bacino idro-elettrico più importante del Paese. […] E infine, come fa notare Henry Sokolski, direttore esecutivo del Nonproliferation Policy Education Center di Arlington, in tutte le proposte di pace rese pubbliche da Stati Uniti, Russia, Europa e Ucraina, un elemento emerge sempre: la riapertura della centrale nucleare di Zaporizhzhia — la più grande d’Europa — danneggiata e dotata di sei reattori, ora sotto controllo russo. A un primo sguardo viene da pensare che lasciarne la gestione a Mosca potrebbe essere un grave danno per Kiev.
centrale nucleare zaporizhzhia
Ma la faccenda è più complicata. Prima della guerra, l’impianto contribuiva ad alimentare la rete elettrica ucraina ed esportava l’energia in eccesso in Europa. Ora le linee di trasmissione devono essere ricostruite e l’impianto sminato. La domanda è: chi pagherà tutto questo lavoro? I beni russi sequestrati o i fondi della Banca europea per la Ricostruzione? […]
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