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DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Dagonota
Il sospetto s’insinua gradualmente. Ma a Matteo Renzi l’idea che il tandem Mattarella-Gentiloni gli abbiano dato una sòla comincia a farsi largo. E pensare che negli incontri a Palazzo Chigi aveva fatto giurare “fisicamente” a Paolo che si sarebbe votato a giugno. E Paolo aveva giurato, ben sapendo che non era quella l’intenzione sua e del Colle.
E non ci voleva molto per capire che le elezioni anticipate erano solo la scusa per far sloggiare il Ducetto, e ridurlo alla condizione di disoccupato (così potrà verificare sulla sua pelle come funziona il Jobs Act).
Il G-7 di Taormina è fissato per il 26 e 27 maggio prossimi. Ne consegue che se davvero si dovesse votare a giugno, i Grandi della Terra si troverebbero di fronte Parlamento sciolto, un premier italiano dimissionario e nel bel mezzo di una campagna elettorale che si preannuncia violenta: visto che si dovrebbe votare con il sistema proporzionale.
Un’immagine pessima dell’Italia che verrebbe rimbalzata in tutto il mondo: deve aver pensato Mattarella. Così, ha fatto finta di assecondare le richieste di Renzi, ben sapendo che nessun governo nasce con la scadenza prefissata. In più, se si scavalla giugno, arriva il “generale vacanza”, e non si vota mai in estate.
A settembre, poi, iniziano i lavori per la sessione di bilancio, con relativa manovra per i conti pubblici del 2018, che dovrà contenere anche il taglio dell’Irpef. E si arriva così, zitti zitti, alla scadenza naturale della legislatura. Con buona pace del vitalizio dei neo parlamentari, che scatta a settembre 2017.
Ed ecco la lista di ministri che Gentiloni avrebbe già concordato con Mattarella:
Interni MINNITI
Agricoltura ZANETTI
Esteri ALFANO
Economia PADOAN
Giustizia ORLANDO
Difesa PINOTTI
Infrastrutture e Trasporti DELRIO
Sviluppo Economico CALENDA
Istruzione ROSATO
Salute LORENZIN
Funzione Pubblica BRESSA
Rapporti con il Parlamento GUERINI
Lavoro BELLANOVA
Beni culturali FRANCESCHINI
Famiglia GALLETTI
Ambiente REALACCI
Da cui, se ne deduce che Maria Elena Boschi perde le multi poltrone. Ma non solo. Un governo a chiara trazione post democristiana. Alla Funzione pubblica, per esempio, viene promosso ministro quello che con Renzi era sottosegretario agli Affari regionali.
Un incarico per il quale Gianclaudio Bressa verrà ricordato per una citazione: “Io credo che uno dei grandi pensatori del secolo scorso, anche se ampiamente sottovalutato, sia stato Jim Morrison, leader dei Doors. In un’occasione lui ebbe modo di dire una frase molto forte, ma molto bella: ‘Non esiste la verità, ci sono solo storie'". Peccato che frase sia di Jim Harrison, scrittore e autore americano contemporaneo.
Guerini lascia la vicesegreteria Pd per approdare ai Rapporti con il Parlamento (anche lui viene dalla tradizione Dc, fede Marcora). Mentre al Lavoro approda Teresa Bellanova al posto di Poletti. Ex sindacalista Cgil, Teresa è sottosegretario allo Sviluppo economico. Ma da sempre la sinistra del partito chiedeva per lei un upgrade.
Si salva Gianluca Galletti: lascia l’Ambiente per conquistare il ministero della Famiglia: così Pierferdinando Casini è accontentato. Mentre in quota Franceschini, Ettore Rosato lascia la poltrona di capogruppo Pd alla Camera e approda al ministero della Pubblica istruzione, al posto di Stefania Giannini.
Alla fine, Verdini ottiene una vittoria a metà. Enrico Zanetti, vice ministro dell’Economia e leader di Sciolta Civica, conquista un ministero di spesa com’è l’Agricoltura. E visto che Sciolta ed Ala sono alleati, Denis può intestarsi la partita. In compenso, nessun verdiniano approda ad un ministero: aspettano la scorpacciata dei sottosegretari.
E per non trovarsi più a gestire le rogne dell'immigrazione, Alfano trasloca agli esteri e Marco Minniti atterra sul Viminale (dov'è stato viceministro).
ALFANO GENTILONI
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