DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
1. AGGREDITO DA STAR E GIORNALI IL GRANDE ODIO VERSO DONALD
Cesare De Carlo per “il Giorno”
Hate crimes, li chiama l' Fbi. Crimini dell' odio contro un' appartenenza ideologica, politica, sociale, religiosa, etnica, sessuale. E, sulla base della definizione consacrata dal Merriam-Webster, ci sono pochi dubbi che la sparatoria di ieri ad Alexandria non rientri nella categoria.
L' aggressore è un liberal, termine che negli States ha un significato opposto rispetto all' Europa. Un liberal è un progressista, un socialista massimalista. E infatti quell' Hodgkinson faceva parte dello staff elettorale di Bernie Sanders, cioè di colui che da sinistra inseguiva la nomination democratica andata poi a Hillary Clinton.
Su Facebook aveva scritto: «Trump è un traditore, bisogna far fuori lui e i suoi». Una frase che ben rappresenta il clima d' odio che fin dalla sua discesa in campo accompagna Donald. Prima delle elezioni di novembre, la star di Hollywood Robert De Niro confessò davanti alle telecamere che avrebbe voluto «tirare un pugno in faccia a Trump».
Subito dopo l' insediamento, due milioni e mezzo di persone - capitante da Madonna, che disse: «Sto pensando di far saltare in aria la Casa Bianca» - sono scese in piazza in tutta America (500 mila solo a Washington) per gridare: «Resisteremo battendoci». E solo due giorni fa Ivanka Trump ha spiegato in tv di essere rimasta choccata dalla «ferocia e dalla cattiveria» con cui molti americani si scagliano contro il padre.
L' obiettivo di Hodgkinson era ovvio, predeterminato: il presidente.
O uno dei suoi. E non potendo colpire il Donald presidente, l' anziano attivista ha ripiegato su un trumpiano di ferro, Steve Scalise, italo-americano, numero due del partito alla Camera.
A questo punto sorge una seconda domanda. Quella che Trump ha evitato di porsi per non essere accusato di strumentalizzazione: l' attentato va inquadrato nel clima politico alimentato dalla stampa e dalle televisioni americane?
L' altrettanto ovvia risposta dovrebbe essere positiva. Come avrebbero fatto i democratici se a essere colpito fosse stato uno dei loro.
Ma Trump sta dall' altra parte. E perciò è il bersaglio di un linciaggio mediatico quasi corale. Anche in America le grandi testate pendono a sinistra e non si rassegnano se a vincere non è uno dell' establishment.
Washington Post, New York Times, eccetera grondano veleni, sospetti di abusi, corruzioni, collusioni. Come e più che ai tempi di Nixon. E a nulla vale che il licenziato direttore dell' Fbi abbia di fatto scagionato Trump. O che dall' inchiesta non sia emersa alcuna smoking gun, la pistola fumante, e nemmeno i presupposti di ostruzione della giustizia sul Russiagate.
Il personaggio è impulsivo, schietto, erratico, antipolitico e antidiplomatico. Ci mette la faccia, direbbe Renzi. Come Abraham Lincoln, l' apostolo dell' emancipazione degli schiavi, assassinato dopo la guerra di secessione. O Martin Luther King, l' apostolo dell' antisegregazione. O Matthew Shepard, assassinato perché omosessuale e all' origine dell' attuale legislazione sugli hate crimes. O su un altro fronte Dylan Roof, condannato a morte per una strage fra la comunità nera in South Carolina.
Secondo le statistiche, la razza e la religione costituiscono il background più comune di queste tragedie. La motivazione razziale dominava sino a una quindicina di anni fa. Poi gli attentati islamici hanno spostato l' ottica sulla religione. Come dimostrano le stragi di San Bernardino e Orlando, compiute nel nome di Allah e non dell' emarginazione sociale.
Oltre a Lincoln gli americani hanno avuto altri tre presidenti assassinati: James A. Garfield, William McKinley e John F. Kennedy. Uccisioni arrivate all' improvviso, non precedute da campagne di stampa. Né da complotti.
Ma con Trump è diverso. Contro di lui è in corso un' offensiva senza precedenti. Non gli si perdona uno starnuto. Le critiche si alternano agli insulti e questi agli auguri, nemmeno tanto impliciti, all' eliminazione fisica. Un paio di settimane fa l' attrice Kathy Griffin si è presentata in tv con un Trump decapitato. Poi si è scusata.
Ma il messaggio è partito. Hodgkinson l' ha raccolto. Un mite sessantenne, lo descrivevano. Chi dopo di lui?
2 - QUELLE PAROLE D' ODIO PER TRUMP E IL FAN DI BERNIE DIVENTA KILLER
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Una telefonata alla moglie: «Mi manchi, sto per tornare a casa». Ma ieri mattina, anziché riprendere la strada per Belleville in Illinois, James Thomas Hodgkinson, 66 anni, fervente attivista politico, ammiratore di Bernie Sanders, si è diretto verso lo stadio da baseball di Alexandria. Viveva nella cittadina a sud di Washington da circa un mese.
La mattina, di solito, la passava in palestra. Ieri, invece, James ha preso il fucile e ha sparato nel mucchio, per uccidere. Il suo profilo Facebook è pieno di astio contro Donald Trump e i repubblicani. L' ultimo «post» risale a lunedì scorso: un commento sarcastico sulla riunione alla Casa Bianca, con tutti i ministri che lodano il presidente.
Le parole del fratello, Michael, sono piene di sorpresa: «So che non era contento per come andavano le cose nel Paese, le elezioni e tutte queste cose. Ma certamente non mi sarei mai aspettato una cosa del genere». In un' intervista telefonica, Michael aggiunge che non era «molto vicino» al fratello e che non sapeva per quale motivo avesse deciso di rimanere a Washington.
L' Fbi sta scavando nella vita di Hodginkson, pubblica e privata, per capire come abbia pianificato l' attacco e se, eventualmente, abbia potuto contare su complicità.
Aveva poche conoscenze, per non parlare di amici, ad Alexandria. Uno è William Euille, sindaco dal 2013 al 2016. Ha raccontato al New York Times : «Mi sembrava una persona molto sola, ma per bene. Lo incontravo spesso in palestra, dove si allenava con costanza. Chiacchieravamo un po'. Poca politica, però. Parlavamo di vecchi film e posti dove andare a cena. Una volta mi ha chiesto dove poteva trovare un lavoretto. Passava anche ore, nella reception, attaccato al suo computer».
Una nuova vita, in ogni caso.
Lo scorso anno aveva partecipato come volontario alla campagna elettorale di Sanders, poi a novembre, quando Trump vinse le elezioni, rimase pietrificato. Non rinnovò la sua licenza di ispettore edile.
Cominciò a seguire ossessivamente le notizie dalla capitale, commentandoli online.
Un' altra conoscente, Charlene Brennan, agente immobiliare di Belleville, trasmette alla stampa americana questo ricordo: «Non aveva rivelato una personalità radicale, né mentalmente instabile. Non era un tipo bellicoso. Era uno normale». Anche Dale Walsh, che si è presentato sempre al New York Times come «un amico di James», lo descrive negli stessi termini: «Non era certo un uomo malvagio, penso che fosse esasperato dai politici».
Poi ci sono altri indizi, altri segnali contrastanti. Lo sceriffo della sua Contea, a Saint Clair, aveva ricevuto una serie di lamentele da parte dei vicini di casa di James. Lo scorso marzo lo sceriffo fu chiamato d' urgenza: qualcuno stava sparando decine di colpi dalle parti della casa di Hodgkinson. Sul posto, James presentò un regolare porto d' armi e la faccenda non ebbe seguito.
È chiaro che, nelle prossime ore, il profilo psicologico dell' attentatore diventerà materia di analisi e forse anche di scontro politico. Bernie Sanders ha preso le distanze dal suo ammiratore, che lo raffigurava come lo Zio Sam: «Sono affranto per questa azione abominevole». La campagna elettorale del senatore Sanders, concorrente di Hillary Clinton per la nomination democratica, aveva raccolto l' entusiasmo di migliaia di giovani. I suoi comizi si ricordano per l' intensa passione dei partecipanti, non certo per episodi di violenza. La politica Usa affronta un altro passaggio delicato.
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Ieri il Congresso ha risposto in modo unanime, riscoprendo le ragioni dell' unità trasversale contro «un attacco contro tutti noi», come ha detto lo Speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan. Gli spari di Hodgkinson sembrano aver richiamato la cittadella di Washington a ripensare ai termini dello scontro tra i partiti. C' è una nube tossica che avvolge il dibattito sociale da più di un anno. Ora si vedrà come reagirà l' opinione pubblica, soprattutto sulla Rete.
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