“CRISTO, LASCIAMI VIVERE!” - DA QUANDO UN TUMORE LO STA CONSUMANDO CHÁVEZ PIANGE E PREGA GESÙ: “ANCHE NEL DOLORE, NELLA SOFFERENZA, CON LA CROCE SULLE SPALLE E LA CORONA DI SPINE SUL CAPO, MA NON PORTARMI VIA. HO ANCORA MOLTE COSE DA FARE QUI, O MIO SIGNORE” - LE CURE DEGLI OSPEDALI CUBANI NON LO CONVINCONO PIÙ, E VUOLE ANDARE IN BRASILE MA DILMA ROUSSEFF NON GLI GARANTIREBBE VIZI, SFIZI E PRIVACY ASSICURATI DALL’AMICO FIDEL…

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Rocco Cotroneo per il "Corriere della Sera"

«Cristo, lasciami vivere! Anche nel dolore, nella sofferenza, con la croce sulle spalle e la corona di spine sul capo, ma non portarmi via. Ho ancora molte cose da fare qui, o mio Signore». Hugo Chávez come il Venezuela non l'aveva mai visto, cupo, commosso, in singhiozzi. È una funzione religiosa, non un atto politico, il momento scelto per ammettere in pubblico che la sua situazione di salute è seria. Più critica di quanto ha voluto far credere finora, a 13 anni dall'arrivo al potere e a pochi mesi dalle elezioni che vuol vincere, per restare alla guida del Venezuela altri sei anni.

Ha scelto Chávez, a sorpresa, di apparire nella sua città natale, Barinas. È una Messa organizzata dalla madre Elena, raccogliendo i familiari a pregare per la sua salute. Il leader bolivariano ci è arrivato direttamente da Cuba, in uno dei continui andirivieni dall'isola, dove è in trattamento per un tumore. Il Venezuela è ormai abituato al rito, che va avanti da un anno.

In apparenza Chávez governa come nulla fosse, arringa per ore dalla tv, prepara la battaglia finale del 7 ottobre (giorno delle elezioni), dove garantisce che piegherà ancora una volta i borghesi e gli oligarchi che vorrebbero mettere fine alla marcia verso il socialismo del XXI secolo. Quando accenna alla malattia, parla di «recupero», alternato con «leggere complicazioni».

Niente di più. La controinformazione sulla sua salute è tutta via Internet, blog e twitter: medici, giornalisti e analisti politici, dentro e fuori il Venezuela, fanno filtrare dettagli, quasi sempre brutti aggiornamenti. Il tumore sarebbe in rapida avanzata, con metastasi che avrebbero toccato organi vitali. Qualcuno azzarda l'aspettativa di vita: 6, 10 mesi, al massimo un anno.

È certo che il tumore operato a giugno del 2011 non è sparito, così come il successivo ciclo di chemioterapia non ha sortito gli effetti sperati. Chávez si fida solo dell'ospedale dell'Avana che lo ha in cura. Cuba gli garantisce il top secret più assoluto, e può essere raggiunta in tre ore di volo, consentendogli di non cedere i poteri, nemmeno formalmente. Ma l'ammissione durante la Messa («Dio, non portarmi via!») e le informazioni filtrate attraverso i medici non cubani che conoscono le cartelle cliniche lasciano ipotizzare l'inizio di una fase due.

Chávez ha annunciato che andrà in Brasile a visitare l'amico Lula, anche lui in cura per un tumore, ma è probabile che abbia deciso finalmente di farsi vedere nel centro oncologico più avanzato del continente, l'ospedale Sirio-Libanes di San Paolo. Il quotidiano O Globo sostiene che le ultime sessioni di radioterapia all'Avana sono state infruttifere, se non sbagliate. Chávez ha già rifiutato in passato di ricoverarsi in Brasile, dove avrebbe chiesto condizioni impossibili: segreto assoluto, due piani di ospedale per lui, perquisizioni di medici e pazienti per ragioni di sicurezza.

Sa che come per Lula, Dilma Rousseff e altri pazienti illustri, i medici del Sirio-Libanes emettono bollettini, e la stampa brasiliana non fa sconti. È il gioco politico, forse l'ultimo azzardo della sua vita, in vista delle presidenziali. Presentarsi al suo popolo in piena salute e con l'aura del vincitore. I sondaggi lo vedono ancora in testa sull'oppositore Henrique Capriles. Ma quanto sia anche effetto delle sue omissioni, o della carità cristiana, è impossibile dire.

 

 

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