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Paolo Biondani per "l'Espresso"
Ha negato di essere stata ad Arcore nelle date in cui il suo telefonino invece prova la sua presenza. E si è inventata di aver partecipato alle serate di Ruby a casa di Berlusconi nell'aprile 2010, quando in realtà non c'era. La brasiliana Michelle Conceicao è uscita in lacrime dal Palazzo di Giustizia di Milano, dove venerdì 29 giugno ha testimoniato nel processo all'ex premier. Costretta dalle indagini della procura a ritrattare («Non è vero che ho visto Ruby ad Arcore»), ha continuato a raccontare bugie su altri punti importanti. Come l'età dichiarata dalla sua ex amica marocchina: il fatto al centro del processo per prostituzione minorile.
A quel punto la presidente del tribunale, Giulia Turri, l'ha ammonita che rischiava la falsa testimonianza. E ora non solo i pm, ma anche i difensori di Silvio Berlusconi si chiedono perché quella brasiliana, dopo aver raccontato a "l'Espresso" vicende alle quali aveva assistito o che le erano state riferite, ha tentato di inserire nel processo altre versioni fasulle, di cui resta oscuro il movente. Il pm Ilda Boccassini, nell'interrogatorio, ha riassunto così i dubbi: «Vogliamo capire perché ha costruito una falsa testimonianza su circostanze vere».
Secondo la procura, dunque, Michelle avrebbe descritto una scena reale, che però non aveva visto, ma le era stata raccontata da altri. Forse dalla stessa Ruby. Ma dopo troppe bugie, tutta la sua testimonianza è inservibile. Finita l'udienza, l'avvocato Niccolò Ghedini si limita a dire: «"L'Espresso" ha scritto quello che ha detto lei, il problema non è l'intervista... Il fatto grave è che la Conceicao ha cercato di prendere in giro il tribunale». Il legale di Berlusconi sottolinea la vittoria della difesa: «Non c'è più nessun testimone che confermi l'accusa. La Procura potrebbe rinunciare persino a sentire Karima El Mahroug detta Ruby, presunta vittima di un reato che non c'è». E quando "l'Espresso" gli chiede se Michelle possa essere stata usata da qualcuno, Ghedini risponde serio: «Vorrei capirlo anch'io».
Il pm Boccassini ha il merito, riconosciuto dai difensori, di aver indagato per smontare un racconto favorevole all'accusa. Michelle aveva tutti i crismi della superteste. Ruby nel 2010, mentre frequentava Arcore, ha vissuto a casa sua. E ci è tornata dopo il 27 maggio, quando Berlusconi è intervenuto sulla questura per far rilasciare la minorenne. Nelle indagini Michelle ha confermato che Ruby faceva la escort, ma sui rapporti con Berlusconi è stata in silenzio.
E i pm l'hanno accusata di reticenza. Mesi fa, quando ha cominciato a parlare con "l'Espresso", Michelle ha rivelato di essere stata ad Arcore con Tarantini nel 2009. La procura di Bari poi ha confermato, sostenendo che Giampi l'aveva «reclutata per favorirne la prostituzione con Berlusconi il 2 febbraio 2009». Infine un mese fa Michelle ha annunciato «la sua verità » su Silvio e Ruby.
Una versione che ha imparato bene: elenca orari e presenze dei vari ospiti di Arcore. E giustifica perché lei non risultava nei tabulati: l'ex fidanzato l'aveva abituata a non portare il telefonino da Silvio. Ci vuole la bravura della Boccassini per smascherarla: mentre Ruby è con il premier, il cellulare di Michelle non è a casa spento, ma gira per la città . Dunque ce l'aveva lei. E non era ad Arcore. E qui Michelle ritratta. Lo stesso telefonino, però, la localizza ad Arcore l'11 luglio 2010. A "l'Espresso" Michelle ha parlato di un altro incontro con Silvio. Ma in tribunale lo nega, nonostante «l'evidenza telefonica».
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