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Simona Ravizza e Milena Gabanelli per “Dataroom – Corriere della Sera”
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Il decreto dell’allora ministro Beatrice Lorenzin del luglio 2017 impone 10 vaccinazioni. Sono la condizione per frequentare l’asilo oppure, se già i bambini sono alla scuola dell’obbligo, per evitare sanzioni fino a 500 euro. Da allora i politici continuano a litigare sull’argomento, e ora Lega e M5S vogliono abolire l’obbligatorietà.
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La soglia di sicurezza per bloccare la circolazione delle malattie infettive è fissata al 95% della popolazione vaccinata. È l’immunità di gregge, sancita dall’Oms. A livello nazionale la copertura indicata dal ministero della Salute è oggi complessivamente al 94,35%. L’esavalente – difterite, tetano, pertosse, polio, Hib, Epatite B – supera di poco il 95%; la quadrivalente – morbillo, parotite, rosolia, varicella – ruota intorno al 94%, esclusa la varicella. In realtà si tratta solo di «stime», come ricostruisce Dataroom sulla base di documenti ministeriali ancora riservati.
Perché serve l’anagrafe informatizzata
È possibile avere dati precisi e corrispondenti alla realtà solo se funziona l’anagrafe informatizzata. L’indicazione alle Regioni di crearla risale a oltre 15 anni fa (13 novembre 2003, Piano per l’eliminazione del morbillo e della rosolia). Solo un’anagrafe continuamente aggiornata può «consentire il continuo monitoraggio e la pianificazione strategica, al fine di intraprendere interventi sia correttivi che innovativi, laddove sia ritenuto opportuno o necessario», come ribadito nel Piano nazionale prevenzione 2017-2019. È lo stesso principio per cui ogni Comune deve conoscere il numero dei suoi residenti e dove vivono.
La fotografia del Ministero
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La versione del Ministero della Salute aggiornata ad aprile 2019 è la seguente: oggi undici regioni riescono ad avere dati individuali in tempo reale (Veneto e Puglia, le più all’avanguardia, seguite da Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Lazio, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria, più la provincia autonoma di Trento). Otto regioni invece arrancano: i sistemi informatici di Asl e Regioni fanno fatica a parlarsi.
Fra queste, Valle d’Aosta, Emilia, Marche, Molise più la provincia autonoma di Bolzano assicurano di avere in corso un aggiornamento dei sistemi informatici in modo da avere lo stesso software con dati individuali in tempo reale. Piemonte e Liguria, al momento, sono in grado di comunicare i dati solo una volta l’anno. In Sicilia, Asl e Regione continuano ad avere software differenti e i dati sono quadrimestrali. Infine il caso Sardegna: non risultano ancora informatizzate tutte le aree territoriali.
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Le carte riservate
Andando a vedere le carte, però, la situazione è anche peggio. Nei report del ministero della Salute dell’11 dicembre 2018 i dati di Molise e Campania risultano non disponibili. A comunicarli una volta all’anno non c’è solo il Piemonte e la Liguria, ma anche la Calabria, il Lazio, le Marche e la Valle d’Aosta. La provincia autonoma di Trento ogni 2 anni. In Emilia Romagna e Sicilia i dati sono quadrimestrali, e per quel che riguarda la Sardegna: zero informazioni. Non è da escludere che in alcune realtà siano ancora in uso i registri cartacei o che la registrazione avvenga su computer solo a livello locale (cioè senza trasmissione al sistema regionale).
L’epidemia di morbillo
Che certezza ci può essere allora su quel 95% di vaccinati che è il cordone di sicurezza? Infatti, nel 2017 i contagi da morbillo arrivano a 5.399 di cui 4 morti (oltre il 500% in più rispetto al 2016, quand’erano 861); nel 2018 si registrano altri 2.682 casi, e al 30 aprile 2019 i casi segnalati sono già 864.
I certificati per le scuole
Con il prossimo anno scolastico 2019-2020 diventa obbligatorio lo scambio diretto di informazioni tra scuole e Asl. «Il procedimento prevede la trasmissione degli elenchi degli iscritti dalla scuola all’Asl, la verifica dello stato vaccinale di ciascun minore e la restituzione degli elenchi alla scuola con l’indicazione su chi è in regola e chi non è vaccinato al fine dell’eventuale esclusione dalla frequenza di nidi e materne dei bambini fino 6 anni – spiegano dalla direzione generale della Prevenzione del Ministero –. Ovviamente, la mancanza di un’anagrafe regionale, così come di quella nazionale, può causare lungaggini di tipo burocratico con incombenze a carico dei genitori». In altre parole dovranno provvedere le famiglie a portare a scuola il libretto vaccinale. Sperando che tutte lo trovino.
Il dibattito politico
Adesso il governo M5S-Lega ci riprova: non solo punta ad anagrafi regionali informatizzate ovunque, ma anche alla creazione di un’anagrafe nazionale, prevista sulla carta nel 2017 dal decreto Lorenzin ma mai decollata. E, di nuovo, prevista anche da un decreto del settembre 2018 («Viene individuato il data set minimo di informazioni che le Regioni devono trattare per la realizzazione delle anagrafi uniche a livello regionale – chiarisce il ministero –. Requisiti indispensabili per la corretta alimentazione dell’anagrafe nazionale»). Se l’obbligatorietà dovesse essere superata come vogliono M5S-Lega, al fine di evitare focolai epidemici sarà davvero cruciale avere informazioni in tempo reale. È bene allora sapere che i tempi di realizzazione dei nuovi sistemi informatici vanno, realisticamente, da un minimo di sei mesi a un anno. Auguri!
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