DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. I TEMPI PER LA…
1. ROMA, MARINO RESISTE IN TRINCEA - SUGLI APPALTI L’ULTIMO CONFLITTO
Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"
Quando una storia finisce, raramente non c’è stato un punto di rottura. Di sicuro, nel rapporto fra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il suo assessore al Bilancio di crepe ce ne sono state diverse. Niente di personale, ovvio. Se in soli due anni ben due assessori che hanno in mano i cordoni della borsa gettano la spugna ci dev’essere qualche altro motivo. Il fatto è che Daniela Morgante prima e Silvia Scozzese poi hanno dovuto fare i conti con cose che con i conti in senso stretto, appunto, non c’entravano affatto. Perché riguardavano soprattutto la politica.
Daniela Morgante se ne va perché contraria a pagare al consorzio Metro C una somma contestata di 90 milioni, e ai dipendenti comunali 70 milioni del cosiddetto salario accessorio che il ministero dell’Economia considera illegittimo. Silvia Scozzese lascia invece con una lettera di dimissioni spedita a Marino pochi giorni prima dell’approvazione dell’assestamento di bilancio. A ruota del licenziamento in conferenza stampa (e a sua insaputa) da parte del sindaco dell’assessore alla mobilità Guido Improta. Ma soprattutto, lascia dopo uno stillicidio di tensioni.
Come sugli appalti per l’emergenza abitativa. Capitolo politicamente delicatissimo, perché non soltanto tocca gli interessi di una particolare categoria di inquilini, ma anche quelli di costruttori e immobiliaristi che con la rendita di posizione degli affitti al Comune hanno costruito enormi fortune. Per non dire di alcuni risvolti che hanno interessato recentemente le cronache giudiziarie. Un capitolo, dunque, da bonificare in profondità, come lo stesso Marino si era impegnato a fare.
Parliamo di somme relativamente modeste, in un bilancio come quello del Campidoglio, che con un ordine di grandezza di 6 miliardi di euro ha dimensioni paragonabili a quelle di un piccolo Stato. Annunciata già molti mesi fa, la gara in questione avrebbe dovuto abbattere il costo degli alloggi in scadenza di contratto lo scorso primo luglio da destinare alle famiglie bisognose a carico del Comune dagli attuali 14 a 7 milioni di euro.
Ma quella gara, che doveva svolgersi in primavera, non si è mai tenuta. La ragione? Le procedure degli uffici sono risultate così lunghe da rendere i tempi dell’appalto incompatibili con le scadenze contrattuali. Con il risultato che ora si deve ricorrere a quelle stesse proroghe già decretate come illegali dal ministero dell’Economia. E l’assessore al bilancio non ha gradito.
Come non aveva gradito l’esito della vicenda Investimenti Fiera di Roma. Si tratta di una società veicolo che si è indebitata con Unicredit per circa 200 milioni. Soldi serviti alla realizzazione del nuovo polo fieristico (al centro fra l’altro di un complicato contenzioso con i costruttori), sulla base di un piano industriale che prevedeva introiti rilevanti.
Peccato che invece dei 150 milioni previsti, i ricavi non vadano oltre un decimo. Il che ha messo profondamente in crisi tutto il meccanismo, comprese le iniziative di «valorizzazione» dei terreni della vecchia Fiera di Roma, che è peraltro il liquidazione. Un pasticcio, che ha provocato un contrasto fra la giunta e l’assessorato al Bilancio: che alla fine ha perso il braccio di ferro. E quella è stata la cartina al tornasole di una crisi che sarebbe diventata irreversibile.
Sulle dimissioni dell’assessore fioccano le dietrologie. Silvia Scozzese è dirigente dell’Anci: per ciò stesso qualificata come fedelissima di Graziano Delrio, e quindi esponente del fronte renziano ostile a Marino. Ma è difficile immaginare che tutto si possa ricondurre soltanto a una faccenda di schieramenti politici e di potere interno al Pd. La verità è che il settore più cruciale dell’amministrazione comunale era diventato il parafulmine per tutti.
Per la municipalizzata dei rifiuti,che aveva in bilancio centinaia di milioni di crediti inesigibili per tariffe che nessuno avrebbe mai pagato: al punto da costringere il Campidoglio ad accantonare somme ingentissime. Per l’Atac agonizzante, che ha un disperato bisogno di ricapitalizzazione: operazione difficilissima, considerato che la legge vieta di destinare i conferimenti in natura, come in questo caso quelli dei treni delle metropolitane allo scopo di limitare l’esborso di denaro fresco, alla copertura contabile delle perdite.
Per il patrimonio, che non riesce ad adeguare i canoni delle migliaia di abitazioni comunali affittate a prezzi irrisori. E soprattutto per esigenze politiche, qual è il Giubileo speciale che inizia l’8 dicembre. Mancano poco più di quattro mesi e siamo ancora a carissimo amico. Servono un sacco di soldi, e magari sarebbe stata apprezzata una maggiore «elasticità» dei conti. Già. Ma chi l’avrebbe spiegato al Tesoro?
2. MARINO A CACCIA DI ASSESSORI FESTA DELL’UNITÀ BLINDATA PER IL COMIZIO DEL PREMIER
Giovanna Vitale per “La Repubblica”
Il D-day scatterà domani, una giornata che ormai tutti considerano decisiva per le sorti di Roma e della giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino. Non tanto perché di nuovo ieri l’inquilino del Campidoglio — alle prese con un giro di consultazioni matto e disperatissimo, a caccia di nomi illustri da cui ripartire — ha ribadito la sua intenzione di chiudere il rimpasto entro 48 ore, sostituendo il vicesindaco e i due assessori ai Trasporti e al Bilancio che nolenti o volenti hanno abbandonato la nave in tempesta, ma soprattutto per l’atteso appuntamento serale alla Festa dell’Unità, dove è previsto l’intervento del segretario-premier Matteo Renzi.
ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION
La cui partecipazione, dopo la doppia scomunica lanciata in tv — «Se Marino è capace di governare vada avanti, sennò a casa» — è stata a lungo in forse. Specie dopo le minacce di contestazioni diffuse via web dai gruppi nati a sostegno del primo cittadino della capitale.
In mattinata gli uomini della sicurezza di Palazzo Chigi hanno fatto un accurato sopralluogo sul pratone delle Valli per verificare le condizioni dell’area dove si svolgerà il comizio. Decidendo infine di traslocare il palco nello spazio attualmente adibito ai concerti: più accogliente, più facile da controllare e soprattutto da transennare, anche per evitare spiacevoli fuori programma.
Eventualità che Renzi — ma soprattutto Orfini, il commissario del partito romano che sulla presenza del premier ha puntato molto, arrivando a minacciare le sue dimissioni nel caso in cui il leader del Pd avesse disertato — vuole a tutti costi scongiurare. Tanto da porla come condizione indispensabile per accettare l’invito. Insieme a un’altra, forse la più importante, rivelata a mezza bocca dall’inner circle del capo del governo: «Matteo non vuole che fra il pubblico ci sia Marino».
Non intende incontrarlo, Renzi, neanche di sfuggita. Determinato, domani sera, a volare alto, a parlare soltanto di politica estera ed economia nazionale, rilanciando magari sul taglio delle tasse che gli sta molto a cuore, senza affrontare (a parte qualche battuta volante, che può sempre scappare) la crisi che da settimane paralizza la prima città d’Italia, alla prese con il fallimento dell’azienda dei trasporti, l’immondizia che invade ogni angolo di Roma, il dissesto di strade e marciapiedi.
Ignorando a bella posta la sfida lanciata dal chirurgo dem, che dopo aver spinto verso l’uscita i due assessori considerati più vicini ai renziani, Guido Improta e Silvia Scozzese, ha deciso di annunciare la sua nuova giunta appena poche ore prima il discorso romano del premier. «Voglio vedere come farà a sconfessarmi », la previsione del sindaco.
Che, subito avvertito dell’ostracismo di Renzi, sarebbe al momento orientato a non alzare oltre l’asticella dello scontro e a non farsi vedere sul pratone delle Valli. Non è allora un caso se per domani sera l’ultimo impegno di Marino segnato in agenda è alle 19, quando in un locale del centro si terrà la festa di compleanno di Alessandra Cattoi, storica portavoce promossa al rango di assessore.
Calcoli che tuttavia rischiano di scontrarsi con la dura realtà. Intanto perché molti dei nomi contattati per entrare in giunta hanno declinato l’offerta, giudicando troppo incerta l’avventura. Tant’è che persino Marco Causi, il vicesindaco in pectore, in assenza di un patto governo- Campidoglio e di garanzie serie, potrebbe infine tirarsi indietro.
E poi — a parte il coro unanime delle opposizioni che ne invocano le dimissioni — per l’incognita Atac, l’azienda dei trasporti che senza ricapitalizzazione dovrà dichiarare fallimento. Mentre autisti e macchinisti mercoledì coloreranno il Campidoglio «con il celeste delle nostre divise», lanciando l’assedio a un sindaco «che non ha fatto altro che armare i cittadini contro di noi».
3. ROMA, CLOACA APERTA “ORA SIAMO INCAZZATI, MA NULLA È CAMBIATO”
Malcom Pagani per il “Fatto Quotidiano”
Se Gassman dice che bisogna prendere la paletta e pulire le strade, benissimo. Alessandro è un generoso e sposo in pieno la sua proposta. Però poi bisogna anche guidare la metropolitana, aprire i musei, arrestare le mafie, regolarizzare i campi nomadi. Sono ambiti che a un primo sguardo sommario sembrano un po’ più grandi di noi”. Come un vero antico romano, Gigi Proietti è alle terme: “Pensavo di riposare, ma da ieri il telefono squilla senza tregua. Mi chiedono un parere e io rispondo. Più che soluzioni però, ho domande”.
Quali domande?
La prima, macroscopica, è sull’improvvisa emergenza mediatica. Il degrado di Roma è una questione annosa, non un problema dell’altro ieri. Poi arriva il New York Times, dice che la città affonda e tutti si risvegliano dal torpore.
È un riflesso di provincialismo?
La parola provinciale non mi piace, però sì. Il sospetto che il provincialismo c’entri è proprio forte. Sa cosa diceva sempre Gassman padre, Vittorio?
Cosa diceva?
“Nun se famo riconosce”. Ecco, ci hanno riconosciuti. La situazione non è buona. La città soffre. E temo che qualcuno, nel palazzo, si stia fregando le mani. Sarebbe vergognoso, ma ricordandomi perfettamente di quando gli slogan trattavano i romani come ladroni e porci, mi sentirei sciocco a stupirmi.
La proposta di Alessandro Gassman è velleitaria?
No. È metaforica. Simbolica. Provocatoria. Prova a spronare chi di Roma dovrebbe occuparsi, a occuparsene veramente.
GIGI PROIETTI CON LA MOGLIE FOTO ANDREA ARRIGA
Parla della classe politica? Marino è un sindaco alle corde
Marino somiglia a uno dei tanti capri espiatori trovati in questi anni per giustificare uno sbando che non può essere addebitato a una sola persona. Anche perché il capro espiatorio delle lotte intestine della politica e di tanta inazione, il vero capro espiatorio sullo sfondo, sta diventando Roma stessa. Bisognerebbe reagire. Costringere la classe politica a prendersi le proprie responsabilità. A smetterla con le iniziative di facciata per passare ai progetti. In Francia, se Parigi fosse in queste condizioni, lo pretenderebbero. Qui da noi, se parli di progetti a lunga scadenza, chissà perché, scappano tutti a gambe levate.
Come risalire dallo sprofondo?
GIGI PROIETTI IN PREFERISCO IL PARADISO
Io non lo so. Se mi domanda come far funzionare un teatro, posso suggerire ipotesi. Se mi chiede di interpretare una poesia posso metterci impegno. Ma non faccio il politico. Rimane Roma. Roma resta la capitale d’Italia. La nostra cartolina offerta al mondo. Il problema della sua decadenza non finisce ai confini del Grande Raccordo Anulare. Riguarda tutti. Non solo i romani. Roma poi non è una sola città. Ci sono periferie che nascono ogni giorno, periferie di cui io che mi picco di conoscere la città come le mie tasche, non so neanche i nomi. Immaginarle abbandonate a loro stesse e staccate dal resto del contesto urbano purtroppo non è difficile.
Roma è cresciuta, ma Giulio Andreotti ammoniva: “Non attribuiamo i guai di Roma all’eccesso di popolazione. Quando i romani erano in due, uno uccise l’altro”.
È così, certo. È vero anche questo. Il problema è che sono addolorato e non mi va tanto di cazzeggiare, altrimenti avrei già composto un sonetto. Ci ho provato ma non mi viene. Dovrei pensare a una Roma diversa. Ma non giro più come un tempo, non prendo la metropolitana e non sono più in grado di essere uno spettatore obbiettivo. Ma che la città sia sporca, nevrotica e isterica è evidente. Corrono tutti, mi chiedo sempre dove vadano.
Ennio Flaiano diceva che Roma era incapace di giudicare e assolveva sempre chiunque. A prescindere. Alla fine, ammansiti dal ponentino, i dissidi si placano e non è mai colpa di nessuno. Che è come dire che è colpa di tutti ed è la stessa identica cosa.
Roma non è più la città pigra e indolente di un’epoca lontana. Si è incazzata. È diventata meno tollerante. Tanti anni fa avevo proposto di fare una radio, Radio raccordo anulare, un’emittente che cercasse di tenere più coese le varie borgate. Con questa disgregazione è un’idea che potrebbe tornare utile. Al vostro giornale per caso interessa?
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