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Giancarlo Perna per la Verità
Non dando l' incarico a Matteo Salvini, Sergio Mattarella, si è messo sulla stessa strada del predecessore, Giorgio Napolitano. Di fronte al centrodestra che voleva l' autorizzazione a formare un governo e chiedere la fiducia al Parlamento, il presidente glielo ha negato perché «non ci sono i numeri». Chi glielo ha detto? Perché anticipare un risultato tutto da verificare nella concretezza della dialettica parlamentare?
Una forzatura, dunque, in favore di una soluzione lambiccata e a lui gradita: il governo neutrale. La logica della democrazia parlamentare gli imponeva di dare l' incarico alla coalizione che il 4 marzo ha raccolto più voti. Questo, non altro, è il rispetto della volontà popolare. Non facendolo, ha tolto significato al termine. La legge elettorale vigente ha come soggetto la coalizione. A quella che prevale, onori e oneri, per dirla col capo leghista. Toccava quindi ai tre alleati, Lega, Fi, Fdi. Allora, perché non ha dato il boccino a Salvini, preferendo uno sconosciuto scelto da lui? Cos' avrà questo ignoto figlio dell' oca bianca, che Matteo non abbia, c' è da chiedersi.
Salvini poteva andare in Parlamento, chiedere i voti e ottenerli per la nota idiosincrasia dei neoeletti di fare fagotto dopo avere assaporato solo uno stipendio. Ipotizziamo però chi gli fosse andata male. Sarebbe stato allora lui ad amministrare l' Italia nei prossimi mesi, fino alle elezioni di settembre o -per prima varare la manovra economica - di dicembre. Un governo bocciato dalle Camere ma formato comunque dalla squadra arrivata prima alle elezioni.
Cosa c' entra invece l' elettore -cioè quel signore che si è disturbato il 4 marzo di andare al seggio - con il quidam de populo che Mattarella tirerà fuori dal cilindro nelle prossime ore? Un piffero. Sarà, quella del presidente, una manovra tutta di Palazzo. Un governo - minoritario, perché non avrà i voti - fatto dagli amici degli amici, dei soliti noti del giro burocratico-universitario. L' ennesimo esautoramento della politica, in favore degli ottimati senza seguito e senza patria scelti nei meandri europeisti.
giorgio napolitano mario monti
Così Mattarella - che per la prima volta sta dando una fisionomia al suo settennato - si ricongiunge a Napolitano. Entrambi, preferiscono le élite all' elettore. Ma neppure Re Giorgio era arrivato a tanto. Quando nel 2011, crollato il Cav, scelse Mario Monti, non c' erano state elezioni. Fece di testa sua ma non contro l' indicazione delle urne. Mattarella invece sfida consapevolmente i riti del parlamentarismo, il cui preludio è nella cabina elettorale.
Ovviamente, le sue intenzioni sono buone. Vuole mettere al riparo l' Italia dalle ritorsioni Ue. Come Napolitano, ha assunto pure lui il ruolo di garante di Bruxelles a Roma. Ha i suoi canali, come tutti ha ascoltato le larvate minacce di Pierre Moscovici, teme che l' Ue ci rifaccia lo scherzo dello spread. Sa perfettamente che a Berlino come a Parigi, Salvini è indigesto.
MATTEO SALVINI E MARINE LE PEN A MILANO
Troppe critiche alla rigidezza, troppa vicinanza a Marine Le Pen. Perciò, se anche è il leader del centrodestra che ha primeggiato alle elezioni, niet. Il nostro mesto presidente capisce l' aria che tira e, abile come un Fregoli, diventa double face: china obbediente il capo a Bruxelles e fa il viso dell' arme a Roma. Manda al macero le schede elettorali e si fa garante verso il mitteleuropa, nominando un governo in sintonia con l' Ue e in dissenso con l' Italia.
Dunque, c' è davanti un problema grosso come una casa: dov' è la nostra sovranità e che fine ha fatto la nostra democrazia. Perché il Belgio può restare anni senza un governo e la Germania mettere sei mesi per fare quello che le sta a fagiolo, mentre noi siamo commissariati dopo otto settimane? È l' Europa che ci è matrigna o chi ci guida è pusillanime?
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