RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Emanuele Lauria per “la Repubblica”
Alessandro Goracci e giuseppe conte
L'ultima fiammeggiante cometa, nella galassia del sottogoverno, sta viaggiando in queste ore e da Palazzo Chigi raggiunge via Veneto, sede del ministero del Lavoro: Alessandro Goracci, il capo di gabinetto dell'ex premier Giuseppe Conte, va a lavorare nel dicastero retto da Andrea Orlando, con l'incarico di capo dell'ufficio legislativo.
Non uno spostamento di poco conto, visto anche il peso specifico del dirigente, peraltro indicato - nella fase conclusiva dell'esperienza dell'avvocato - come uno dei più attivi nel reclutamento di "responsabili" che fallirono la mission di salvare il vecchio governo.
Ma quello di Goracci è solo uno dei nomi che animano il via vai di consiglieri di stato, magistrati, ambasciatori, intellettuali, ex parlamentari che stanno componendo gli staff del nuovo governo.
E nel new deal dell'Unità nazionale entrano anche studiosi di chiara fama, come l'economista Carlo Cottarelli, che nel 2018 fu anche premier incaricato e che ora è stato chiamato dal ministro Renato Brunetta (a titolo gratuito) a scrivere nuove regole sulla semplificazione burocratica. O come la sociologa Chiara Saraceno, che Orlando ha voluto nel Comitato per la valutazione del reddito di cittadinanza.
Il suo inner circle, Mario Draghi, lo ha costruito in nome della discontinuità con il suo predecessore: da Antonio Funiciello, già capo staff a Palazzo Chigi con Paolo Gentiloni, al capo dell'ufficio legislativo Carlo Deodato, consigliere di Stato che quel posto lasciò quando Matteo Renzi portò a Chigi l'ex capo dei vigili fiorentini Antonella Manzione. Fino al consigliere diplomatico Luigi Mattiolo, ambasciatore richiamato da Berlino. Unica conferma, da Draghi, quella del segretario generale Roberto Chieppa, che è stato un "fedelissimo" di Conte.
La rottura col recente passato, in realtà, ha riguardato solo in parte la struttura burocratica dei ministeri. Big come Lamorgese, Di Maio, Franceschini, Guerini, Speranza hanno mantenuto i loro capi di gabinetto.
Ma anche alcuni nuovi colleghi hanno scelto l'usato sicuro negli uffici di diretta collaborazione: la Guardasigilli Marta Cartabia si è affidata come capo di gabinetto al magistrato casertano Raffaele Piccirillo e per l'ufficio legislativo a Mauro Vitiello: due uomini che lavoravano già con l'ex ministro grillino Alfonso Bonafede.
Lo stesso dicasi per Enrico Giovannini, che al Mit ha mantenuto i burocrati di punta al servizio di chi lo ha preceduto (Paola De Micheli), in primis il consigliere della Corte dei conti Alberto Stancanelli. E attenzione: pure Patrizio Bianchi, andato a sedersi sullo scranno di una delle più discusse ministre del Conte 2, Lucia Azzolina, non ha volto toccare il capo amministrativo del ministero della Scuola: Luigi Fiorentino, che lo stesso ruolo aveva svolto con Profumo, Carrozza e Fioramonti. Un evergreen.
Diverso il caso di Stefano Patuanelli, che nel trasloco dal Mise all'Agricoltura ha portato tutto lo staff, a sua volta ereditato per gran parte da Luigi Di Maio: in mezzo quell'Enrico Esposito che del leader dei 5S fu collega universitario e nel 2018 finì al centro di uno scandalo per i suoi tweet sessisti e omofobi.
Mentre Giancarlo Giorgetti, al Mise, sceglie Paolo Visca, già capo di gabinetto di Salvini. L'altro leghista Massimo Garavaglia (Turismo) ha portato con sé Gaetano Caputi, ex direttore generale della Consob. Alla Transizione ecologica Roberto Cingolani, fisico amatissimo da Renzi, ha scelto Roberto Cerreto, che in passato timonò lo staff dell'ex ministra Boschi.
Per restare a Italia Viva, Elena Bonetti ha nominato come capo della segreteria tecnica l'ex deputata Ileana Piazzoni. All'Innovazione tecnologica Vittorio Colao punta su Stefano Firpo, direttore generale di Mediocredito. E i forzisti? Renato Brunetta si è affidato a Marcella Panucci, volto noto di Confindustria di cui è stata per 8 anni direttore generale, mentre Mara Carfagna premia Giacomo Aiello, storico consigliere di Guido Bertolaso. Un segnale dei tempi che cambiano. O che tornano.
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