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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
C'è una nota trasmessa dall'ambasciata kazaka alla questura di Roma che alimenta ulteriori dubbi sulla versione ufficiale. Perché rivela nuovi punti oscuri nella procedura che ha portato all'espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua. In quel documento la donna viene infatti indicata con il suo nome da sposata e non con quello da nubile che invece era sul passaporto esibito di fronte ai poliziotti. Perché non fu chiesto alla Farnesina di fare accertamenti anche su questa identità ? E perché l'Interpol prese per buone le informazioni fornite dai kazaki senza fare ulteriori riscontri?
La relazione della diplomazia di Astana ricostruisce la storia di Mukhtar Ablyazov e si conclude con la «richiesta di arresto». L'uomo viene indicato come «ricercato inserito nel Bollettino rosso internazionale».
I kazaki scrivono che - oltre ai reati contestati dalla Federazione Russa e dell'Ucraina - «nel febbraio 2012 in Gran Bretagna, come una decisione della Corte suprema di Londra, gli è stata attribuita la detenzione in carcere per un periodo di 22 mesi per mancanza di rispetto della Corte, ma lui è fuggito dalla giustizia inglese». Perché, oltre a confermare l'esistenza di un ordine di cattura internazionale, l'Interpol non ha svolto accertamenti chiedendo conferma di queste circostanze ai colleghi britannici?
L'ulteriore «punto oscuro» riguarda l'identità della signora. Nella nota, dopo aver fornito l'indirizzo di Casal Palocco «dove Ablyazov attualmente soggiorna», gli addetti dell'ambasciata scrivono: «Preghiamo identificare le persone che vivono nella villa. Non è escluso che nella villa conviva sua moglie, cittadina del Kazakistan, Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966».
Sul passaporto esibito dalla donna al momento del blitz della polizia compare il suo cognome da nubile «Alya» ed è proprio questa l'identità trasmessa alla Farnesina al momento di chiedere se davvero godesse dell'immunità diplomatica come lei aveva dichiarato.
Perché non si decise di fare un ulteriore controllo trasmettendo anche il nominativo completo, così come compariva nei documenti ufficiali messi a disposizione dalla diplomazia? Forse un ulteriore controllo avrebbe consentito di scoprire che si trattava della moglie di un dissidente. A meno che si fosse invece già deciso che non era necessario.
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