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Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Le elezioni di cui si dibatte sono spagnole, ma al centro della contesa c’è la legge elettorale italiana. «È la Spagna di oggi - ragiona Matteo Renzi - ma sembra l’Italia di ieri. Ora abbiamo cancellato ogni balletto post- elettorale. Sia benedetto l’Italicum, davvero: ci sarà un vincitore chiaro». Interpretazione diametralmente opposta a quella della minoranza Pd, che si sgola: «Il nostro sistema elettorale va cambiato». E i democratici tornano a dividersi.
Madrid vive ore difficili. Il nuovo governo è un rebus. Il futuro politico e istituzionale incerto. La colpa, sostengono i renziani, è di un meccanismo elettorale inefficace. Non come l’Italicum, rivendica il premier: «La nostra legge garantisce una maggioranza in grado di governare ». Lo slogan di palazzo Chigi è insomma questo: «Stabilità, buon senso, certezze».
Praticamente il contrario di quanto sostiene in coro la sinistra del Partito democratico. «Altro che benedetto Italicum - si scalda l’ex capogruppo Roberto Speranza, oggi a capo della fronda interna - Sull’altare della governabilità si rischia di ammazzare la rappresentanza. Per me l’Italicum è stato un errore e va cambiato ».
Le argomentazioni contro l’attuale sistema di voto si sprecano, tra gli oppositori interni al premier. «Sono radicalmente in disaccordo con Renzi – attacca Pierluigi Bersani, intervistato dall’Huffington Post - Dire che dopo la Spagna va bene l’Italicum significa dare una lettura profondamente sbagliata di quel che è accaduto in Spagna».
Di più: «La governabilità non può essere una camicia di forza. Io continuo a essere per il doppio turno di collegio. E dico: occhio che misure ortopediche ci predispongono a qualche tsunami ». La replica della segretria è affidata a Ernesto Carbone: «Caro Bersani, su Italicum errare è umano, perseverare è diabolico ».
Ma anche Gianni Cuperlo chiede un ripensamento: «Suggerirei un approccio un po’ meno provinciale su quel che sta accadendo nella democrazia europea ». Finchè il vicesegretario Lorenzo Guerini chiude a ogni possibile mediazione: «La legge elettorale non è in discussione».
Non basta lo scontro interno sull’Italicum. Nel Pd ci si interroga anche sul futuro dell’Unione. E si allarga il ragionamento alle politiche di austerity: «Dopo il voto in Spagna, Portogallo e Grecia – rileva Renzi - bisogna capire se l’Europa si renderà conto che una miope politica di rigore e austerità non ci porta da nessuna parte». E ancora, intervistato dal Financial Times: «Io non so cosa succederà al mio amico Rajoy, ma so che coloro che sono stati in prima linea come alleati fedeli delle politiche di rigore senza crescita hanno perso il posto».
Quanto a Berlino, il premier è ancora più netto: «Ho stima per Angela Merkel, ma l’Europa deve essere al servizio di 28 Paesi, non di uno solo». Infine Renzi rincara la dose: la Germania - sostiene - non può avere un trattamento preferenziale per il progetto North Stream per il gas russo.
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