IL TEMPO DELLE MELE-NCHON - A RAVVIVARE LA CAMPAGNA ELETTORALE FRANCESE, SCHIACCIATA TRA IL MOSCIO HOLLANDE E IL PORTABOTOX DI CARLÀ, CI PENSA IL ‘ROSSO’ MELENCHON - EX TROTZKISTA, MASSONE, TRIBUNO E TROMBONE, SOCIALISTA PER TRENT’ANNI FINO A QUANDO NON CREA IL SUO “PARTI DE GAUCHE” - BATTUTISTA FEROCE, HA BOLLATO HOLLANDE COME “UN CAPITANO DI PEDALÒ” E IN TV HA AFFONDATO MARINE LE PEN DANDOLE DELLA “MEZZA DEMENTE”….

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Alberto Mattioli per "la Stampa"

Ognuno ha la sua Marine Le Pen. Quella di François Hollande si chiama Jean-Luc Mélenchon. Se madame Le Pen fa sanguinare Nicolas Sarkozy sulla destra, Mélenchon salassa il candidato socialista sulla sinistra. E, con il suo Front de Gauche, rischia davvero di diventare l'unica novità di una campagna elettorale finora più barbosa di una domenica pomeriggio a Rovigo. Che barba che noia? Non quando entra in scena il bollente Jean-Luc a proporre uno dei suoi «Mélenshow»: a parte tutto, è la dimostrazione che se la vecchia cara oratoria da comizio non si sente troppo bene, non è però nemmeno morta.

Le ultime novità sul fronte dei sondaggi sono due. La prima è che Sarkò avrebbe raggiunto o forse addirittura superato Hollande. L'altra è appunto l'ascesa di Mélenchon, il signore in rosso ormai terza forza delle Presidenziali, che ora oscilla tra il 13 e il 14%. Ovviamente, il terzo uomo è al settimo cielo. Martedì ha riunito a Lilla 15 mila persone e i suoi già teorizzano che «si può battere Sarkozy senza dover portare il lutto di una politica di gauche».

Hollande vive il solito dilemma di ogni sinistra ragionevole: o moderarsi scoprendosi a sinistra o radicalizzarsi perdendo per strada i moderati. Per il momento se l'è cavata proponendo un'aliquota del 75% per chi guadagna più di un milione di euro. Se non altro, Mélenchon ha già assicurato che al ballottaggio voterà Hollande, perché la priorità «è battere la destra»: però è chiaro che alzerà il prezzo dell'appoggio.

Questo Mélenchon ha 61 anni ed è un curioso personaggio. Nasce trotzkista, poi per trent'anni è socialista (e massone), sempre alla sinistra del partito ma disciplinato e infatti premiato: senatore, deputato europeo e anche ministro della Formazione professionale nel gabinetto di Lionel Jospin. Ma nel 2008 di botto se ne va dal Ps malato di moderatismo e di euroausterità e inventa il suo Parti de gauche, ispirato fin dal nome alla Linke tedesca.

Lancia un'Opa politica sugli sparsi resti del Partito comunista, li riunisce nel Front de gauche e parte all'assalto dell'Eliseo. Certo, alla sua sinistra restano i due trotziski non pentiti, Nathalie Arthaud e Philippe Poutou (non si capisce bene in cosa si differenzino, se non che lei è ansiogena e lui simpaticissimo), però non dovrebbero superare l'1%, quindi non disturbano. E i Verdi hanno una candidata, l'ex giudice Eva Joly, che sono i primi a considerare impresentabile.

Insomma, a sinistra c'è spazio. Lo si è visto domenica 18 in piazza della Bastiglia, per un superMélenshow davanti a 120 mila persone (dice lui) o 40 mila (dicono i giornali): in ogni caso, tante. E qui, come in una macchina del tempo, si è rivista la sinistra storica, l'eterna gauche francese sempre sconfitta e sempre di ritorno, quella della Rivoluzione, della Comune, del Front Populaire e della vittoria di Mitterrand.

In un tripudio di bandiere rosse, berretti frigi e cori dell'Internazionale, Mélenchon ha debuttato così, più tribuno o più trombone decidetelo voi: «Genio della Bastiglia che domini questa piazza, eccoci di ritorno, noi popolo delle rivoluzioni e delle ribellioni. Noi siamo la bandiera rossa!».

E avanti con la Sesta Repubblica. E forza con la denuncia dei trattati europei e della tirannia del rigore. E vai con l'«insurrezione cittadina», «l'humain d'abord», «la pianificazione ecologica», programmi che non vogliono dire nulla ma accarezzano l'orecchio sinistro dell'elettorato. Mélenchon è un comunista che ha letto Hessel, un indignato in servizio permanente effettivo, un radicale del radicalismo. Forse non sa bene quel che dice, ma lo dice benissimo. «Se ci impedirete di sognare, noi vi impediremo di dormire», urla citando gli indignados spagnoli.

Le sue battute mordono. Hollande si sta ancora leccando le ferite, dopo essere stato liquidato così: «Capitano di pedalò». Ma il capolavoro di Mélenchon è stato il dibattito tivù con la sua bestia nera, madame Le Pen. Lei si è rifiutata di parlargli se lui non si fosse scusato di averla definita «una mezza demente». E gli ha squadernato davanti il giornale come se fosse al caffé. Lui, sornione: «Madame, non si offenda: le resta sempre l'altra metà».

 

JEAN LUC MELENCHON LEADER DEL FRONT DE GAUCHEMélenchonMélenchonSTRETTA DI MANO TRA SARKOZY E HOLLANDE MARINE LE PEN