PRIMARIE? NON NECESSARIE! - RENZI BOCCIA LE CONSULTAZIONI “POPULISTE” A FIRENZE - SUL PIANO-LAVORO I GIOVANI TURCHI ATTACCANO IL SINDACO

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Enrico Paoli per ‘Liberoquotidiano'

Che esistano due Matteo Renzi è pressoché un dato di fatto. Il primo, buono e pacioso, era pronto a tutto per ottenere tutto. Il secondo, cinico e presuntuoso tanto quanto l'amato-odiato Massimo D'Alema, è indisponibile a tutto ma è voglioso di avere tutto. A costo zero, ovviamente. E siccome il secondo vince sul primo, Renzi è arrivato al punto di rinnegare lo strumento delle primarie, mezzo e fine del primo Renzi. Perché si sa, «fatto lo voto, gabbato lo santo».

Fuor di metafora Matteo, dopo aver confermato la sua ricandidatura a sindaco di Firenze, ha chiarito che per il secondo mandato le primarie non sono necessarie, considerandole un danno: «C'è stato qualche caso raro in cui siamo andati alle primarie per il secondo mandato», ha detto Renzi in una lunga intervista concessa al quotidiano fiorentino La Nazione «e sono stati fatti grandi pasticci: penso a Genova, ma non solo». Il riferimento è alle ultime primarie che hanno portato all'elezione di Marco Doria, un «esterno» al Partito democratico che ha scalzato sia il sindaco uscente, Marta Vincenzi, che altri candidati democratici come Roberta Pinotti.

E già questo la dice lunga sulla motivazione. Renzi, infatti, non vuole solo il paracadute, ma anche la certezza di averlo. «È evidente », dice il segretario del Pd, «che il giudizio sul sindaco che ha già fatto il primo mandato lo danno solitamente i cittadini, che dicono sì o no. Comunque», spiega l'ormai ex rottamatore, «la decisione la prenderanno gli organi del Pd a norma dei regolamenti che sono stati approvati, per cui non è che decido io. Se ci saranno le primarie le faremo».

Del resto come sindaco di Firenze Renzi non è «preoccupato di passare alla storia, non mi importa. Magari non farò tutto il secondo mandato, ma sono felice del fatto che Firenze è cambiata davvero». Un bel segnale, forte e chiaro, per l'ami - co-nemico Enrico Letta. Perché Renzi concepisce la politica come dualismo, come l'uno contro l'altro. Al punto che se i deputati renziani, furbescamente, danno l'idea di sostenere la ministra Kyenge sulla spinosa questione dello ius soli - «bene, ma ora aspettiamo i fatti» - i giovani turchi lo attaccano sul Job Act.

«Per scacciare l'incubo occupazionale non bastano le ricette messe in campo dal governo con l'ultima legge di stabilità», affermano gli esponenti del Pd, Matteo Orfini, Fausto Raciti, Chiara Gribaudo e Valentina Paris, «né, tantomeno, le ricette del "Job act" di Renzi». «La necessità», spiegano i giovani turchi del Pd, «richiamata dal segretario del Pd, di un piano per il lavoro che contrasti precarietà e disoccupazione è largamente condivisa» e tuttavia «sia le ricette che dovrebbero comporre il cosiddetto "Job act", sia le misure varate dal governo con l'ultima legge di stabilità, destano diverse perplessità». Come la condivisione sullo ius soli. O è contrapposizione o non è, secondo il vangelo apocrifo di Matteo.

 

RENZI AL QUIRINALE IN ABITO GRIGIO Renzi braccio in alto per votare RENZI E ALFANO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNO VESPA RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD