DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. DAGOANALISI
Francesco Bonazzi per Dagospia
Il segreto per evitarsi una settimana di mal di pancia e brutte figure? Rendere pubblici i dati con una settimana di ritardo, mettendosi in scia agli altri. Non è uno scherzo, questa Renzie ieri l’ha detta davvero, come riporta oggi la Stampa: “Se per 8 giorni si è sostenuto che l’Italia era il problema, ciò si deve al fatto che avevamo presentato i dati sul Pil con una settimana di anticipo in modo da apparire i primi della classe. Per questo ho chiesto formalmente all’Istat di dare dati economici una settimana dopo”.
Che botta di fortuna, ieri, i dati della Germania con il suo Pil in calo dello 0,2% e quelli della Francia, che ha il deficit ben oltre il sacro parametro del 3%. Oggi tutti i giornali si dedicano a spiegare quanto è secca e brutta l’erba del vicino e il nostro premier, che in fatto di comunicazione non è certo nato ieri, si affretta a dire che no, “non stiamo peggio degli altri”.
il culo della boschi e quello di agnese renzi
Ma immaginiamo un attimo come sarebbero andate le cose se anche il Pil italiano in recessione fosse stato reso pubblico ieri. Nel primo scenario, quello del “Mal comune mezzo gaudio”, la gravità della situazione francese e l’allarme continentale per quella tedesca fanno passare in secondo piano il fatto che tutti i nostri parametri rischiano di saltare e Mario Draghi dedica al caso italiano poche distratte parole. Renzie reagisce con un semplice “non stiamo peggio degli altri” e l’agenda politica non viene stravolta, con l’Italicum in testa ai pensieri di tutti i partiti e la legge delega sul lavoro per quando c’è tempo.
Nel secondo, più sfortunato scenario, quello del “Ci sgamano uguale”, Mario Draghi dice le stesse cose della scorsa settimana e ci indica con precisione tutte le riforme da fare al più presto. Renzie si reca in segreto, a bordo di una Fiat Uno blu, nella sua residenza di campagna e si fa spiegare bene i compiti. I giornali, chiusi per Ferragosto, non si accorgono di nulla. Il premier va in vacanza qualche giorno, poi torna al lavoro e magicamente stila un calendario di lavoro che segue l’agenda Draghi.
In entrambi gli scenari, almeno dal punto di vista della comunicazione, a Renzie sarebbe andata molto meglio. Dal punto di vista della comunicazione, perché dal punto di vista della sostanza spostare in avanti un dato Istat di una settimana è come portare a casa una brutta pagella una settimana dopo: ha qualcosa d’infantile.
2. RENZI: L’UE È IN STAGNAZIONE?NON STIAMO PEGGIO DI ALTRI”
Ugo Magri per La Stampa
Per quello zero virgola due in meno, i giornali di tutta Europa l’avevano messo dietro la lavagna. Con le orecchie d’asino da ultimo della classe. E una nota sul registro in arrivo da Bruxelles... Ma adesso che pure la Germania ha preso un cattivo voto, e la Francia rimane al palo, Renzi ne profitta immediatamente per far notare: «Visto? Non stiamo messi peggio di altri, è l’intera eurozona in fase di stagnazione», la decrescita rappresenta un male comune.
Dunque quella pioggia di critiche al governo era quantomeno frettolosa. Da rispedire al mittente anche se, con onestà, il premier ammette qualche autogol nella comunicazione: «Se per 8 giorni si è sostenuto che l’Italia era il problema, ciò si deve al fatto che avevamo presentato i dati sul Pil con una settimana di anticipo in modo da apparire i primi della classe. Per questo ho chiesto formalmente all’Istat di dare i dati economici una settimana dopo», in futuro saremo un tantino più furbi.?
E non solo Renzi rimette al loro posto i «gufi professori», ma ne profitta per salire in cattedra. «Noi salvati dall’Europa? Ma de che...», bacchetta, «l’Italia dà all’Europa molto più di quanto riceve, e nei prossimi anni potremmo esserne la guida, un modello di riferimento per tutti». L’importante è crederci sul serio, come fanno ad esempio in Germania dove non c’è «quel clima di rassegnazione» che regna da noi, «classi dirigenti comprese».
E poi «bisogna smetterla» di coltivare idee obsolete tipo: la competitività si conquista abbassando i salari, oppure tirando in ballo l’articolo 18 («dibattito inutile» insiste spietato il premier, perché «le garanzie per il lavoro vanno cambiate, non abolite»).?Tutti discorsi sviluppati da Renzi tra una tappa e l’altra della sua frenetica vigilia ferragostana: mattina a Napoli e a Bagnoli, pranzo a Reggio Calabria, pomeriggio a Gela e a Termini Imerese.
«Non è un tentativo del governo di mettersi in mostra», garantisce, ma l’effetto «di una sfida cosmica», per cui la promessa di tornare nel profondo Sud è venuta a scadenza proprio nei giorni della politica sotto l’ombrellone, «e abbiamo mantenuto l’impegno». Nonostante il caldo, Matteo s’è presentato un po’ da Babbo Natale, prodigo di contributi per risollevare l’economia meridionale dal disastro in cui versa.
In Calabria (dove si voterà il 12 ottobre) ha promesso soccorsi nell’ordine per Gioia Tauro, per le officine meccaniche di Reggio, per il Tribunale. In Sicilia ha garantito finanziamenti per strade e ferrovie. In Campania si è sbilanciato su norme «ad hoc» per Bagnoli e ha messo la firma sotto 32 milioni di euro alla Città della Scienza.
In cambio di tutto ciò, Renzi si è molto raccomandato che le regioni del Mezzogiorno facciano il piacere di impiegare meglio, d’ora in avanti, i fondi europei per lo sviluppo.?Le opposizioni lo attaccano, preferivano il governo alla canna del gas. «Inutile che il governo gongoli per i dati negativi della Germania», scuote la testa il grillino Di Maio, laddove il suo leader giusto ieri ha appiccicato a Renzi un nuovo nomignolo: da «Ebetino» a «Ebolino».
Da destra spara forte il «Mattinale», organo berlusconiano cui Brunetta si dedica quotidianamente anche dal suo rifugio in Costiera Amalfitana. È giunta voce al capogruppo «azzurro» che l’altra sera a cena Napolitano e Renzi abbiano escluso allargamenti della maggioranza a Forza Italia. Ringhia il «Mattinale»: «Se non accetta, il premier sarà sgambettato dalla realtà e si pesterà il muso».
Del colloquio a Castelporziano, Renzi offre ben altra versione: «Ha riguardato tutte le questioni aperte sullo scacchiere interno e internazionale», col Presidente si è parlato di Ucraina e di Iraq, di Libia e di Medio Oriente, delle prossime scadenze a Bruxelles e naturalmente di riforme che né il premier né il suo ospite giudicano autoritarie. Anzi, fa sapere Matteo, «Napolitano mi è sembrato molto contento che siano passate, e in ottima forma».
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