
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA…
Dagonota
L’immagine di Renzi casalingo, con tanto di carrello del supermercato, è falsa come una lapide. Matteuccio chiama tutti ed a tutte le ore del giorno. Ai “compagni di cornetta” spiega che il suo attivismo è dovuto sia al proprio bulimismo politico e sia al tentativo di dimostrare che lui è ancora un leader.
E’ convinto, infatti, che se si dovesse realmente dedicare esclusivamente ad Agnese ed ai figli, potrebbe sorgere dal nulla un altro leader. Ed il primo indiziato è proprio il mite Paolo Gentiloni, il cui atteggiamento soft viene paragonato a quello di Arnaldo Forlani; che, non a caso, era soprannominato “Coniglio mannaro”.
Siccome a Roma si riesce a sapere sempre tutto su tutti, anche al mite Paolo sono arrivate all’orecchio le preoccupazioni di Matteuccio. Così, per fargli vedere che è sempre lui il leader, lo ha consultato financo per la scelta del consigliere diplomatico.
Gentiloni aveva in animo di nominare il suo capo di gabinetto alla Farnesina, Raffaele Trombetta, quale nuovo consigliere diplomatico al posto di Maria Angela Zappia: scelta da Renzi in “quota rosa”. La Zappia, però, non vuole mollare la poltrona.
Per due ragioni. La prima: non s’è ancora liberata quella di ambasciatore presso le Nazioni unite, incarico a cui punta anche per ragioni personali (il fidanzato vive a New York). La seconda: dal 1° gennaio l’Italia diventa presidente del G-7, quindi punta a svolgere sia l’incarico di consigliere diplomatico sia quello di sherpa G-7.
Considerazioni che la Zappia ha dettagliato all’ex premier. Così, quando Gentiloni lo ha chiamato per prospettargli la nomina di Trombetta, Renzi aveva già pronta la soluzione: Trombetta sherpa e Zappia confermata come consigliere diplomatico. E così dovrebbe essere.
Fra l’altro, il curriculum di Trombetta surclassa di almeno due lunghezze quello della Zappia. Ma tant’è. In fin dei conti, anche Giampiero Massolo è stato sherpa G-7 senza essere consigliere diplomatico nell’ultimo governo Berlusconi, quello del Vertice all’Aquila.
Proprio per allentare ogni possibile tensione con Renzi, Gentiloni sta cercando di disinnescare la mina del referendum sul Jobs Act. Tant’è che ha incaricato Tommaso Nannici (che non ha confermato sottosegretario) e Tito Boeri, commissario Inps, a trovare una soluzione tecnico-giuridica per evitare il referendum promosso dalla Cgil.
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