DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
1 - MATTEO QUASI COMMISSARIATO DALL’EUROPA
Adalberto Signore per “il Giornale”
Ventidue ore di ritardo, con l'imbarazzato viceministro Morando a spiegare al Senato che «non è ancora pronta la relazione tecnica» alla legge di Stabilità. Una scusa, visto che la Ragioneria è in grado di rimettere mano alle coperture in un attimo anche quando le correzioni in corsa valgono centinaia di milioni.
Lo stop, insomma, ha ragioni più serie. Come, sospettano in molti anche nelle file del Pd, un intervento a gamba tesa della Commissione Ue. È questo, almeno, il rumore di sottofondo di un venerdì che il Senato ha passato sull'ottovolante. Dagli esponenti del governo ai senatori di maggioranza e opposizione, fino ai tecnici di Palazzo Chigi e Palazzo Madama, tutti sono rimasti appesi al testo del maxiemendamento che è ricomparso solo alle sette e passa di sera con annessa e scontata richiesta di voto di fiducia del ministro Boschi.
In mezzo il rimaneggiamento a piene mani del provvedimento, gestito in prima persona da Renzi e dal suo braccio destro Lotti. E, con ogni probabilità, suggerito da Bruxelles, dove già giovedì era stato fatto notare al premier che l'ultima versione della legge di Stabilità - quella approvata dalla Camera - non convinceva in molti passaggi. Tutti rilievi recapitati a Palazzo Chigi in via informale, visto che - almeno per il momento - l'Italia non è ancora sottoposta a quel «monitoraggio stretto» che invece ci imporrebbe di concordare ogni passo con i tecnici della Commissione Ue.
matteo renzi maria elena boschi
I contatti con gli uffici dei tecnici di Bruxelles, insomma, sono stati ripetuti, al punto che le obiezioni sollevate sarebbero state anche piuttosto mirate. Ed è per questo - al netto dello scontro interno al Pd e di una gestione un po' approssimativa della pratica da parte del ministro Boschi - che il governo è rimasto impantanato tutto il giorno dietro la manovra. Una delle più sofferte degli ultimi anni, anche più di quelle che qualche tempo fa vedevano protagonista Tremonti e le sue memorabili litigate con tutti gli altri ministri.
E che la situazione sia eccezionale, per certi versi quasi surreale, lo si ha chiaro da subito. Non è un caso che l'azzurro Romani replichi a Morando definendo quella della relazione tecnica una «scusa risibile», mentre è il capogruppo del Gal Ferrara a sottolineare come a Bruxelles abbiano «fatto tante osservazioni» al premier sulla legge di Stabilità.
Insomma, anche se gli esami di riparazione del nostro debito pubblico - insieme a quello di Francia e Belgio - sono in programma a marzo, la sensazione è che già oggi l'Italia sia per molti versi un Paese sotto tutela. Una condizione che difficilmente cambierà, soprattutto ora che il semestre di presidenza italiana si è appena concluso con un gigantesco buco nell'acqua sul fronte - fondamentale - della flessibilità.
2 - E RENZI SI SFIDUCIA DA SOLO «COSÌ NON DURIAMO UN ANNO»
Laura Cesaretti per “il Giornale”
«Tenere anche solo un altro anno così è dura». Il lamento filtra dall'entourage renziano, nelle ore più convulse della preparazione del maxiemendamento sulla Stabilità.
matteo renzi pier carlo padoan
Al ritorno da Bruxelles, dove ha incassato attestazioni di stima dalla Commissione Ue alle sue riforme, il premier ieri è ripiombato nel caos romano, con la legge di Stabilità in panne al Senato e l'aggrovigliatissima matassa del maxiemendamento (su cui solo in serata è riuscito a porre la fiducia) tutta da dipanare.
Tanto che, raccontano, nel pomeriggio di ieri è stato lo stesso Matteo Renzi a farsi portare sulla sua scrivania il testo, rimboccate le maniche, a cassare con un tratto di penna rossa, capitolo per capitolo, le mille modifiche più o meno clientelari infilate dai suoi stessi parlamentari (Pd e Ncd in prima linea) nel testo. Sotto la scure, alla fine, sono dovuti cadere anche capitoli di spesa inseriti dallo stesso governo. «Stiamo cercando di far sì che la legge di Stabilità non sia un monstrum di norme con tanto di leggi marchetta», ha fatto sapere il premier.
Sullo sfondo, intanto, una mano essenziale della partita sulle riforme rischiava di andare a monte: Renzi vuole che la legge elettorale sia incardinata nell'aula di Palazzo Madama prima della pausa natalizia, per poterne accelerare l'esame alla vigilia dell'elezione del nuovo Capo dello Stato, ma ieri l'Italicum ha corso il pericolo di restare vittima dell'impasse sulla legge di Stabilità. Le opposizioni, nella conferenza dei capigruppo convocata ieri era, hanno fatto fuoco e fiamme contro la richiesta di modifica del calendario, e alla fine il voto che ha incardinato l'Italicum in aula è slittato praticamente alle prime luci dell'alba, in coda alla Stabilità.
Intanto il governo deve affrontare la guerriglia dei sindacati: dopo l'incontro di ieri con il ministro Poletti Cgil, Cisl e Uil hanno minacciato «lotte crescenti» contro il Jobs Act, e nel frattempo hanno soffiato sul fuoco spargendo allarmi infondati ma efficaci tra i dipendenti delle Provincie in via di abolizione, paventando migliaia di esuberi.
Risultato: assemblee permanenti e occupazioni degli uffici delle Provincie, col sottosegretario Delrio costretto a scendere in campo per rassicurare: «Il personale delle Province non rimarrà per strada ma verrà assorbito tramite blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato».
Tra uno stralcio e l'altro della Stabilità, il premier ha trovato il tempo per un'intervista a Radio 105: «Io non voglio sforare» il patto di Stabilità, ha spiegato, «perché voglio rispettare le regole. L'Italia in Europa è considerata lo studente bravo che non si applica: “faremo le riforme”, e non si fanno mai.
sacconi poletti jobs act in senato
Noi invece le cose le stiamo facendo davvero». E a chi gli contesta di farle a colpi di fiducia replica spavaldo: «Posso garantire che il numero aumenterà, in futuro». Un futuro, quello del suo governo e dell'attuale legislatura, su cui continua a mostrarsi ottimista: «Da qui al 2018 testa bassa e lavoriamo per l'Italia». Concetto ribadito anche in serata su RaiUno: «È come se l'Italia non sapesse farsi i selfie. Quando è fotografata da altri è bellissima, quando ci fotografiamo noi è sempre un po' sbiadita. Ma questo è l'anno buono, ci credo anche per l'Expo»
A sentire i suoi, però, tirare avanti così non sarà facilissimo: «Abbiamo una maggioranza che si occupa più di ordire trappole al governo che di altro. E se alla fine non è Renzi in persona a prendere in mano le cose, non si riesce a portare a casa niente», è lo sfogo che si raccoglie.
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