DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Claudio Tito per “la Repubblica”
RENZI MARCHIONNE ALLA FABBRICA CHRYSLER
«Per alcuni è un attacco studiato contro di me» e contro il governo. In ogni caso se qualcuno pensa di «volermi sostituire a Palazzo Chigi, si accomodi pure» ma «il Pd — il partito del 41% — non accetterà di farsi da parte». Matteo Renzi è in viaggio tra Firenze e Roma. Alza il telefono, risponde. È uno sfogo. «Adesso devo pensare a chiudere sulla riforma del lavoro. Quella sì che è fondamentale».
Sta tornando a Palazzo Chigi proprio per preparare la direzione del suo partito convocata per discutere le nuove norme. Eppure la sua attenzione in questi giorni è catturata da altro. Da quell’«attacco studiato» di quelli che chiama ripetutamente i «poteri forti». Ne è quasi ossessionato. E allora non si trattiene. Lancia fendenti a destra e a manca. Se che le critiche al suo esecutivo adesso hanno centri di provenienza diversi.
renzi e marchionne al council on foreign relations
Come ad esempio la Cei di Bagnasco. La luna di miele sembra finita. Ma lui non ci sta. «Io non sono un massone, sono un boy scout. La verità è che io non omaggio certi poteri e questa è la reazione». «E io insisto. Non mollo. Cominciamo con il cambiare lo statuto dei lavoratori». Con un’apertura alla minoranza Pd: «La reintegra può restareper i casi di discriminazione».
E quando pensa di chiudere questa partita.
«Prima possibile».
Insomma, vuole rottamare l’articolo 18?
matteo renzi bill e hillary clinton
«Va cambiato tutto lo Statuto dei Lavoratori, è stato pensato 44 anni fa. È come se uno cercasse di mettere il rullino in una macchina fotografica digitale: sono due mondi che non dialogano. Nel merito l’articolo 18 non difende tutti. Anzi, in fin dei conti non difende quasi nessuno. Nel 2013 i lavoratori reintegrati sono stati meno di tremila: considerando che i lavoratori in Italia sono oltre ventidue milioni stiamo parlando dello 0,0001%. È solo un tema strettamente ideologico. Il reintegro spaventa gli imprenditori e mette in mano ai giudici la vita delle aziende. Va tenuto solo per i casi di discriminazione. Per gli altri indennizzo e presa in carico da parte dello Stato. Perdi il lavoro? Io Stato ti aiuto a ritrovarlo, facendoti corso di formazione e almeno due proposte di lavoro».
Però una soluzione la minoranza la sta proponendo: congelare per i primi 3 o 4 anni il diritto al reintegro?
«Scusi, ma che senso avrebbe? Sarebbe un errore: significherebbe essere un Paese in cui il futuro dell’economia e dell’industria dipende dalle valutazioni dei giudici. L’articolo 18 o c’è per tutti o non c’è per nessuno. Lasciarlo a metà non tutela i cittadini e crea incertezza alle aziende. Oggi una delle loro preoccupazioni è che le aziende non sanno come va a finire un’eventuale causa di lavoro. È l’incertezza che ci frega. E siamo passati dal 7% di disoccupazione a quasi il 13%».
Il reintegro in caso di discriminazione assomiglia a una mediazione? Lo sosteneva anche Bersani.
«Noi non l’avevamo mai eliminato».
Sta di fatto che lei non ha tutto il Pd dalla sua parte. Domani la direzione decide. I parlamentari dovranno adeguarsi?
«In un partito normale, si discute, si vota anche dividendosi, poi si prende una decisione e la si rispetta. Sono comunque pronto a incontrare i gruppi parlamentari, la maggioranza, la minoranza, la segreteria, la direzione, l’assemblea dei circoli, il comitato dei garanti, la convention degli amministratori. Non voglio prove di forza muscolari, anche se abbiamo la certezza di avere la maggioranza. Io non ho paura del confronto. Sono certo che anche dentro la minoranza prevarranno le posizioni di saggezza. Un partito non è una caserma dove si obbedisce soltanto, né un centro anarchico dove ognuno fa come vuole. È una comunità dove ci sono idee diverse e dove – dopo esserci ascoltati – si decide. Così mi spiegavano i responsabili della ditta quando io ero all’opposizione. Così noi abbiamo sempre fatto perché è giusto».
videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 3
Accetterebbe i voti di Forza Italia se fossero determinanti?
«Se accadesse non su un singolo emendamento, cosa che talvolta si verifica, ma sul voto finale del provvedimento si aprirebbe un grave problema politico. Ma io credo che non accadrà. Non so come farebbero i nostri parlamentari a spiegarlo nelle riunioni di circolo: sarebbe un gigantesco regalo sia a Berlusconi sia a Grillo. I parlamentari della minoranza sono più saggi di quello che lei crede».
Scusi, che intende per problema politico?
«Mi limito a dire che sarebbe un problema politico».
Non è che questa riforma è un prezzo da pagare all’Europa e non una esigenza reale?
«Non scherziamo. Quando hai il 43% di disoccupazione giovanile se non intervieni sul mercato del lavoro sei un vigliacco. Certo, se la riforma sarà approvata come io la propongo questo costituirà un cambio di gioco in Europa. Perché dopo aver impostato riforma costituzionale, legge elettorale, riforma della giustizia civile, pubblica amministrazione, la riforma del lavoro ci permetterà di andare in Europa senza più nulla da dimostrare. Della serie: ok, noi le riforme le abbiamo fatte. Adesso abbiamo tutte le carte in regole per dire basta a questa politica di austerità miope e sterile».
Eppure sembra una baratto con la cosiddetta flessibilità.
«No, la flessibilità non è una gentile concessione. È una possibilità prevista già adesso. Chi ha fatto le riforme ha sempre usato la flessibilità. Negli anni delle riforme la Germania – non la Grecia, dico la Germania – ha superato il 3%. Noi invece faremo le riforme mantenendoci dentro questo limite come concordato con il Ministro Padoan».
Merkel non sembra tanto d'accordo.
«Non credo. Ma in ogni caso la Merkel guida il governo tedesco, non quello italiano».
HAPPY PD DALEMA RENZI BERSANI FRANCESCHINI FINOCCHIARO
Vero ma intanto la Germania continua a dettare legge.
«I tedeschi sono i primi a sapere che in prospettiva questa politica europea di mero rigore farà male anche a loro. Alla Germania non serve una Francia in mano a Le Pen o un'Italia in recessione».
L’altro ieri è tornato a parlare di poteri forti. È un’ossessione o una scusa?
«Ho detto che mi fa più paura il pensiero debole che il potere forte. Negli ultimi giorni si sono schierati contro il Governo direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati. Ai più è apparso come un attacco studiato. Io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze. Ma è normale: ho 39 anni, sono il capo del partito più grande d'Europa, alla guida del Governo del Paese più bello del mondo. Qualcuno mi critica? Mi sembra il minimo».
Parlare di poteri forti sembra un modo per nascondere le difficoltà.
«I poteri forti o presunti tali sono quelli che in questi vent’anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell’Italia. Ora vogliono chiedermi in sei mesi quello che loro non hanno fatto in vent’anni? Legittimo. Ma io governo senza di loro. Non contro di loro: semplicemente senza di loro. Senza consultarli. Senza omaggiarli. Senza accontentarli. Sono una persona senza padroni, senza padrini. Questa per loro è la mia debolezza. Per me invece è la mia salvezza. Questione di punti di vista, il tempo dirà chi aveva ragione».
Lei dice senza padrini e senza padroni. Con Marchionne, che è un padrone, però va d’accordo. E lui non è un potere forte?
«Con Marchionne ho avuto opinioni diverse e in più circostanze. Ma con buona pace dei nostalgici preferisco la Fiat di oggi che compete nel mondo a testa alta rispetto a quella di 30 anni fa che al primo problema aveva sussidi, incentivi e cassa integrazione».
Scusi, ma tra i poteri forti c’è anche la Cei? Quando i vescovi si sono mossi, persino Berlusconi è caduto.
«Da stamani ricevo telefonate di amici Vescovi che mi dicono che c’è stato un equivoco, che le parole sono personali del segretario generale della CEI, che nessuno in assemblea ha parlato di slogan. Del resto io, cattolico, rispondo ai cittadini, non ai Vescovi. Sono certo che questo sia apprezzato dai cittadini. E forse anche da molti vescovi».
Se soggetti che prima la sostenevano ora hanno cambiato idea, vuol dire che lei sta perdendo consenso nell’opinione pubblica. La luna di miele è finita?
«Lo dicono da sette mesi. So che la percentuale di consenso non resterà così elevata. So che se si mettono in fila i poteri chi mi hanno criticato, c’è da tremare. Ma a me interessano i risultati concreti».
È vero che il presidente della Cei Bagnasco è arrabbiato con lei perché gli ha detto di parlare con Lotti?
«Non lo so. So solo che io non faccio quello che facevano i miei predecessori. Forse erano abituati male».
Qualcuno sostiene che quelli che lei chiama “poteri forti” stiano puntando a sostituirla con il governatore Visco e che stiano pensando a Draghi come prossimo presidente della Repubblica.
«Se la domanda è per il Presidente del Consiglio la risposta è molto semplice: decide il Parlamento. Se pensano di avere i numeri e il candidato giusto ci provino. Se invece la domanda è per il segretario del PD, beh, sappia che sarebbe paradossale che dopo che il PD ha preso il 41% nel Paese e un'ampia maggioranza in Parlamento si chiedesse ai democratici di rinunciare a fare ciò che abbiamo promesso al Paese. Non abbiamo preso il 41% alle europee – risultato che non ha eguali in Europa e che in Italia non si verificava dal 1958 – per abdicare. Chi vuole bloccare tutto ha il diritto di provarci, ma se ne farà una ragione».
E Draghi?
«Il presidente della Repubblica c’è. Ne parleremo a tempo debito. Mi limito ad osservare che il Pd è centrale in questo Parlamento».
Scusi, ha sentito cosa ha detto Della Valle? Che lei è un “sòla”.
«Che vuol dire?».
In romanesco è uno che da delle fregature, un imbroglione.
«Forse lo sono per lui. Nessuna polemica personale. Tifiamo per la stessa squadra e sono certo che tifiamo per lo stesso Paese. È stato un buon imprenditore: vedremo come farà come politico. Però non posso inseguire tutte le polemiche personali che alla fine stufano le persone. Ho capito che vuole costruire un partito. Io devo cambiare il Paese. Se ci dà una mano con i suoi consigli, lo ascolto volentieri. Se vuole misurarsi in prima persona, gli auguro di cuore i successi più belli. Con affetto e senza alcuna polemica».
Pensa che ci possano essere saldature tra i cosiddetti poteri forti e la classe politica ora in minoranza come la sinistra Pd. Magari con qualche esponente della tecnocrazia europea?
«Mi sembra difficile. Non mi pare che la minoranza del PD abbia la vocazione a farsi del male. Non tutta almeno ».
renzi e della valle mani in tasca
A proposito: in questi giorni molti si sono chiesti se lei è massone? O se lo è suo padre?
«Nel modo più categorico no. Una famiglia di boy scouts che viene improvvisamente associata alla massoneria per via di un simpatico editoriale del direttore di un quotidiano. Che parla di odore di massoneria, senza spiegare come dove e perché. A casa nostra siamo boy scout, non massoni. A me non fa né caldo né freddo. Ma mio padre cresciuto con il mito di Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi deve ancora riprendersi».
Però ammetterà che non è possibile che lei non abbia mai avuto sospetti su qualche suo recente e frequente interlocutore.
«Ho visto logiche di interessi personali, di ambizioni, di strategie. Ma non ho mai visto – nemmeno da Sindaco – questa potente massoneria all'opera».
Che tempi prevede per la riforma elettorale?
«Prima possibile. Ormai ci siamo. Il ballottaggio è un gigantesco passo in avanti: manda in soffitta ogni tentativo di distruggere il bipolarismo in Italia. Forse è proprio questo che si vuole impedire: l'affermazione di un sistema per cui quello che vince poi governa».
E quando si vota?
«Febbraio 2018»
Cosa ne pensa di De Magistris?
luigi de magistris attore in una mini fiction 5
«Le leggi si possono cambiare. Io trovo quella norma eccessiva perché condannare dopo una sentenza di primo grado è per me ingiusto e contro i principi costituzionali. Ma finché le leggi ci sono, vanno applicate. De Magistris ha il dovere di rispettare le leggi».
Il centrosinistra ha sbagliato qualcosa nel rapporto con le toghe? Troppo condizionato?
«No, non dalle toghe. Forse qualche volta condizionato dalla paura. Io non ho paura dei criminali, figuriamoci se posso aver paura dei magistrati. Le toghe non condizionano. Io voglio che i giudici non scelgano i candidati e per questo non do valore decisivo all'avviso di garanzia. Io voglio che i giudici non scelgano i lavoratori e per questo non credo al reintegro. Se c'è stato condizionamento non è colpa dei magistrati. Ma della mancanza di coraggio della politica. Io non ho paura».
Qualcuno, soprattutto a destra, ha parlato di giustizia a orologeria per l’inchiesta su suo padre. Teme una vendetta?
«No. Non credo alle vendette, non credo alle coincidenze. Il fatto che il primo avviso di garanzia per un membro della mia famiglia arrivi adesso è per me frutto di casualità. Come premier, stimo i giudici di Genova e auguro loro di lavorare con serenità e senza pressioni esterne. Come uomo, mio padre mi ha educato al rispetto delle istituzioni. Io ho visto come hanno reagito i miei figli: sanno di avere un nonno per bene. Sanno che del loro nonno si possono fidare. Questo, come figlio e come padre, mi è sufficiente. Come politico difendo l'indipendenza della magistratura con grande convinzione e mi affido alla presunzione d’innocenza prevista dalla Costituzione».
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