DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Carlo Bertini per “la Stampa”
MATTEO RENZI FRANCESCO BONIFAZI
E nel giorno degli appelli all'unità, dei fulmini e saette contro la scissione «ridicola» e «incomprensibile», copyright Dario Franceschini, Matteo Renzi è già oltre: si prepara a incontrare il premier Conte (mentre da Luigi Di Maio manderà il fido Marattin) per tranquillizzarlo sulle sue buone intenzioni di sostegno al governo. Sì perché il progetto di scissione ormai è partito. Non si torna indietro, anzi si accelera. Questa settimana sono già in programma riunioni per parlare della struttura.
Che poggerà sulla rete di Comitati civici di Rosato e Scalfarotto e su quella della corrente «Sempre Avanti» di Giachetti, che ha ramificazioni nelle province. Si dovranno testare i vari nomi del nascituro gruppo alla Camera. Ce ne è già un primo che gira nelle chat, «Italia del Sì». Il gruppo potrebbe forse chiamarsi così. Potrebbe, perché il capo sta valutando e si avvarrà anche di esperti della comunicazione per dare una fisionomia alla sua creatura politica.
"Italia del sì". Nome che è tutto un programma. A simboleggiare non solo quella parte del paese che combattè per il Sì al referendum del 2016, ma anche un progetto politico.
Per dirla con Luciano Nobili, «la sfida di recuperare le ragioni del cambiamento che animarono il governo Renzi, di ammodernare le istituzioni, di realizzare le infrastrutture per la crescita del paese».
Solo uno dei vari spunti per ora, perché l' altra parola chiave intorno a cui si ragiona è proprio «Crescita». Nome e simbolo sono ancora da definire, con la consapevolezza che poi, quando (nel 2023, dicono) si voterà, sarà un' altra partita: il marchio di una formazione che si ispirerà a En Marche di Macron e che potrebbe attrarre parlamentari di Forza Italia e di Più Europa, potrebbe avere un riferimento a Renzi nel simbolo, traino di tutta l' operazione.
MARATTIN CAPOGRUPPO
Di certo per ora c' è solo la prima griglia di nomi pronti al d-day, previsto in anticipo sula Leopolda del 20 ottobre. Al Senato uscirebbero dal gruppo Pd, per passare al Misto, Renzi, Bonifazi, Faraone e il ministro Teresa Bellanova, che sarebbe il capo delegazione nel governo.
Malgrado al Nazareno dicano che la prima vittima della scissione sarebbe il capogruppo Andrea Marcucci, l'idea sarebbe quella di provare a blindarlo mantenendo la maggioranza all' interno del gruppo Pd, limitando le uscite di altre unità verso il Misto. Marcucci potrebbe forse riuscire a spuntarla, finendo però sotto schiaffo della segreteria: rapporti turbolenti con il partito sono già messi in conto.
Alla Camera servono venti deputati per un gruppo e la prima dozzina è già nero su bianco. Anna Ascani e Ivan Scalfarotto, che resterebbero al governo, Giachetti, Rosato, Boschi, Marco Di Maio, Nobili, Anzaldi, Fregolent, Del Barba, Migliore, Mattia Mor e Marattin, che farebbe il capogruppo in alternativa alla Boschi.
Malgrado gli strali, Renzi è convinto di avere le sue buone ragioni, personali e politiche: non solo nessuno nel Pd gli ha riconosciuto il ruolo avuto nell' operazione di governo - spiegano i pasdaran - non solo hanno poi pure mercanteggiato sui numeri che gli spettavano nella squadra, ma tra poco rientreranno nel Pd Bersani e D' Alema: c' è un grande spazio politico da coprire, prima che qualcuno si prenda pure le spoglie di Forza Italia. «E poi - taglia corto Ettore Rosato - al di là di quel che dice Dario, non vedono l' ora che ci leviamo di torno, brinderanno!».
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