DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
Massimo Vanni per "la Repubblica"
Alle 17 era già nel suo ufficio a Palazzo Vecchio. Quando i dirigenti del Pd, lasciati con un palmo di naso, erano ancora a Largo Nazareno ad avvicendarsi al microfono. Alla direzione del partito, come promesso, c'è andato. E' arrivato perfino puntuale, violentando le proprie abitudini. Ha ascoltato la relazione del segretario Bersani, i primi interventi tra cui quello di Dario Franceschini. Poi via senza dire una parola: poco dopo le 12 è sgattaiolato dal retro beffando i cronisti in attesa davanti all'ingresso principale. E non solo loro, perché il suo era in fondo l'intervento più atteso.
«Quello che avevo da dire l'ho già detto», ha spiegato ai suoi. Ovvero, che Grillo «non va inseguito ma sfidato sul suo terreno». Che si deve abolire il finanziamento pubblico ai partiti, cancellare i vitalizi, dimezzare i parlamentari e abolire le Province. Una piattaforma d'attacco non proprio coincidente con quella del segretario. E che spinge lo stesso Bersani, nel corso della sua relazione, ad un'apertura programmatica («Disponibilità ad un superamento dell'attuale sistema di finanziamento ai partiti, a patto che si parli di trasparenza ») molto apprezzata dal sindaco di Firenze.
Renzi non la pensa del tutto come Bersani. E sa che tutti lo sanno. Nell'affondo su Grillo avverte il rischio di un vicolo cieco. Riconosce però al segretario del Pd il diritto di «giocare la sua partita».
Di provarci. Ma non è solo questione di strategia, la fuga anticipata: «Ci sono stato, ho mantenuto il patto di lealtà con Bersani, volevano che mi sorbissi anche l'intera liturgia degli interventi? », avrebbe detto più tardi. Ribadendo tutta la sua insofferenza per i passaggi interni del partito e per la direzione in particolare, dove in quattro anni da sindaco si è fatto vedere tre volte in tutto. Accompagnato dal fedele Marco Carrai, ad di Firenze Parcheggi, ha preferito pranzare con l'ambasciatore americano per discutere delle celebrazioni di Amerigo Vespucci, il fiorentino che ha dato il nome al Nuovo Mondo.
A Gianni Cuperlo, il triestino che lo ha conosciuto nei cinque anni trascorsi da parlamentare toscano, non è andata giù: «Buona parte del confronto tra di noi e su di noi ruota attorno al sindaco di Firenze, che è venuto ma non prende la parola». Eppoi: «Ognuno fa ciò che crede e vuole ma le logiche di percorsi paralleli, di circolazioni extracorporee nella dimensione della politica possono risultare letali».
Come dire, come facciamo a fidarci di uno che non sta alle regole? «Renzi non è uno che nasconde le sue posizioni, se non è intervenuto è perché era d'accordo sull'impostazione di fondo», lo difende invece il toscano Vannino Chiti.
Fermo restando che una soluzione all'impasse va trovata, la propria via maestra Renzi l'ha già indicata: «Corro alle primarie, a Palazzo Chigi ci vado da vincitore ». Dunque non si ricandiderà a sindaco di Firenze nella primavera del 2014? L'ex capo staff della sua campagna per le ultime primarie Roberto Reggi ne è certo: «Con Renzi il Pd avrebbe preso 10 punti percentuali in più. Ha bisogno di tempo ma non vuole diventare segretario del partito. Nel 2014 però a sindaco di Firenze non si ricandida».
Tanto che un'ora dopo il portavoce di Renzi è costretto a rettificare: «Ha già detto in più occasioni che intende ricandidarsi a sindaco». Leale a Bersani e leale anche alla linea istituzionale, secondo il profilo che Renzi stesso si è ritagliato. Almeno finché gli eventi lo consentiranno.
La ribalta politica in realtà già lo chiama, lo incalza. E anche nei corridoi del Largo Nazareno ci si interroga sul suo incontro a sorpresa con il premier Mario Monti, il giorno prima. Che cosa si sono detti? Perché il presidente del Consiglio l'ha voluto a colloquio? C'è chi ipotizza che Monti, con la sua lista âScelta civica' consolidata in vero e proprio partito, punterebbe ad un'alleanza con il sindaco.
E lo stesso premier non fa niente per allontanare ipotesi del genere, quando la domanda gli viene posta: «Sono quesiti molto interessanti ma prematuri», visto che al momento si deve ragionare «con i partiti esistenti e i loro leader», dice Monti. E Renzi, consapevole di essere l'uomo del momento, lascia che le ipotesi corrano. A Palazzo Vecchio, mentre si spengono le luci della direzione Pd, in serata si dedica a fare il Cicerone per le sale cinquecentesche a tre attrici, Claudia Gerini, Cristiana Capotondi e Sabrina Impacciatore.
MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIOMARIO MONTI CON LE MANI ALZATE jpegpier luigi bersani UN PO D ACQUA PER MASSIMO D ALEMA FOTO ANDREA ARRIGA DARIO FRANCESCHINI Roberto Reggi
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