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Alessandro Barbera per âLa Stampa'
Il giudizio è condizionato. Le riforme vanno nella direzione giusta, i tagli alla spesa sulla carta ci sono, il vincolo del 3% è rispettato. Ma - dice la Commissione europea - ce la farà il governo a rispettare gli impegni nel medio termine, posto che il pareggio di bilancio è rimandato al 2016, la terza volta in tre anni? E ce la farà Renzi a rispettare la regola del debito tenuto conto che la montagna, invece di rimpicciolire, quest'anno aumenterà ?
A Bruxelles sono in molti a chiedersi se l'Italia riuscirà a passare il sentiero stretto delle riforme dentro i vincoli stretti dei nuovi Trattati. Per fortuna del premier ai piani alti delle istituzioni comunitarie sono impegnati con gli scatoloni. A Bruxelles è già iniziata la lunga vacatio imposta dalle elezioni continentali e dalla scadenza del mandato di Barroso e dei suoi commissari.
Nel frattempo - il primo luglio - inizia il semestre di presidenza italiana dell'Unione. Un'occasione per spingere i partner europei su posizioni meno rigide di quelle che finora hanno prevalso. Il Documento di economia e finanza dice chiaramente che è intenzione dell'Italia ridiscutere la regola del debito «nel rispetto degli impegni». Che si tratti di materiale infiammabile lo si capisce dalle molte versioni del Documento circolate.
Lo si capisce dai titoli cambiati all'ultimo momento: il «rispetto delle regole in cambio di flessibilità » è diventato «rispetto delle regole e flessibilità ». Un nonnulla che nelle intenzioni degli estensori serve a evitare incomprensioni. La sfida di Renzi è tutta qui: come ottenere quel che nel Def è definito «lo spazio per permettere alle riforme di dispiegare gli effetti di medio-lungo periodo» senza strappi con le regole.
Quella sul debito, al netto di tutte le misure attenuanti che il governo può ottenere, è severa: non saranno i cinquanta miliardi che sulla carta sarebbero necessari, ma presto il debito dovrà tornare a scendere, e in modo sensibile. Lo dice anche il Fondo monetario, che promuove l'agenda Renzi ma invita l'Italia a «continuare a fare progressi verso il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale», ovvero ciò che serve a mettere il debito su una traiettoria discendente.
Per il momento Renzi tira dritto per la sua strada. Di prima mattina twitta «alla faccia dei gufi», promette di proseguire sulla lotta all'evasione fiscale, «che non si fa con i blitz a Cortina o a Ponte Vecchio ma con un massiccio investimento in tecnologie». Lunedì si è spinto a promettere un aiuto per i redditi inferiori agli ottomila euro l'anno, ulteriore rispetto al taglio Irpef da 6,6 miliardi già previsto fra gli otto e i venticinquemila. Al Tesoro sono al lavoro per renderlo possibile: dovrebbe essere una tantum e valere meno di un miliardo di euro.
I lavoratori con reddito sotto quella soglia sono quasi quattro milioni di persone. Il calcolo è presto fatto: potrebbe valere al massimo 200 euro su base annua. E però la realizzazione concreta del bonus è complicata, le coperture incerte. La platea sarebbe comunque molto più ristretta del bonus da 150 euro che - era il 2007 - costò molti grattacapi al governo Prodi.
Al Tesoro sostengono di avere un margine grazie alla maggiore Iva derivante dal pagamento dei debiti pregressi e dall'aumento dal 20 al 26% dell'aliquota sulle rendite finanziarie, il cui gettito sarà superiore a quanto necessario per tagliare l'Irap sulle imprese del 10%. Ma che ne sarà poi delle altre spese «indifferibili» per ora senza copertura, e che ogni anno si affacciano? E che ne è del piano per la ristrutturazione delle scuole? Più Renzi alza l'asticella, più diventa difficile superare l'ostacolo europeo senza contraccolpi.
Twitter @alexbarbera
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