DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1 - «METTO NEL CONTO LE URNE» I DUBBI SUL GOVERNO DEL LEADER DI ITALIA VIVA
Maria Teresa Meli per il “Corriere della sera”
Raramente i renziani hanno visto il loro leader così pensieroso come in questi giorni. Nei colloqui con i suoi l' ex premier riflette ad alta voce sulle sorti del governo. «La situazione - spiega - è preoccupante. Due mesi fa avrei detto che era impossibile andare a votare, che sarebbe stato autolesionismo puro. Ora invece lo metto nel conto». Proprio così: «Lo metto nel conto». Il che significa anche attrezzarsi in vista della possibilità di elezioni nella prossima primavera. Questa volta i ragionamenti di Matteo Renzi riguardano i numeri. O, per meglio dire, le percentuali.
Osserva il leader di Iv: «So quello che va dicendo il Pd. E cioè che io ho paura di andare a votare perché non ho abbastanza consensi. Ma guardiamo ai fatti. Adesso, con lo scandalo di Open sui giornali Italia viva ha il 5 per cento. E questo vuol dire che con una campagna elettorale fatta bene posso arrivare anche al 10. E comunque me la gioco».
Ma l'ex premier si affretta a precisare che non è lui a puntare alle elezioni. «Semmai - gli fanno da controcanto i suoi - sono quelli del Pd e dei Cinque Stelle a volere il voto». E Renzi spiega: «Le elezioni anticipate sarebbero un regalo ai sovranisti e infatti non sono io a voler andare a votare. Ma, come ho detto, inizio a temere per la prima volta che la situazione non regga più.
Si litiga su tutto. Su Alitalia, Mes, prescrizione, riforma delle Autonomie. E non si riesce a portare a casa un provvedimento perché queste continue liti paralizzano l' azione del governo. Perciò le elezioni non possono più essere un' ipotesi da escludere. Io posso anche cercare di reggere fino in fondo, ma non dipende da me...». Il cruccio di Renzi non riguarda soltanto la paralisi, ma anche la determinazione a non cambiare alcune leggi del primo governo Conte: «Prendete il reddito di cittadinanza - spiega -. Ebbene, io non ho mai visto una cosa più assurda di quella. Una roba inutile, anzi dannosa».
Certo, il leader di Iv conosce le indiscrezioni che circolano sul suo conto. Alcuni esponenti del Pd sostengono che lui potrebbe avere la tentazione di andare al voto prima che il taglio dei parlamentari diventi legge, in modo da portare alla Camera e al Senato un drappello più nutrito dei suoi. Però lui lo nega: «Se si deve andare alle elezioni, ci si vada con seicento parlamentari e non con mille come adesso».
C' è un segnale che i renziani aspettano di vedere per capire se la strada delle elezioni è veramente tracciata. Secondo loro se «Salvini accetta di fare la riforma della legge elettorale, allora vuol dire che si va a votare, non c' è dubbio». Su Giuseppe Conte il leader di Italia viva nei colloqui con i suoi non si dilunga certamente in complimenti: «So che vanno dicendo in giro che io voglio incontrarlo, ma non è vero. Non mi importa di vederlo. Ha i suoi problemi, se li gestisca da solo».
2 - «ELEZIONI FOLLE SPERANZA DEI DEM STARE INSIEME NON È UN OBBLIGO»
Barbara Jerkov per “il Messaggero”
Presidente Renzi, ieri è stata un'altra giornataccia per il governo. Tra Conte e Di Maio nemmeno un saluto. Oggi Di Maio dice che M5S è l'ago della bilancia e sul Mes si farà come dicono lui e Di Battista. Quanto si può andare avanti così?
«Deve chiederlo a loro. Che i due non si salutino non mi interessa: devono governare il Paese, non andare a cena fuori. La vera domanda non è se sono ancora amici, ma se sono in grado di rappresentare l'Italia. Quanto a Di Battista: capisco che voglia tornare in Parlamento per sue ovvie esigenze personali e quindi cerchi ogni pretesto per rompere. Ma questo Governo è nato in quanto europeista e dunque Di Battista semplicemente non rileva. Se vogliono andare contro l'Europa, hanno sbagliato alleato: potevano tenersi Salvini».
ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO
La vera domanda però è: Di Maio rappresenta M5S o solo una parte di essi?
«Non sono un esperto di grillologia. Mi accontenterei che Di Maio rappresentasse gli italiani partecipando ai vertici internazionali. Il fatto che il Ministro degli Esteri non vada al G20 per riunioni politiche in Italia è gravissimo. Quanto ai parlamentari M5S ci facciano sapere: se vogliono andare al voto, lo dicano. Certo è che dopo la riforma costituzionale per ridurre a 600 i parlamentari adesso devono essere coerenti: si taglino davvero, senza scherzi, i 345 seggi eccedenti. E la pattuglia grillina sarà decimata. Contenti loro, contenti tutti».
Anche Italia Viva ci mette del suo: perché ha disertato il vertice di palazzo Chigi proprio sul Salva Stati ma poi ieri ha chiesto un incontro al premier?
«Perché eravamo gli unici a non avere problemi, né a crearne. Quanto all'incontro con il premier: la delegazione guidata da Rosato e Bellanova ha offerto un aiuto a Conte. Spiegando però che la situazione è molto seria. E siamo preoccupati: nelle prossime settimane il governo dovrà fare un intervento delicato per salvare una banca, fare un altro prestito ponte ad Alitalia, rimediare i danni sulla giustizia, eliminare ogni aumento di tasse rimasto. Noi diamo una mano, ma almeno ci sia una strategia».
Lo sa che nel Pd temono che lei in realtà abbia già deciso di staccare la spina per votare a marzo?
«Non è un timore del Pd, ma una loro (folle) speranza. Una parte del Pd sogna le urne, invocandola con lo stesso giubilo con cui hanno anticipato le elezioni in Umbria, condannandosi a una clamorosa sconfitta. Fosse per me si voterebbe nel 2023. Ma non l'ha ordinato il dottore di stare tutti insieme. Chi vuole rompere deve solo dirlo. Noi nel frattempo lavoriamo alla proposta Italia Shock per sbloccare 120 miliardi di di cantieri. E poi ovviamente l'obiettivo è ridurre il costo del debito: spendevamo 77 miliardi di nel 2013, saranno 59 miliardi il prossimo anno. Se c'è stabilità possiamo proseguire in questa direzione».
Col senno di poi, la scorsa estate è stato un errore dar vita a questa maggioranza pur di non andare subito a elezioni?
«Assolutamente no. Abbiamo fatto benissimo a evitare le elezioni: oggi l'Italia è uscita dal radar delle tensioni europee, ha bloccato l'aumento dell'Iva, ha recuperato fiducia. Il problema non è la scelta di ieri, ma le tensioni di oggi».
MARIA ELENA BOSCHI E MATTEO RENZI
Sta di fatto che i temi divisivi sono sempre di più. Cominciamo dalla prescrizione: se non si interviene, la prescrizione lunga entrerà in vigore il primo gennaio. Italia Viva non ha mai nascosto le sue critiche: potrebbe votare il ddl di Forza Italia per il rinvio?
«Noi abbiamo votato contro l'assurdità voluta dai populisti sulla prescrizione. Volere una giustizia senza fine significa proclamare la fine della giustizia. E non abbiamo cambiato idea. Ora ci sono due alternative: la prima è che la nuova maggioranza trovi una soluzione. E sarebbe meglio. Se non accadrà noi non ci inchineremo al populismo giudiziario imperante. E dunque, se non ci sarà accordo, voteremo il ddl di Enrico Costa, persona saggia e già viceministro alla giustizia del mio governo. Bonafede può cambiare la sua legge, se vuole, ma non può pretendere di cambiare le nostre idee».
Anche l'Autonomia divide la maggioranza o sbaglio?
«Impossibile dividersi, visto che su questo nessuno di noi ha la più pallida idea di quale sia la proposta del governo. Per adesso sono solo titoli sui giornali. Quando ci saranno i testi di legge potremo discuterne. Forse anche dividersi. Ma per adesso siamo agli slogan buoni per i talk show. A noi interessa il Parlamento, non i talk show.
L'altra notte la maggioranza è riuscita a dividersi anche sulla trasparenza delle fondazioni, con Italia Viva a votare da sola contro il rinvio chiesto da Pd e M5S.
«È il colmo. Di giorno ci attaccano per la nostra fondazione, che è una delle poche ad avere bilanci pubblici e trasparenza totale. Di notte votano una norma che rinvia l'applicazione della trasparenza alle loro fondazioni, molte decisamente opache. Se non fosse una cosa seria ci sarebbe da ridere. Ma vedendo la sensibilità sul tema, appena ci sarà il dibattito in Parlamento che la Presidente Casellati mi ha assicurato si terrà entro Natale, saremo chiari sulle responsabilità delle Fondazioni. E sui finanziamenti ai soggetti vicini alla politica. Parlerò in Aula. A voce alta. A testa alta».
A proposito di fondazioni, l'inchiesta Open ha portato a perquisizioni nelle case dei finanziatori (non indagati) della fondazione che faceva riferimento alla Leopolda, con liste di nomi di privati e società finite sui giornali. È preoccupato da cos'altro potrebbe uscire?
«Non sono preoccupato per Open, sono preoccupato per i cittadini. Questa storia è incredibile. Persone incensurate fanno un versamento a una fondazione che organizza la Leopolda, manifestazione orgogliosamente non di partito, priva di bandiere. Utilizzano, pertanto, le regole delle fondazioni. Improvvisamente i magistrati decidono che quella fondazione è un partito. E pretendono regole diverse. Che è come chiedere a chi sta guidando un motorino se ha la patente del Tir. Se guidi un motorino, serve la patente del motorino, non del Tir. Allo stesso modo: se è fondazione, non è partito. Questa interpretazione allucinante giustifica una retata mattutina con trecento finanzieri per sequestrare telefonini e tablet».
Vi si contesta anche la mancata trasparenza, però.
MATTEO RENZI E MARIA ELENA BOSCHI
«Per me non sono preoccupato, ho il dovere della trasparenza. Ma davvero vogliamo vivere in un Paese in cui si ritirano i telefonini anche a chi non è indagato, solo perché è amico di un politico? Non difendo la mia privacy, ma la vostra. Chi ha diritto di leggere le chat di whatsapp o di passare ai giornali un estratto conto? Ci rendiamo conto che questo modo di procedere è lesivo della privacy di persone neanche indagate? E lesivo della democrazia se è vero che uno viene perquisito pur non avendo fatto nulla solo perché sostiene in modo trasparente una fondazione. È una cosa enorme. Il lettore pensi al suo telefonino e al suo estratto conto. E poi rifletta su quanto è accaduto».
NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI
Di certo è tornato d'attualità il tema del finanziamento alla politica: il sistema andrebbe ripensato, a partire dall'abolizione dei contributi pubblici?
«Per me il sistema va bene così. Abbiamo abolito il finanziamento pubblico. Adesso bisogna evitare di criminalizzare quello privato. E vanno estese le forme di trasparenza previste per fondazioni e partite anche a Srl come la Casaleggio visto il ruolo di Davide Casaleggio nella struttura Rousseau».
Un'ultima domanda presidente. Ha visto l'inchiesta delle Iene sul concorso universitario di Conte? Che idea se n'è fatto?
LA PARCELLA DI GUIDO ALPA E GIUSEPPE CONTE
«Se quello che viene contestato a Conte fosse stato contestato a me, i 5Stelle oggi chiederebbero le dimissioni e scatenerebbero i social contro di me. Hanno distrutto donne e uomini perbene con questo metodo barbaro. Noi non faremo lo stesso perché siamo persone per bene, non populisti che agitano la gogna social. Io non so che cosa sia successo tra Conte e Alpa. Penso che sarà il presidente Conte il primo ad aver interesse a chiarire per fugare ogni dubbio».
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