RENZI SORVEGLIATO SPECIALE - NAPOLITANO RISPONDE A BRUNETTA E PROMETTE ‘VIGILANZA’ SU COPERTURE E COMPATIBILITÀ COI VINCOLI UE – IN VISTA UN INCONTRO TRA RE GIORGIO E PADOAN – SUL JOBS ACT MINORANZA PD IN FERMENTO E DAMIANO AVVERTE: ‘NO A DOGMI INDISCUTIBILI’

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Laura Cesaretti per ‘Il Giornale'

Mentre le prime riforme chiave di Matteo Renzi, dal lavoro al bicameralismo, arrivano al vaglio delle Camere, il Quirinale assicura la propria «vigilanza» su coperture e compatibilità con i vincoli Ue dei provvedimenti del governo, rispondendo agli allarmi lanciati da Forza Italia. «Non mancherò di vigilare sul rispetto delle regole che disciplinano gli equilibri di bilancio e dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea», fa sapere il presidente Napolitano.

Ma precisa che lo farà «allorché posto di fronte a provvedimenti formali approvati dalle Camere o adottati dal governo, non potendo ovviamente intervenire rispetto a indiscrezioni o a meri, generici preannunci di intenzioni». In ogni caso, avverte, nei prossimi giorni il capo dello Stato avrà modo di «intrattenersi sul tema con il ministro dell'Economia e delle Finanze». È la risposta del Colle al capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, che aveva sollevato l'allarme sul taglio dell'Irpef e sulle «fantasiose coperture» dei famosi «80 euro in busta paga» annunciati dal premier per gli stipendi più bassi, già prevede «problemi più che politici istituzionali» per Renzi, e avverte che «è in gioco l'articolo 81 della Costituzione».

A Palazzo Chigi però non paiono granché preoccupati dalle solerti denunce di Brunetta: «È comprensibile che l'opposizione tifi contro gli 80 euro», si limitano a dire. Al rientro dagli allori internazionali raccolti a Londra, Matteo Renzi ha intenzione comunque di concentrare tutte le sue energie sulla preparazione del Def e sulla definizione delle coperture al taglio dell'Irpef. «Ora starò un po' a Roma, perché c'è molto da fare», dice da Bruxelles.

Sul decreto lavoro, il governo Renzi si accinge a concedere alcuni ritocchi (in verità messi in conto già dalla presentazione) e la minoranza del Pd a rivendicarli come grandi conquiste, per poi votare disciplinatamente il testo Poletti. Il ministro ieri sera ha incontrato il gruppo parlamentare per ascoltare obiezioni e proposte, ma già nei giorni scorsi si era incontrato sia con il capogruppo Roberto Speranza che con il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano, e aveva chiarito con loro il possibile campo d'azione.

«Non vogliamo stravolgere il testo del governo - assicura Damiano - ma non accettiamo neppure che sia un dogma indiscutibile. Qualche aggiustamento va introdotto». E il governo si è lasciato i margini per farlo, a cominciare dalle otto proroghe dei contratti, che saranno ridotte. «Ma attenzione anche alla Ue - avverte Damiano - se non si garantisce una quota di formazione pubblica nell'apprendistato si rischia di incorrere in una procedura di infrazione».

Nella settimana dopo Pasqua, a partire dal 22 aprile, la riforma Poletti sarà varata dalla Camera. Mentre nel frattempo al Senato salperà, prima in Commissione e poi in aula, il pacchetto delle riforme costituzionali: navigazione perigliosa, tra scogli e marosi, ma la rotta è segnata e il premier non ha alcuna intenzione di deviare. La prima battaglia è sui tempi: i tentativi di rallentare sono molti, e per questo ieri i renziani hanno chiesto al gruppo parlamentare l'impegno a rispettare l'agenda di governo. «In Senato il Pd assicura approvazione delle riforme in prima lettura entro 25 maggio. Miglioramenti sì, stravolgimenti no», dice Andrea Marcucci. Oggi Vannino Chiti presenterà il suo testo alternativo, già firmato da 22 senatori della minoranza Pd, che prevede il dimezzamento di entrambe le Camere e l'elettività (nelle liste per i Consigli regionali) dei senatori.

 

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