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Andrea Malaguti per "la Stampa"
Indignato. Di più. Afflitto. Scorato. Depresso. Rabbioso. Alle sette di sera Renato Brunetta sintetizza così ciò che pensa della rivoluzione di Matteo il Magnifico. «Grande delusione e un pizzico di nostalgia. Giulio Tremonti, che fu accusato di "finanza creativa", al confronto era un dilettante». Smontato come un lego.
Esaltato. Di più. Rapito. Sconvolto. Estasiato. Marinettian-dannunziano. Nello stesso momento Dario Nardella, fedelissimo del fu rottamatore, illumina il cielo come se fosse il capodanno di una Nuova Era. «In tre mesi non si può cambiare l'Italia, ma si può far partire la scintilla che dà fuoco alle polveri». Boom. Rimesso sul piedistallo. Di fianco al David.
Dubbio. Ma Demolition Man è un dio o il più spettacolare imbonitore della Via Lattea? à ovvio che una terza via non esiste. Così il dibattito si scatena virale. Attraversa i Palazzi, finisce nelle strade, rotola sui social network, restituendo l'immagine di un Paese piuttosto incline al cazzeggio e drammaticamente alle prese con un inguaribile disturbo bipolare dell'umore. E dell'amore.
Ammaliata. «Questa è la scossa di cui il Paese ha bisogno per tornare a credere in se stesso», dice Linda Lanzillotta di Scelta Civica. Sognante. «Molto positiva la scelta di ridurre le tasse per i lavoratori dipendenti. Vedo che il presidente ci ha ascoltato», si stupisce Susanna Camusso , leader della Cgil, travolta dall'ebbrezza di chi è riuscito a superare il presunto disprezzo dell'altro e dall'imbarazzo di chi si cerca con la lingua un molare guasto. Appassionato. «E' una svolta, perché è il primo grande intervento di abbassamento della pressione fiscale», dice svolazzante Casini.
Sconsolato dalla televendita. «Bravissimo. Renzi ha imparato da Berlusconi. Ma non ho capito se oggi parlava il presidente del Consiglio o Giorgio Mastrota», sibila Ignazio La Russa. Cinematograficamente esterrefatto. «Non so se sia per il troppo Chianti ma la performance di Renzi supera anche quella di Toni Servillo con Jep Gambardella», affonda Gianluca Pini della Lega Nord. Preoccupati. «Renzi è come il pesciolino rosso delle sue slide: non ha nulla da dire», comunica il Movimento Cinque Stelle. E mentre il Palazzo gioca a chi trova lo slogan più bello, la rete si scatena. à un grande giorno o un grande trucco?
Fotomontaggi del premier come se piovesse si alternano a dibattiti. C'è Renzi con la faccia di Kim Jong Un, poi con quella di Big Jim, quindi con i denti da roditore di Sid de L'era Glaciale. Personalizzazione della politica? Un filo. Pullulare di pagine Facebook. Una si chiama: «Matteo Renzi che fa cose». Matteo Formicola si indigna: «E i disoccupati si attaccano al c... e poi che ci compri con 85 euro al mese?».
Su «Renzi taglia le tasse» Francesco Perrone scrive severo: «Ma se questo fanatico narcisista ha tutti questi soldi, perché non toglie le tasse sulla casa?». A distanza, politicamente sagace, Emanuele Martini, replica: «Chi non vuole i soldi li dia a me». Imperdibili i Sostenitori di Renzi 2.0. «Equità e redistribuzione. à una manovra finalmente di sinistra». Enfatico. Ma non poi così distante dal vero. Carlo P. su twitter, posta una sua foto. Ha i denti separati da piccoli spazi vuoti come in una lanterna di halloween. «Con i mille euro mi rifaccio la bocca».
E Gaetano Storno. «Ho 23 anni e non credo più a niente. Neanche a questo». Ma forse la sua non è rassegnazione, soltanto mancanza di fantasia. Qualità che al premier non manca. Unita a una leggera dose di autostima. Lui, l'Imbonitore, il Divino, il Mostro, il Genio, la Fine e l'Inizio, le sue scelte le sintetizza così: «Non si è mai visto un percorso di riforme così corposo e significativo». Sobrio.
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