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Ugo Magri per “la Stampa”
I nemici di Renzi e di Berlusconi, quelli che temono di essere stritolati dai due, sono convinti di aver messo a segno un colpo eccezionale. Soprattutto a destra, dove l’ex Cavaliere viene vissuto ormai quale ingombro alla ripresa dei moderati, l’incidente del decreto fiscale è stato accolto con gioia, tipo regalo della Befana. Brindano quelli del #silviolevati, cioè i forzisti che fanno capo a Fitto, gli alfaniani, i leghisti e, sotto sotto, festeggiano perfino nel «cerchio magico» berlusconiano, dove il trasporto del loro Capo verso il premier non viene visto di buon occhio.
Tutti quanti sono sicuri che qualcosa sia andato in briciole, tra Silvio e Matteo nulla sarà più come prima.?La rottura si è consumata, ecco la loro tesi, nel preciso istante in cui Renzi ha stracciato l’articolo 19 bis da cui il Condannato forse avrebbe tratto vantaggio (forse: l’avvocato Ghedini, il quale cura gli interessi del Cav, argomenta appassionatamente il contrario, che per risultare efficace quell’articolo andava scritto semmai in tutt’altra maniera).
Gli «antipatizzanti» del Nazareno sostengono che l’essenza del patto, il protocollo segreto tra i due, consistesse nello scambio più inconfessabile: a te le riforme a me l’onore politico, io ti prometto un’opposizione a chiacchiere ma in cambio tu trovi il cavillo che consenta a me di ricandidarmi...
Ora che Renzi si è tirato indietro, scommettono, quel patto vero o presunto non ha più ragion d’essere.?Sopravviverà ancora per poco e solo grazie al «ricatto»: parola brutalmente evocata dal «Mattinale», organo anti-renziano facente capo a Brunetta, rilanciata dal forzista dissidente Minzolini: «C’è puzza di ricatto verso il Cavaliere», Renzi tiene in sospeso il decreto fiscale fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica in modo da condizionare S.B., salvo poi buttarlo a mare in via definitiva. Calderoli, leghista irriguardoso, paragona Silvio al classico «somaro con la carota che gli viene fatta penzolare davanti in modo che corra, ma quando sarà arrivato a destinazione Renzi invece della carota gli spaccherà la stecca sulla zucca».
Allora, solo allora Berlusconi capirà di essere stato beffato e reagirà alla maniera sua, rovesciando il tavolo delle riforme: questo si sostiene nel variegato mondo della destra anti-berlusconiana. Dove la diagnosi è senza pietà, l’ex premier ormai bada solo agli affari suoi. O, per dirla con il coordinatore di Ncd Quagliariello, resta prigioniero del suo ego, che gli impedisce di «rinunciare alla propria assoluta centralità per edificare qualcosa di nuovo».
Se hanno ragione gli accusatori del Cav, lo scopriremo tra breve perché la legge elettorale riprende domani il suo cammino in Senato, e senza il concorso di Forza Italia tutto si arena. Berlusconi ieri ha pranzato coi capigruppo, più Toti, Gelmini e la portavoce Bergamini.
Non ha impartito l’ordine di attaccare, per adesso preferisce l’atteggiamento distaccato di chi si mostra superiore a certi maneggi, semmai spera che a rendergli giustizia sia la Corte europea di Strasburgo. Questo da Arcore si vuol far credere. In realtà Berlusconi c’è rimasto di sale. Costernato, quasi tramortito. L’altra sera si sfogava al telefono, «questo è un paese di m..., non fanno una legge giusta solo per paura di favorire me, bisognerebbe andarsene all’estero». Non si aspettava che Renzi lo scaricasse così a tempo di record. Bloccando il decreto senza nemmeno riconvocare il Consiglio dei ministri: «Se l’avessi fatto io avrebbero gridato al golpe, e invece per lui soltanto applausi».
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