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“IL VOTO IN ABRUZZO? IN UNA CONDIZIONE PIÙ RISCHIOSA DI MELONI C’È SOLO IL SUO PRINCIPALE RIVALE INTERNO: MATTEO SALVINI” – CAPPELLINI: “SALVINI, ANCHE DOVESSE VINCERE MARSILIO, DEVE FARE I CONTI CON UNA EMORRAGIA DI VOTI COSTANTE E RESTITUISCE L’IMMAGINE DI UNA LEGA BOCCHEGGIANTE SUI TERRITORI. IN SARDEGNA SI SONO PRESENTATE AL VOTO 25 LISTE, LA LEGA È RISULTATA 13ESIMA, SUPERATA ANCHE DA CIVICHE, LISTE LOCALI E PARTITINI. SE L’ABRUZZO CONFERMASSE QUESTA TENDENZA, PER IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE COMINCERÀ A FARSI SCOMODA E DIFFICILE LA DIFESA A OLTRANZA DELLA LEADERSHIP NEL PARTITO DOVE NON È PIÙ TABÙ IL TEMA DELLA SUA SOSTITUZIONE”
Estratto dell’articolo di Stefano Cappellini per “la Repubblica”
È bastato poco per cambiare il sentimento della maggioranza di governo, da baldanzosa a impaurita. Due settimane fa il voto sardo ha smontato uno dei capisaldi della narrazione sovranista: la solidità del favore popolare. Ora l’Abruzzo è diventato un passaggio che spaventa Giorgia Meloni e può creare danni seri al governo.
[…] Per la destra è già un cruccio essere arrivata a giocarsi voto a voto la Regione quando, fino a poche settimane fa, la sua difesa pareva una formalità. […]. Il guaio per Meloni è che le elezioni regionali […] sono il terreno peggiore per il genere di propaganda nella quale il suo esecutivo è specializzato: sale nelle scelte degli elettori il peso dei problemi reali – sanità, trasporti, servizi – e cala il consenso espresso per adesione ideologica. Perdono valore i classici temi sui quali i sovranisti cercano da sempre di coagulare consenso facile, come migranti e sicurezza.
Non bastano retorica, annunci e proclami se i cittadini non trovano posto in ospedale, non riescono a prenotare un esame specialistico prima di un anno e mezzo o possono contare solo su infrastrutture ferme al secondo dopoguerra. Puntare sul racconto di un Paese risorto sbatte su un ostacolo difficile da aggirare persino in era di post-politica, cioè il principio di realtà. In più, nelle competizioni regionali aumenta l’incidenza del valore personale dei candidati alla presidenza e anche su questo aspetto Meloni non può essere tranquilla.
Il centrosinistra, incredibilmente unito in una formula definibile da Renzi a Fratoianni, è riuscito nell’impresa di compattarsi intorno a una figura credibile e radicata nel territorio come l’ex rettore dell’Università di Teramo Luciano D’Amico. Per tutte queste ragioni, e non solo per il destino dell’amico Marsilio, Meloni è così spaventata dal voto abruzzese: sa bene che è impensabile attribuire una eventuale sconfitta a fattori locali e indipendenti dalla salute del suo governo.
matteo salvini e giorgia meloni
In una condizione più rischiosa di Meloni alla vigilia del voto è solo il suo principale rivale interno: Matteo Salvini. Meloni può ancora sperare di sfangarla e portare a casa la vittoria; Salvini – anche dovesse vincere Marsilio – deve fare i conti con una emorragia di voti che fin qui è stata costante e restituisce l’immagine di una Lega boccheggiante sui territori. Un solo dato, per rendere l’idea della situazione: in Sardegna si sono presentate al voto complessivamente 25 liste, la Lega è risultata tredicesima, superata anche da civiche, liste locali e partitini della Prima Repubblica.
Se l’Abruzzo confermasse questa tendenza, per il ministro delle Infrastrutture comincerà a farsi scomoda e difficile la difesa a oltranza della leadership nel partito. Se poi le difficoltà della Lega dovessero essere accompagnate da una vittoria di D’Amico, non è eccessivo dire che la Lega arriverà alle Europee di giugno in una condizione dove tutto può succedere. Nel partito non è più tabù il tema della sostituzione di Salvini.
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