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VIDEO – ILVA: QUANTI MILIARDI HA PERSO NEI SEI ANNI SENZA PROPRIETÀ
Michelangelo Borrillo e Milena Gabanelli per “Corriere della Sera – Dataroom”
Ora che l' Ilva ha una nuova proprietà, si può tirare una riga e fare i conti: qual è stato il «prezzo» del commissariamento? La storia dell' azienda è piena di crocevia, colmi di speranze, poi quasi sempre disattese.
Il primo bivio fu la scelta del quarto polo siderurgico italiano: dopo Cornigliano, Piombino e Bagnoli, si aprì Taranto. Il secondo bivio risale all' inizio degli anni 90, quando il commissario europeo alla Concorrenza Karel Van Miert costrinse l' Italia a scegliere fra Bagnoli e Taranto. Chiuse Bagnoli. Erano i tempi dell' Ilva pubblica, quella che si chiamava Italsider.
Messa in liquidazione nell' 88, diventa privata nel 1995. Se l' aggiudicano i Riva con un' offerta di 1.649 miliardi di lire (e 1.500 miliardi di debiti, a fronte di un fatturato di 9 mila miliardi e 11.800 dipendenti) superando i rivali del gruppo Lucchini.
L' attività marcia fino al 26 luglio del 2012, quando l' acciaieria viene messa sotto sequestro e i Riva arrestati. Le accuse della magistratura di Taranto per i vertici aziendali sono, a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose.
Nel 2013 torna in mano pubblica con il commissariamento, nel 2015 arriva l' Amministrazione straordinaria. Solo nel 2016 arriva il decreto per la vendita e nel 2017 l' aggiudicazione alla cordata Am Investco, guidata da ArcelorMittal, nata dalla fusione della francese Arcelor e dell' indiana Mittal, con quartier generale in Lussemburgo. E la storia si ripete: Ilva è di nuovo privata.
Per prendere possesso dell' Ilva, però, ArcelorMittal ha dovuto attendere settembre 2018. Non è bastata l' offerta vincente, così articolata: 1,8 miliardi il prezzo di acquisto, 2,4 miliardi di investimenti entro il 2023, di cui 1,25 miliardi per il piano industriale e 1,15 di investimenti ambientali, e un' occupazione per 9.407 unità.
L' accordo doveva essere accettato dai sindacati. Il ministro Carlo Calenda del governo Gentiloni ci prova fino all' ultimo, arriva a 10 mila assunzioni, ma il voto del 4 marzo 2018 spazza via il vecchio governo e la palla passa nelle mani del suo successore, Luigi Di Maio.
La trattativa si è chiusa il 6 settembre scorso: ArcelorMittal si impegna ad assumere 10.700 lavoratori e ad assorbire, dal 2023, i 3.100 lavoratori che nel frattempo restano in cassa integrazione sotto l' Amministrazione straordinaria di Ilva. Se non accetteranno l' incentivo all' esodo (100 mila euro lordi) il costo complessivo potrà arrivare attorno a 400 milioni. Mentre l' Amministrazione, entro i prossimi 5 anni, dovrà terminare i lavori di bonifica nell' area fuori dallo stabilimento. Ma per fare questo basteranno non più di 400 lavoratori.
Quanto sono costati gli oltre 6 anni dell' Ilva senza padrone in cui sono cambiati 5 governi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte), 4 commissari (Enrico Bondi, Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi) e un subcommissario (Edo Ronchi)?
Nel 2015 Ilva ha perso 600 milioni, nel 2016 ne ha persi 300, nel 2017 di più, 360, e 200 nei primi otto mesi del 2018. In pratica dal 21 gennaio 2015, inizio dell' Amministrazione straordinaria, a oggi, l' Ilva ha perso 1,46 miliardi di euro. Solo i due anni di ritardo per il passaggio ad ArcelorMittal (inizialmente la gara si sarebbe dovuta chiudere a giugno 2016) hanno pesato per circa 700 milioni.
Le perdite relative agli anni 2012-2014 ammontano invece a 2,18 miliardi, ed emergono dai numeri della data room a cui ebbero accesso le aziende che presentarono la prima manifestazione d' interesse. Complessivamente, quindi, le perdite del dopo Riva sono state di 3,6 miliardi. Un salasso dovuto alla riduzione dell' attività a seguito della chiusura dei forni più inquinanti, e una conseguente perdita di mercato.
Rimane il tema da cui tutto è partito: il disastro ambientale. In questi sei anni si è risanato pochissimo perché non c' erano i soldi. Oggi a disposizione ci sono circa 2,2 miliardi. Chi li mette? Per metà la nuova proprietà, per l' altra i Riva. La Guardia di finanza, grazie al filone milanese dell' inchiesta, nel 2013 trova 1,7 miliardi, frutto di evasione e plusvalenze, nascosti in Svizzera, nell' isola di Jersey e Lussemburgo.
Riesce a sequestrare 1,3 miliardi. Denaro che avrebbe dovuto essere investito nella copertura dei parchi minerali e nella gestione dei fanghi velenosi. I fondi, però, arrivano effettivamente nella disponibilità di Ilva solo a giugno 2017: 230 milioni vengono utilizzati per la gestione corrente, mentre i restanti 1.083 milioni sono vincolati al risanamento aziendale.
Il più urgente è proprio la copertura di quelle montagne di polvere di carbone e ferro all' aria aperta che, nei giorni di vento, coprono il quartiere Tamburi di Taranto. Per evitarlo, l' Autorizzazione integrata ambientale del 2011 prevedeva che i parchi minerali venissero coperti. I lavori sono partiti solo nello scorso febbraio e si concluderanno nel 2020.
Il costo previsto è di 300 milioni ed è a carico della nuova proprietà, ma la somma è stata anticipata dall' amministrazione straordinaria di Ilva con i fondi sequestrati ai Riva.
Si potevano evitare gli incalcolabili danni alla salute, il collasso ambientale e quello dell' azienda? La risposta è sì.
La responsabilità, in prima istanza, pesa sulle spalle dei ministri dell' Ambiente, della Salute, i governatori della Regione Puglia, Arpa, magistrati, sindacati, che a partire dal '95 (anno in cui lo Stato ha venduto l' Ilva ai Riva) avrebbero dovuto imporre l' adeguamento alle norme. Invece, mentre la proprietà accumulava soldi nei paradisi fiscali e a Taranto si moriva, hanno fatto finta di niente. Fino a quando non è più stato possibile.
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