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Paolo Conti per il “Corriere della Sera”
«Tra le tante, diverse etichette che mi hanno attribuito nella vita, ecco, quella di trotskista mi mancava. E meno che mai ho avuto l' idea, a mia volta, di assegnarla a qualcun altro. Figuriamoci poi a papa Francesco...».
Il filosofo Gianni Vattimo, riconosciuto studioso di Heidegger dal suo primo saggio del 1963, non si è mai sottratto al gusto della polemica. Nemmeno oggi, mentre si ritrova al centro di un dibattito per la telefonata ricevuta proprio da papa Francesco che lo ha chiamato dopo aver ricevuto il suo ultimo saggio, «Essere e dintorni», uscito per la collana dei Fari de La Nave di Teseo (siamo sempre sui sentieri di Heidegger).
Bergoglio ha avuto il volume dalla misteriosa catena di collaboratori che consegna al pontefice materiali interessanti: e i due si sono sentiti. «Leggo anche di una mia conversione dopo la telefonata con il Papa... Ma non mi sono convertito ora!
Io mi dichiaro credente da tempo».
Solo credente, Vattimo? «No. Resto ciò che sono stato, ovvero un cattocomunista. Quello è il mio punto di riferimento, anche se i contesti sono cambiati».
Vattimo non si fa pregare per chiarire, dal suo punto di vista, la questione che nei giorni scorsi è apparsa più spinosa: la sua definizione di papa Francesco come possibile leader rivoluzionario.
Spiega il filosofo: «Io semplicemente sostengo che l' attuale pontefice sia una delle rare figure nel mondo, anzi forse l' unica, in grado di capeggiare una trasformazione radicale dell' attuale quadro sociale ed economico.
Se noi seguiamo con attenzione la predicazione di papa Bergoglio capiamo facilmente che sta lavorando certo non per una rivoluzione, perché un Papa non fa una rivoluzione, ma per realizzare un grande cambiamento.
E dal mio punto di vista un' operazione del genere, nel mondo attuale, non può certo avviarla un uomo politico ma solo una personalità religiosamente ispirata, che abbia una motivazione legata alla fede. Ed è la ragione per cui io parlo di papa Francesco».
Poi Vattimo aggiunge, a scanso di futuri equivoci: «Io non mi aspetto certo che Bergoglio si metta a fare il capo comunista di un movimento, sarebbe assurdo. Papa Francesco è ovviamente legato all' ortodossia della fede , naturalmente io lo so».
Il filosofo non rinnega nemmeno il discorso del marzo 2015 tenuto al Teatro Cervantes, nel centro di Buenos Aires, al Foro Internacional por la Emancipación y la Igualdad: «Lì perorai la causa di una nuova Internazionale comunista e insieme "papista", con Francesco come suo indiscusso leader, l' unico capace di guidare una rivoluzione politica, culturale e religiosa contro lo strapotere del denaro.
Ma si trattava di una mia ipotesi e certo non ho trascinato, nella nostra telefonata, il Papa su questo terreno, chiaramente non ne abbiamo parlato. Quella di Buenos Aires era una provocazione. Poi eravamo in Sud America...». E cosa vuol dire, questo, Vattimo? «Penso che da quell' area geografica possano arrivare grandi novità per il futuro del mondo. Ritengo che papa Francesco rappresenti solo l' inizio di questo processo».
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