DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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Chi ha convinto/costretto Renzi a ingoiare il rospo Visco? In fondo, il suo risultato l’ha in parte raggiunto: ha dato l’immagine di uno che attaccava i poteri forti bancari e che veniva rintuzzato dall’establishment, superando in populismo il Movimento 5 Stelle che si era intestato la battaglia per i risparmiatori rovinati.
La realtà è che al posto di Visco sarebbe andato uno dei suoi due collaboratori più stretti. O il direttore generale Salvatore Rossi o il suo vice Fabio Panetta. Solo che entrambi erano presenti e attivi durante il mandato dell’attuale Governatore, dunque l’obiettivo di “punire” chi non ha vigilato sugli istituti marci sarebbe stato comunque mancato, in modo imbarazzante.
Rossi, da sempre in prima fila tra le seconde file, non sarebbe più pronto come un tempo a sobbarcarsi un impegno così importante. E Panetta gode dell’ostilità di Mario Draghi, che non a caso ha usato tutto il suo peso politico per la conferma di Visco.
Come mai quel che resta dei poteri forti, nonostante l’ostilità verso la mozione del Pd che licenziava il governatore, hanno lasciato che Renzi straparlasse contro l’operato di Bankitalia? Aspettano il voto siciliano. Quella è la scadenza di breve termine da cui si capiranno molte cose.
E la domanda che circola è 5 novembre il Pd arriverà terzo o addirittura quarto? Il candidato della sinistra Claudio Fava, che alcuni sondaggi davano sopra a Fabrizio Micari (l’incolore scelta renziana) si starebbe sgonfiando: è il tipico personaggio che fa molto impegnato-chic, poi nel segreto dell’urna si votano nomi più concreti.
Se il centrodestra ottenesse un risultato ancora più netto di quello che già pare profilarsi, il povero Matteo si può giocare il rientro a Palazzo Chigi con mesi di anticipo. E il premier di un futuro governo di larghe intese potrebbe sceglierlo il caro vecchio Silvio.
In tutto questo, che fanno le correnti del partito? Franceschini e Andrea Orlando hanno parlato nei giorni scorsi. Anche loro stanno fermi e affilano i coltelli. L’argomento che appassiona loro (e qualche centinaio di peones) sono naturalmente le liste. Nel 2013 Bersani concesse a Renzi di nominare solo 50 deputati, e zero senatori. Naturalmente nel frattempo molti sono stati fulminati sulla via di Rignano, e ora il ducetto sogna un Parlamento mono-renziano.
Ma se farà il bulletto del listino, i due capetti sono pronti a dargli la coltellata finale. Franceschini è un grande e raffinato esperto di composizione di liste (i franceschiniani sono gli unici che sopravvivrebbero a un olocausto nucleare), e se Matteo forzerà la mano, è pronto a tagliargliela.
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