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Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Non è certo di buon auspicio, per una riforma Rai che si dovrebbe chiudere entro venerdì al Senato, il numero legale saltato quattro volte ieri sul decreto enti locali. Perché se è vero che il governo non ha mai considerato un problema i numeri - sulle modifiche alla governance di viale Mazzini - quanto i tempi, con un consiglio di amministrazione scaduto dallo scorso 25 maggio, è anche vero che il Pd comincia a mostrare al riguardo più di uno scricchiolio. E con margini così ristretti come quelli di Palazzo Madama (ieri i verdiniani, presenti, non hanno mosso un dito per salvare la seduta) tutte le incognite vanno considerate.
Il relatore Raffaele Ranucci è convinto che la Lega ritirerà molti dei suoi emendamenti. Lo stesso pensavano di fare i 5 stelle, per concentrarsi sul merito della riforma e cercare di avere in aula una discussione vera, priva di trucchi ostruzionistici. «Ma le cose stanno prendendo una strana piega - dice il senatore M5S Alberto Airola - fino a poche ore fa pensavo che l’ipotesi decreto o nomine con la Gasparri fosse scongiurata, adesso sento cose diverse».
In effetti, nel governo non c’è alcuna voglia di tirarla per le lunghe. Quel che filtra, è che già oggi verranno sondati sia i gruppi che la presidenza della Camera per capire se a Montecitorio possa esserci un percorso accelerato. Ma che viste le difficoltà, le soluzioni più probabili restano un decreto legge da emanare con il testo che sarà varato dal Senato o l’uso della norma transitoria (fare le nuove nomine in commissione di Vigilanza Rai con la legge Gasparri e dare i “superpoteri” dell’ad al nuovo direttore generale una volta approvata la legge).
«Non vogliamo infliggere all’azienda un periodo troppo lungo di prorogatio e di attesa nell’immobilismo», dicono a Palazzo Chigi. Del resto, Matteo Renzi è già concentrato sui nomi del futuro ad (o dg che sia). Nessuna decisione è stata presa, ma torna in pista Antonio Campo Dall’Orto, l’”inventore” di Mtv Italia, e resta forte il nome dell’ad di Discovery Italia Marinella Soldi. «Anche se - racconta un senatore - mi dicono che il premier stia ricevendo tanti no. Perché sa, c’è anche la questione degli stipendi...».
renzi porta a porta bruno vespa
Ipotesi a parte, nei fatti resta un presidente della commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico (che se si andasse avanti con la legge Gasparri gestirà le votazioni sui nuovi consiglieri del cda), molto duro con il governo. «Vogliono scaricare la colpa di questo pastrocchio sul Parlamento, ma sono in malafede. Dopo un mese dalla conferenza stampa di Renzi sulla Rai, in Senato non era stato depositato neanche uno straccio di provvedimento governativo. Sono stati loro, a fare tardi».
Così come duro è un senatore pd che la Rai la conosce bene, Corradino Mineo: «Questa riforma consiste in due enormi deleghe al governo- spiega - una gli consente di decidere da solo sulle risorse, l’altra di rifare il testo unico, il che significa sedersi al tavolo con Mediaset per capire cosa fare del duopolio ». Quelle deleghe «vanno stralciate o definite molto meglio. Quanto al resto, non migliora assolutamente le cose. Per questo li sfido: «Volete un ad che decide? Allora lasciate perdere le scelte consociative, dategli tutto il potere e fate in modo che a controllarlo sia solo l’Agcom».
La sua vera proposta, in realtà, si rifaceva a una vecchia legge Gentiloni: «Un comitato di controllo e di garanzia, solo in parte di nomina politica, separato dalla gestione della Rai. Non vedo perché quando c’era Berlusconi una riforma del genere andava bene, e ora non più».
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