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DAGOREPORT – MUSK È IL “DOGE”, MA IL VERO BURATTINO DELLA TECNO-DESTRA USA È PETER THIEL. PER…
RIMANDIAMOLI A CASA LORO (SÌ, MA COME?) - LA POLITICA DEI RIMPATRI È FERMA AL PALO: OGNI ANNO IN EUROPA VENGONO EMESSI CIRCA 500 MILA PROVVEDIMENTI DI ESPULSIONE, MA SOLO UN QUINTO DEI MIGRANTI IRREGOLARI TORNA EFFETTIVAMENTE NEL PAESE DI ORIGINE - LA CORTE DEI CONTI STRAPAZZA L'UE: POCHI FONDI E ACCORDI DEBOLI CON GLI STATI - L'ITALIA, MANCO A DIRLO, È AGLI ULTIMI POSTI...
Marco Bresolin per "La Stampa"
C'è l'Algeria che privilegia i negoziati bilaterali con gli Stati membri e in generale preferisce fare da sé nella gestione dell'immigrazione. O il Bangladesh che ha accettato di riaprire solo parzialmente le proprie porte ai cittadini di ritorno perché deve fare i conti con il valore delle rimesse (6,1% del Pil) che è decisamente più alto degli aiuti allo sviluppo ricevuti (1,5% del Pil).
ROM RIMPATRIATI DALLA FRANCIA IN ROMANIA
La politica europea dei rimpatri è al palo. Ogni anno in Europa vengono emessi circa 500 mila provvedimenti di espulsione, ma - nonostante il nuovo mandato conferito a Frontex - solo un quinto dei migranti irregolari torna effettivamente nel proprio Paese di origine.
Il principale motivo è che mancano accordi di riammissione con gli Stati di partenza. Quelli bilaterali, ma soprattutto quelli siglati dall'Unione europea, che negli ultimi anni sta cercando - con molta fatica - di farsi carico di un lavoro diplomatico che fatica a dare i suoi frutti.
La Corte dei Conti ha analizzato la gestione della pratica negli ultimi cinque anni e ha prodotto un report che evidenzia tutte le criticità: mancanza di incentivi adeguati, scarso coordinamento tra gli Stati membri, ostacoli politici.
Con problemi specifici per alcuni Paesi: l'Italia e la Grecia, per esempio, hanno dati nettamente inferiori a quelli della media Ue. Secondo la Corte questo è dovuto alla lentezza delle procedure d'asilo nazionali.
La Commissione ha sin qui concluso accordi di riammissione con 18 Paesi (Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Albania, Russia, Bosnia-Erzegovina, Moldova, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Ucraina, Pakistan, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Capo Verde, Turchia e Bielorussia), mentre con altri sei i negoziati non hanno ancora prodotto risultati (Marocco, Algeria, Cina, Tunisia, Giordania e Nigeria).
Per questo si stanno esplorando nuove strade: con sei Paesi (Afghanistan, Bangladesh, Guinea, Costa d'Avorio, Etiopia e Gambia) sono stati siglati «meccanismi di riammissione», che non sono giuridicamente vincolanti e che sono stati spesso contestati dall'Europarlamento e dalle Ong per la loro opacità (non sono pubblici) e per i dubbi sul rispetto dei diritti umani.
A ostacolare i negoziati c'è anche la clausola sui cittadini di Stati terzi: in sostanza l'Ue chiede a quei Paesi di accogliere anche i migranti che hanno soltanto transitato sul loro territorio, in modo da incentivarli a controllare le frontiere. Ma il vero deficit, secondo la Corte, riguarda la mancanza di incentivi che vengono offerti in termini di visti, aiuti allo sviluppo e scambi commerciali.
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