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“IL DIRITTO NON C’ENTRA. C’È IL RISCHIO DI RENDERE IRRECUPERABILE IL DECLINO DEMOCRATICO” – IL 98ENNE RINO FORMICA VEDE IL REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA COME L’UNICO ARGINE ALL’AUTORITARISMO DEL GOVERNO DUCIONI: “VOTARE CONTRO QUALSIASI RIFORMA PROPOSTA DALLE FORZE CHE HANNO UN'INTENZIONE DEMOLITRICE DELLA CARTA È UN DOVERE” – “SI VOTA CONTRO IL GOVERNO DELLA DISTRUZIONE DEMOCRATICA; O NON SI È. UNA VALANGA DI NO ALLE RIFORME FANTASMA DEL GOVERNO INDICHERÀ L'INIZIO DEL RISVEGLIO NAZIONALE”
Estratto dell’articolo di Rino Formica per “Domani”
Nelle prossime settimane ci troveremo di fronte ad una questione che lacererà le forze politiche, le comunità, forse anche le coscienze individuali. Votare sì o no al referendum confermativo della riforma proposta dal governo per la divisione delle carriere nella magistratura.
Ma è davvero su questo che si chiama la manifestazione solenne e democratica della partecipazione popolare referendaria? La nostra Costituzione rappresentò una grande novità dal punto di vista della definizione degli equilibri delle forze politiche nella società.
La Carta è il programma politico di uno stato democratico antifascista, nato dalla tragedia che concluse la Seconda guerra mondiale. Un programma di uno stato in cui i poteri venivano fusi in un equilibrio politico-costituzionale.
Al punto che nella Carta non vi è spazio per i cosiddetti governi tecnici. Infatti nei primi cinquant'anni di vita repubblicana non ne avemmo, fatta eccezione per pochissimi che potremmo dire di “pausa” tra le forze politiche, limitata nel tempo, e come governi-ponte per sistemare alcuni squilibri che si erano determinati.
giorgia meloni giancarlo giorgetti 2
Il governo tecnico appare all'orizzonte del sistema italiano con la crisi dell'ultimo governo di Mani Pulite, quello di Giuliano Amato, nell’aprile del 1993. Il primo è varato dal presidente Scalfaro, che consegna l’esecutivo a un esponente di una struttura tecnica, il governatore della Banca d’Italia.
Da qui si apre la strada a una modifica di fatto della Costituzione. Di fatto, ma radicale: perché pone la questione delle radici legittime della Repubblica. Sono ancora quelle previste dai costituenti, o sono cambiate? Da qui la Costituzione entra in una fase di turbolenza e di modifica.
[…] In questi trent’anni la progressiva modifica di fatto non è stato affrontata. Eppure pone il tema di come sono utilizzabili gli strumenti previsti dalla Costituzione, quando è in corso questo mutamento.
comitato per il no al referendum sulla giustizia - enrico grosso e antonio diella
Si fa finta che tutto si svolga regolarmente, e che il referendum sia uno strumento legittimo e costituzionale di un processo attuativo democratico. Invece è diventato uno strumento il cui esito è ignoto. O forse noto. Oggi la destra dichiara, sia pure a mezza voce, l’intento di modificare pezzi di Carta per poi radicalmente mutare l’ordinamento. Se sarà democratico o meno lo si vedrà da chi ne avrà la direzione e la guida.
Diciamoci con chiarezza e onestà: da anni la destra utilizza tutti gli strumenti della dialettica politica per portare il paese ad un affidamento al buio della modifica dell’ordinamento democratico.
E allora la questione di oggi non è l’uso del referendum per introdurre una legge di cui però non sappiamo la futura collocazione nel nuovo assetto costituzionale. La questione è sapere se oggi c'è o non c'è un utilizzo del referendum per accelerare il processo demolitorio della democrazia. Quindi il problema non è se votare sì o no, è se partecipare o no a quest’accelerazione.
Un esempio ci aiuta: se dopo il delitto Matteotti il regime fascista avesse sottoposto al residuo parlamento elettivo leggi modificative dell'ordinamento giudiziario, i partiti di opposizione avrebbero commesso un chiaro errore politico se avessero aperto una trattativa sulla normativa.
Le forze di opposizione non lo fecero, scelsero la via della radicalità politica. Quando si è superata la linea dell'equilibrio democratico ogni forma di compiacenza compromissoria è complicità.
Oggi non siamo al delitto, ma alla lesione profonda del diritto costituzionale democratico. Oggi il governo cerca la legittimazione della sua demolizione della Carta. Ed è inutile ricordare ogni piè sospinto le radici della Costituzione se da questo ricordo non scaturisce la difesa di quell'assetto politico e istituzionale. Qui non è in gioco la carriera dei magistrati, né se saranno o no autonomi in uno stato libero e democratico. Nella decadenza democratica, unite o divise, le carriere dei magistrati saranno alle dipendenze di un potere autoritario.
Dunque oggi votare contro qualsiasi riforma proposta dalle forze che hanno un'intenzione demolitrice della Carta è un dovere. Non è una bestemmia per il proprio passato di lotta politica dei singoli o delle forze della tradizione laica italiana. È aprire gli occhi: oggi è in atto una tendenza a chiuderli dinanzi a problemi che riguardano noi e i nostri figli. Il momento del risveglio arriva sempre. Bisogna sperare di essersi svegliati in tempo.
Il voto di New York ci ha dato una lezione: aver capito per tempo che in gioco non era l'amministrazione ma il futuro democratico degli Stati Uniti. Il no al nostro referendum va spiegato bene […]. Non perdetevi dietro meticolosità tecnicistiche su una formula più o meno rispondente al diritto ordinario. Il diritto non c'entra. C'entra una questione semplice, ed enorme: c’è il rischio di rendere irrecuperabile il declino democratico. Ci vuole il coraggio di dire no a questo governo.
[…] Si vota contro il governo della distruzione democratica; o non si è. Una valanga di no alle riforme fantasma del governo indicherà l'inizio del risveglio nazionale.
GIORGIA MELONI PISTOLERA - FOTOMONTAGGIO
GIORGIA MELONI DE COCCIO - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
giorgia meloni a porta a porta 9
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
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