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Alessandro Barbera per "la Stampa"
L' ordine del giorno del Consiglio dei ministri previsto per oggi si materializza alle nove di sera, a pochi istanti dall'incontro fra il premier e il Cavaliere furibondo. Fino a quell'ora era stato un fiorire di voci: si farà , non si farà , forse si farà ma solo in una riunione ad hoc nel weekend.
Se c'è una questione che rappresenta plasticamente le difficoltà del governo delle larghe intese, quella è la diatriba sull'aumento o meno dell'Iva. Se fosse dipeso da Letta e da Saccomanni, lunedì l'aumento sarebbe scattato senza patemi.
Nella loro strategia di politica economica le risorse andrebbero tutte concentrate nella riduzione del costo del lavoro, la palla al piede della ripresa italiana. Hanno dovuto arrendersi alla pervicacia del Pdl che fino all'ultimo ha insistito per una soluzione ad ogni costo e alle ragioni di chi dice che il calo dei consumi va fermato così. Secondo Adusbef e Federconsumatori ad aprile quelli per gli alimenti sono crollati del 4,5% rispetto ad un anno fa.
Alla fine, più che una soluzione, si tratta dell'ennesimo rinvio: nel decretone che verrà approvato oggi l'aumento dell'imposta sui consumi dal 21 al 22% slitterà di tre mesi, dal primo luglio al primo ottobre, termine entro il quale il governo dovrebbe trovare i quattro miliardi di euro necessari a coprire in via strutturale quell'aumento di imposta deciso tre anni fa dal governo Berlusconi e confermato da Monti. Il compromesso è così basso da scontentare il pasdaran Brunetta: «Una vera presa in giro».
Ma in questa fase nel partito di Berlusconi contano di più Alfano, i suoi ministri e il silenzioso sottosegretario all'Economia Casero. Per loro il rinvio va benissimo, anzi, la considerano una vittoria politica nonostante per finanziarla si sceglieranno strade a dir poco creative: l'aumento delle tasse sulle sigarette elettroniche, sugli alcolici, l'aumento dell'acconto Irpef di fine anno.
Insomma, per bloccare l'aumento di un'imposta generalizzata sui consumi si alzeranno le imposte su altri consumi e si faranno pagare più tasse agli autonomi. Non sono comunque da escludere novità dell'ultim'ora: ancora ieri sera al Tesoro si studiavano nel dettaglio le coperture giuste, nella speranza di non incorrere nelle osservazioni degli occhiuti funzionari di Bruxelles.
Questa strategia del rinvio permanente - dicono gli ottimisti del governo prima o poi porterà buoni frutti. Chi ci crede va dicendo che per ottobre la ripresa dell'economia sarà più vicina, le elezioni tedesche saranno un lontano ricordo e l'Europa si mostrerà più morbida con l'alleato italiano. Per allora, in sintesi, potrebbe iniziare la discesa verso il traguardo dello scalatore Letta.
I mercati per ora ci dicono l'esatto contrario: basta guardare l'andamento dello spread - ormai stabilmente sopra i 300 punti base - o a quello dei titoli decennali, tornati ai livelli di fine febbraio, i giorni nei quali i mercati fotografavano l'esito poco incoraggiante delle elezioni.
La ragione di tutto questo è solo in parte nostra, ma per certi versi peggiora le cose: i mercati scontano i rischi (per noi) di un allentamento delle politiche espansive della Banca centrale americana e l'allarme liquidità delle banche cinesi. Meno liquidità circola, più è difficile trovare investitori disposti a sottoscrivere titoli di Stato mediamente rischiosi come quelli italiani.
Quale che sarà lo scenario, e a meno di un tracollo del governo, a settembre Letta dovrà sciogliere tutti in una volta i nodi che si stanno accumulando al suo pettine: quello dell'Iva, dell'Imu, che fare della Tarsu, come finanziare il piano di assunzioni dei precari della pubblica amministrazione e la nuova cassa integrazione rimasta senza copertura. Insomma, per allora si profila la più classica delle manovre d'autunno con i tagli di spesa finora accuratamente evitati.
IMUiva SACCOMANNI IN RITIROLETTA, ALFANO, SACCOMANNIL arrivo di Brunetta ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONI
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