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Stefano Folli per "la Repubblica"
Con una certa astuzia il centrodestra è riuscito a occupare la scena mediatica. Ha sfruttato meglio il doppio binario su cui si svolge la crisi di governo.
Il primo coincide con la sala dove Draghi incontra le delegazioni partitiche.
Chiamarle consultazioni forse è troppo: il presidente incaricato espone le sue idee generali sulle cose da fare, vale a dire una bozza per sommi capi del programma, poi ascolta le proposte degli interlocutori e subito dopo li congeda. Il secondo binario ha invece i contorni della sala stampa dove le forze politiche ritrovano un ruolo.
MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI
Lì fanno conoscere le loro priorità, ma parlano soprattutto al loro elettorato; e non si sfugge alla sensazione che dietro quel microfono riescano a essere più dettagliati e prolissi di quanto siano stati poco prima, di fronte al premier incaricato che li induceva alla sintesi.
Cosa se ne ricava? Che gli incontri di Montecitorio servono più che altro ad allestire questo palcoscenico dei partiti, dal quale emerge che il «professor Draghi», come quasi tutti i consultati lo chiamano con deferenza, non ha intenzione di negoziare quasi nulla. È lui a illustrare la sua agenda e la sua visione di una società da ricostruire prima che sia troppo tardi.
In passato le cosiddette consultazioni erano lo schermo dietro il quale si parlava quasi soltanto di "struttura dell' esecutivo", ossia di ministeri. Invece oggi Draghi sembra che non stia trattando alcunché con i partiti, tantomeno la lista dei ministri. Il suo è un governo d' emergenza, "del presidente", come si usa dire, e l' incaricato si comporta di conseguenza.
Il saluto con cui prende commiato da alcune delegazioni, non sappiamo se da tutte, è significativo: «Ci vediamo in Parlamento». Non è un gesto di sfida, anzi è un segno di massima considerazione verso il luogo simbolo della democrazia.
Il governo dimissionario aveva spesso mortificato il Parlamento aggirandolo con i Dpcm, fino a renderlo marginale attraverso la relazione diretta tra il premier e il popolo, o meglio il pubblico televisivo bombardato di conferenze stampa semi-notturne. Con Draghi si rimette al centro il binomio governo-Parlamento dentro una precisa prassi costituzionale.
I partiti sono ricondotti al loro ambito, che è essenziale e non può essere confuso con gli intrighi di un ceto politico privo di respiro. Ecco perché si dice che Draghi può indurre il sistema a rigenerarsi: per il buon motivo che l' ex presidente della Bce non agisce da tecnocrate, ma da uomo delle istituzioni dotato di sensibilità politica.
MARIO DRAGHI E SILVIO BERLUSCONI
Quella sensibilità che gli serve per accogliere alcune istanze delle forze che voteranno la fiducia - Draghi non è certo un ingenuo - , trasferendole nel tono e nel profilo di un governo che deve rilanciare l' economia ed evitare un dramma sociale.
Allo stesso modo l' intelligenza politica saprà guidarlo verso il giusto equilibrio tra presenze di tecnici e di politici nella compagine.
In tutto questo, come si diceva, il centrodestra ieri si è messo al centro. Il ritorno di Berlusconi dopo lungo tempo, il nuovo stile di Salvini l' europeista, l' opposizione pragmatica annunciata da Giorgia Meloni. Nel binario parallelo della crisi il centrodestra ha giocato con abilità le sue carte. Mentre il Pd e il suo alleato 5S sono apparsi più convenzionali, ancora frastornati dalla caduta di Conte: il problema per loro è che la maggioranza politica non c' è, come ha ribadito compiaciuto Berlusconi. E l' ipotesi Ursula è saltata a causa di Salvini. Ora spetta al centrosinistra recuperare il terreno perso sul piano mediatico, ma forse soprattutto politico.
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