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DAGONOTA
Le privatizzazioni in Italia sono state fatte dalla sinistra e il grande privatizzatore è stato Prodi. Eredità che va a Enrico Letta che con Arel di Andreatta presediuta ora da Merloni ha da sempre mantenuto un rapporto simbiotico con i Benetton e i primi incontri con la spagnola Abertis avvengono a latere del Forum Italia Spagna presieduto da Enrico Letta. Forum da sempre finanziato da Abertis e da Autostrade.
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
Privatizzazioni e Romano Prodi sono un binomio inscindibile. Oggi questa storica "coppia" viene infilata nel calderone delle accuse della maggioranza dopo il crollo del ponte Morandi, gestito da Autostrade per l'Italia, bene pubblico che fu trasferito ai privati. Il Professore non vuole entrare nelle polemiche.
Naturalmente rifiuta le ricostruzioni sommarie delle ultime ore. Ma senza entrare nei particolari. «Assisto a un dibattito incredibile su ciò che è successo negli anni '90.
Preferisco starne a distanza». Incredibile, perché «ognuno dice la sua e molti non sanno niente di quello che accadde allora».
Prodi è stato un protagonista assoluto della stagione delle privatizzazioni. Prima da presidente dell'Iri, richiamato in servizio dopo il lungo mandato iniziale (1982-1989), poi da premier. «Fu il governo Ciampi nel '93 a chiedermi di impostare un programma di privatizzazioni da capo dell'Istituto. In seguito ho dovuto gestirlo, parzialmente, da premier. Ovviamente, nessuno nel '94 poteva sapere che sarei andato a Palazzo Chigi due anni dopo».
Uno strettissimo collaboratore del Professore all'Iri e, dopo, alla presidenza del Consiglio ricorda cosa non funzionò in quell' anno in cui il governo Ciampi e il bis di Prodi all'Iri si sovrapposero (1993-1994) prima della vittoria di Silvio Berlusconi. O, per meglio dire, funzionò solo in parte.
L'esecutivo chiese a Prodi di avviare un progetto per le privatizzazioni viste le casse agonizzanti delle partecipazioni statali. Il Professore rispose: «Ok, ma abbiamo bisogno di un decreto legge che fissi dei paletti». Ovvero le condizioni per controllare, temperare, il passaggio di asset di Stato a imprenditori privati.
Il compito di scrivere il provvedimento fu affidato a Filippo Cavazzuti, economista, senatore del Pds, emiliano come Prodi e suo amico. Il decreto doveva contenere tutti i vincoli necessari ad evitare distorsioni nel processo di vendita: golden share (la possibilità per lo Stato di esercitare un veto sulle acquisizioni), norme sulla concorrenza, condizioni di trasparenza. Quel documento non arrivò mai all'approvazione finale. Perchè?
LIBRO DI ENRICO LETTA A ROMANO PRODI
La risposta dello stretto collaboratore di Prodi individua nella composizione dell'esecutivo Ciampi il problema. Tra i ministri di quel gabinetto ci sono alcuni banchieri. Piero Barucci (titolare del Tesoro) e Paola Savona (Industria). In particolare, Savona viene additato già allora come grande amico di Mediobanca. Gli scontri con Prodi (presidente dell' Iri) sono all' ordine del giorno.
Savona (che anche oggi è al governo, un governo che punta alle nazionalizzazioni oltre che alla revoca della concessione di Autostrade per l'Italia, un bel paradosso) vede come il fumo negli occhi i paletti pretesi dal Professore. Lui è per il "nocciolo duro", la formula per cui gli azionisti di maggioranza controllano l'azienda anche con una piccola quota.
Privatizzazione hard, potere pieno agli acquirenti o ai concessionari. Prodi punta alle public company, una scelta più misurata. Per mancanza di tempo, per le pressioni esterne forse, il decreto chiesto dall'Iri rimane lettera morta. Il dossier passa al governo Berlusconi. Uno dei suoi primi atti (luglio '94) è conferire i poteri speciali per le privatizzazioni. Prodi sposa questa ricostruzione? Prima di riattaccare il telefono, il Professore taglia corto: «Sono nubi che non ricordo».
ENRICO LETTA E ROMANO PRODI ENRICO LETTA E ROMANO PRODI ROMANO PRODI E ENRICO LETTA ENRICO LETTA E ROMANO PRODI
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