ROMANZO VIMINALE - QUELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE CON SEDE AL MINISTERO DELL’INTERNO

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Valentina Errante per Il Messaggero

Associazione a delinquere e rivelazione del segreto d'ufficio, aggravata dal favoreggiamento alla camorra. E' pesante l'accusa della procura di Napoli per il prefetto Francesco La Motta, l'ex numero uno del Fondo edifici di culto (Fec) gestito dal Viminale, che forniva notizie sulle indagini e ha consegnato 10 milioni di euro del ministero al broker utilizzato dai boss.

Soldi spariti sui quali indaga la procura di Roma, che ipotizza per La Motta corruzione e peculato. I dieci milioni, inviati in Svizzera tra il 2003 e il 2006, quando il prefetto era il numero uno del Fec, sono ancora argomento di conversazione il 3 maggio scorso. Ne parlano il cugino del prefetto, Eduardo Tartaglia arrestato una settimana fa per associazione a delinquere di stampo mafioso e riciclaggio, e il broker Rocco Zullino, anche lui in manette per riciclaggio. Discutono delle giustificazioni da fornire al Viminale. La Motta già da tempo però occupava la seconda poltrona dell'Aisi.

Ieri intanto Zullino ha fornito la sua versione dei fatti. Ha parlato per ore davanti ai pm di Napoli. Da oltre un anno l'ansia lo affliggeva: «Vado in galera direttamente», diceva a Tartaglia: «Io che c'entro?». Si lamentava, aveva paura e sapeva che sarebbe finita così, quindi minacciava il socio di raccontare tutti i segreti ai prefetti che, pressanti, volevano sapere dove fossero i soldi e pretendevano chiarimenti su quei rendiconti contraddittori.

Intanto anche la magistratura svizzera indaga per riciclaggio con un procedimento collegato a quelli italiani: un altro broker del giro è finito in manette, mentre sono stati sequestrati conti e società. Ieri i pm di Roma hanno incontrato i colleghi napoletani per fare il punto sulle indagini e sui prossimi step delle due inchieste parallele.

LE INTERCETTAZIONI
A febbraio 2012 Zullino riferisce a Tartaglia «che in quest'ultimo periodo sta vivendo in uno stato ansioso depressivo, a causa di una forte preoccupazione dovuta alla gestione occulta di movimenti bancari e per tali motivi ritiene di essere intercettato, quindi chiede a Tartaglia se può verificare tale ipotesi». I pm di Napoli aggiungono: «Purtroppo sappiamo che non è vaniloquio. Anzi che esiste un principio di prova, costituito dalle dichiarazioni di Perrone (Roberto costruttore camorrista pentito ndr) in ordine alla reale possibilità del Tartaglia di ottenere informazioni riservate attraverso il cugino il prefetto La Motta, esponente di rilievo delle istituzioni italiane».

E a proposito dei soldi del Fec, sempre al telefono, nel maggio 2013 Zullino dice al socio: «Adesso hanno ricevuto la posizione, hanno visto che c'è questa discrepanza e vogliono capire bene se c'è... guarda che la cosa ormai è così...». E ancora aggiunge: «Io, se fossi stato lui, che ha quell'accordo lì, ha quella cosa, cioè avrei anche cercato in maniera tale, perché poi doveva prendere tempo di qua per rientrare». Poi accusa Tartaglia: Per me voi li avete presi punto. Io non li ho presi».

IL VERTICE
Ieri il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il pm Paolo Ielo e gli uomini del Ros hanno incontrato per un vertice a Napoli il procuratore Giovanni Colangelo, l'aggiunto Antonello Ardituro e il pm Marco Del Gaudio, per coordinare le inchieste nate da un'indagine sugli affari del clan di camorra Polverino. E' stata una nota congiunta, del pubblico ministero della Confederazione elvetica, a fare riferimento a indagini connesse e all'esistenza di un procedimento per riciclaggio in Svizzera.

 

 

la motta francesco prefetto Vittorio Sgarbi e Francesco La Motta Renato Schifani Maurizio Gasparri Annamaria Cancellieri Angelino Alfano