IL ROTTAMATORE, ROTTAMATO PER PALAZZO CHIGI, ORA PROVA A CONQUISTARE LA SEGRETERIA (PATTO CON LETTA?)

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Goffredo De Marchis per "La Repubblica"

«Il rischio che mi candidi alla segreteria del Pd c'è». Matteo Renzi è appena uscito dal ministero dei Beni culturali. «Stiamo cercando di salvare il Maggio musicale. Devo fare il sindaco prima di tutto». La campagna elettorale per sostenere i candidati del centrosinistra al ballottaggio è un altro sforzo che lo distrae dai problemi del Pd. «Mi attende ancora un lungo giro. Riparto da Brescia e continuo. A volte penso di essere l'unico a impegnarmi con questa intensità».

Ma il tour serve anche per sondare il terreno in vista di una corsa che appare ormai certa. «Io insisto: non è una priorità. Ma ci sto riflettendo». Anche perché non può durare in eterno il gioco di stare un po' fuori e un po' dentro la partita del futuro. «Mi chiamano in ballo su tutto, anche quando mi defilo, anche quando garantisco lealtà. Allora tanto vale...».

Gli amici del sindaco sono convinti che finirà così: Matteo candidato, Matteo segretario a
Largo del Nazareno. Della separazione stabilita ieri tra numero uno del Pd e premier gli interessa poco. «Non cambia nulla, tutti potranno correre alle primarie per Palazzo Chigi». Più significativa è la promessa solenne di Epifani sulla data del congresso: si terrà entro l'anno. Magari non a ottobre ma nel 2013. Giusto in tempo per organizzare una staffetta a Firenze dove si vota nella primavera del 2014. Renzi lascerebbe lo studio di Clemente VII senza strappi, mantenendo intatto il rapporto di fiducia con i fiorentini.

Il primo cittadino ascolta tutti, parla con tutti. Manda messaggi contraddittori. Un giorno sembra pronto a buttarsi, il giorno dopo teme le trappole di un Pd troppo diviso e troppo diverso da come lo vorrebbe per essere governabile. Deciderà da solo, come sempre. Ma l'orientamento sembra chiaro. «Io non faccio niente eppure mi tirano sempre in mezzo. Penso alla mozione Giachetti sul Mattarellum. Era un complotto mio e dei renziani, hanno detto. Un modo per far saltare il governo e la maggioranza con il Pdl. Quell'episodio mi ha dato particolarmente fastidio, anzi mi ha fatto arrabbiare di brutto. Ma quale complotto, che c'entro io con una battaglia parlamentare che Roberto porta avanti da mesi?». Ecco il punto.

Stando fuori, non esponendosi in prima persona, l'incubo è finire «nella palude democristiana. Fatta di immobilismo e sospetti, di accuse e ritrattazioni. Ma io non sono questo. Non ho mai fatto una battaglia alle spalle di qualcuno, ho sempre
messo la mia faccia. Potrei farlo anche adesso. Sto riflettendo su questo. E il rischio che mi candidi alla segreteria c'è».

Raccontano che Enrico Letta stia seguendo a distanza il percorso "travagliato" di Renzi verso la scelta finale. Con interesse e anche con un certo favore. «Non so cosa pensi Enrico. Non ho parlato con lui della mia candidatura. Non ancora, almeno ». Renzi segretario, per il premier, potrebbe rappresentare quella «messa in sicurezza » di cui ragionano da tempo a Palazzo Chigi.

Dovrebbe essere però il frutto di un accordo, di un patto di non belligeranza che duri fino al 2015. Al termine dei 18 mesi per le riforme e del semestre di presidenza europeo dell'Italia. E nell'anno che verrà, come funzionerebbe la convivenza? Renzi segretario potrebbe dedicarsi a spiegare, in giro per il Paese, la sua idea di Pd, il suo progetto di un nuovo centrosinistra. Perché non c'è dubbio: il sindaco vuole rivoluzionare il partito, cambiarlo da cima a piedi. Ieri ha festeggiato la nomina di Luca Lotti, il suo "fratello" politico, in segreteria. Insieme hanno scelto la casella degli Enti locali.

Un ruolo chiave per il Pd di Renzi, che punta la sua scommessa sugli amministratori del territorio contro il Pd dell'apparato e della nomenklatura. I sindaci sono la spina dorsale del partito che Renzi ha in mente. Hanno i voti, conoscono i problemi, prendono le decisioni velocemente. Sarebbero anche il simbolo di una forza politica più leggera e meno legata al correntismo.

La campagna congressuale non è ancora pronta. Partirebbe a luglio, quando il Pd organizza le sue feste in tutta Italia. Ma Renzi non ci ha messo mano e come al solito vuole fare le cose in grande: la prima uscita, i luoghi da visitare, lo slogan. Aveva detto che da segretario sarebbe stato incompatibile con Letta. «Dovrei staccare subito la spina al governo. Meglio che sto buono a Firenze». Ma l'effetto delle sue dichiarazioni è stato lo stesso, in queste settimane: un pericolo per la tenuta delle larghe intese. Per questo ci ha ripensato. Due settimane fa ai suoi collaboratori spiegava: «Escludo una candidatura al 100 per cento». Nelle ultime ore, la versione è cambiata in «bisogna valutare la situazione».

L'ultimo colloquio con Massimo D'Alema, giovedì scorso, gli è servito per capire che l'ex presidente del Copasir non si metterà di traverso. Le voci della base sono in grande maggioranza a favore di un suo impegno diretto. L'apparato sa che se Renzi scende in campo «non ce n'è per nessuno». Sono segnali pesanti. Eppoi c'è la volontà di chiudere l'esperienza a Palazzo Vecchio nella maniera più naturale possibile. Senza ricandidarsi a sindaco. Le variabili su cui ragionare sono moltissime. Ma se Renzi dice che il «rischio c'è» vuol dire che ha già deciso.

 

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