DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Tommaso Ciriaco per la Repubblica
C' è lo statuto. E c' è l' opportunità politica. Entrambi, secondo Piercarlo Padoan, impongono che l' amministratore delegato di Consip Luigi Marroni resti al suo posto. Nonostante sia il principale testimone di Luca Lotti, nonostante abbia messo nei guai con questa storia anche Tiziano Renzi, nonostante sia il bersaglio di una "sfiducia" in diretta tv pronunciata da Graziano Delrio.
«Noi ci muoviamo seguendo le regole - è la linea del responsabile di via XX settembre, limata con Palazzo Chigi - E ad oggi l' ad non è indagato, né ha violato il codice etico. Anzi - si lascia sfuggire con un collega di governo prima di intervenire in Aula - se muovessimo un' azione nei suoi confronti, potrebbe addirittura farci causa...». Eppure, la "mina Marroni" resta piazzata sotto il pavimento del renzismo. Se rimane in carica con il bollino del governo, si rafforza il teste che ha complicato la vita di Lotti. Se lo allontanano, tutti gridano alla ritorsione orchestrata dall' ex premier. «Un bel casino», la sintesi molto privata attribuita a Paolo Gentiloni.
angelino alfano saluta luigi marroni della consip
Prima di tutto c' è lui, Marroni, l' uomo al centro della bufera. La maggioranza sogna un suo passo indietro autonomo, l' unica mossa in grado di alleggerire la pressione complessiva. E invece no, pare proprio che non sia in agenda: «Dimettermi? Non ci penso proprio - si è sfogato ieri con gli amici - Perché dovrei? Per aver fatto un buon lavoro? Per non aver fatto favori? Per aver risposto coscienziosamente a un magistrato? Io sto lavorando, e sodo».
Tutto naturalmente è in mano a Padoan. Lo sa innanzitutto il manager, che infatti ragiona così: «Io mi baso sulla fiducia dell' azionista: se quella c' è, io produco. Cosa che, peraltro, vale in tutte le Spa di questo mondo, pubbliche e private». Non è così semplice come la mette il capo di Consip, in realtà.
L' affare scotta. E nella notte tra martedì e mercoledì rischia addirittura di sfuggire di mano. Succede che Graziano Delrio smuove le acque in diretta tv, mettendo per la prima volta in discussione l' ad. «Se le accuse di Marroni verranno smentite dalla magistratura - intima - allora si dovrà assolutamente dimettere». Deflagrante, molti interpretano queste parole come l' avvio di una campagna con un bersaglio chiaro: il testimone che ha messo in difficoltà un ministro. Palazzo Chigi corre ai ripari e "arruola" Padoan per il question time, il cui intervento non era previsto fino al giorno prima.
Eppure, i veleni straripano lo stesso. Scorrono generosi soprattutto nel cuore del Giglio magico, dove la fazione fedele a Lotti e Renzi - da tempo gelida verso i cattolici di Delrio - lascia trapelare un' altra lettura: il responsabile delle Infrastrutture ha agito in autonomia, giurano sottovoce, mettendo in difficoltà il ministro dello Sport. Fuoco amico, insomma, mimetizzato dietro buone intenzioni. Veleni, appunto. Ma anche un mega pasticcio, perfetto per le opposizioni. «Padoan è indecente - si insinua Renato Brunetta - Marroni non ha fatto quanto doveva secondo statuto e codice etico, presenta le dimissioni e Padoan cosa fa? Le respinge, senza spiegazioni».
Resta la crepa. Non è ancora una voragine, ma il rischio che risucchi il governo esiste. Prima o dopo arriverà un voto parlamentare sul caso Consip, Gaetano Quagliariello ha già presentato una mozione per azzerare i vertici della società e gli scissionisti di Mdp sono pronti a fare lo stesso. Potrebbe prestarsi al gioco anche Forza Italia (che invece non muoverà un dito contro Lotti). A quel punto, i senatori verdiniani risulterebbero decisivi per salvare l' ad e mettere in sicurezza il governo. Ecco perché sempre a Marroni si torna. E a quel passo indietro autonomo che la maggioranza continua a sognare.
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