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Giulio Gavino Marco Grasso per “La Stampa”
Dai tabulati in mano alla questura risulta una sosta di due ore in un ristorante di Montecarlo e l’incontro con due uomini d’affari russi, uno residente in Italia e l’altro in Francia. Miliardario e oligarca dell’energia, esule ucraino filo-Putin rifugiato in Russia, politico che ha cambiato spesso idee e partiti e presunto perseguitato dal governo di Kiev, ex parlamentare accusato di brogli, fiancheggiatore di «hooligan» di squadristi pronti a risolvere i dissapori a bastonate. ?Chi è davvero Igor Markov e cosa era venuto a fare in Italia?
È «perseguitato politico», come dice il suo entourage, o voleva incontrare politici italiani o europei per fini poco chiari, come sostiene l’ambasciatore ucraino??
C’è ancora molto da chiarire nell’intrigo che ha portato all’arresto dell’imprenditore fermato alcuni giorni fa a Sanremo, motivato da un mandato di cattura internazionale dell’Interpol spiccato dall’Ucraina. Di certo, per il momento, c’è solo un dato: questo non è un altro caso Shalabayeva. Non solo perché stavolta non sembrano esserci ombre nel blitz della polizia italiana, concordato con i vertici dell’Interpol di Lione.
Ma anche perché l’Ucraina non è il Kazakistan: «Ancora in tempi recenti, in diversi casi di estradizione, in merito al rispetto dei diritti umani dei detenuti – spiega il sostituto procuratore generale Enrico Zucca – la Corte di Cassazione ha verificato l’affidabilità delle istituzioni della Repubblica di Ucraina, con cui ordinariamente si svolge una proficua cooperazione internazionale. Ogni diverso elemento che eventualmente dovesse essere allegato sarà ovviamente valutato nella attuale fase di controllo giurisdizionale della procedura».
Al contrario, nei mesi scorsi la procura generale di Genova si era opposta al rimpatrio di un altro dissidente ucraino, ma della fazione opposta: Yury Megel, oppositore di Putin, il cui rimpatrio in Russia per i pm avrebbe messo a rischio la sua incolumità.
Il caso Markov potrebbe davvero trasformarsi in un nuovo incidente diplomatico e costringere l’Italia nella scomoda posizione di scontentare uno dei due Stati? Ieri il ministero dell’Interno ha escluso questa ipotesi: niente politica, trapela dal Viminale, in questa vicenda l’unico metro di valutazione è quello giudiziario. Ma è chiaro che sullo sfondo emergono le tensioni (e la propaganda incrociata) tra Kiev e Mosca e l’eco della guerra a bassa intensità tutt’ora in corso nel Donbass.
A venire in aiuto a Roma, divisa tra l’appoggio a Kiev e alcuni segnali di disgelo con Mosca, potrebbe esserci un alleato insperato: la prescrizione. Markov è ricercato per un’aggressione a sfondo politico avvenuta a Odessa nel 2007. Gli scontri, avvenuti ben prima della rivolta di Maidan e della cacciata di Yanukovich, erano nati intorno alla celebrazione di una statua raffigurante Caterina di Russia. Fatti che, in ogni caso, tradotti nell’ordinamento italiano non sarebbero più punibili. Questa mattina alla corte d’appello genovese l’udienza di convalida, a cui seguirà il termine di 40 giorni in cui l’Ucraina dovrà inviare gli atti sul caso.
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