DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Fabio Martini per "la Stampa" - Estratti
Ernesto Maria Ruffini ha deciso. Da settimane gli attribuiscono i progetti più diversi e lui, che si è volontariamente dimesso da direttore dell'Agenzia delle entrate, negli ultimi 15 giorni ha riflettuto su come dar seguito alla impegnativa scelta di vita consumata col suo addio di fine anno: l'idea è quella di guadagnarsi il consenso tra l'opinione pubblica, un passo alla volta e in mare aperto, fuori dal recinto del Pd.
L'obiettivo? Non certo proporsi dall'alto come il federatore di tutto il Campo largo e neanche irrobustire l'area cattolica nei Dem ma invece dar vita in autunno ad un soggetto politico senza connotazioni confessionali ( «non sarò certo il federatore dei cattolici democratici»), che sia capace di dar battaglia su quella che lui stesso considera l'essenza della politica: «I valori e i diritti, come quello portante di uguaglianza, non ancora pienamente attuato: basti pensare alle donne, che ancora scontano un gap per esempio sulla retribuzione».
In queste ore, almeno a sentire le sue parole, Ruffini sembra aver rotto ogni indugio, sembra aver simbolicamente varcato il Rubicone e infatti dice: «Tra il 1943 il 1945 su 46 milioni di italiani, alla fine sono state 300 mila le persone che hanno fatto la Resistenza. Ma hanno fatto la differenza. E questo ci restituisce l'idea di come una minoranza possa fare la storia». Giorni fa, parlando a Caserta, ha fatto capire che è pronto, citando due giganti. Alcide De Gasperi, che una volta disse: «Dobbiamo essere pronti».
(...)
E tuttavia quella che Ruffini immagina è una lunga marcia, che esclude a breve effetti speciali: nell'appuntamento di sabato prossimo a Milano, promosso dall'ex ministro Graziano Delrio, nel nome di una nuova "Comunità democratica" e al quale partecipano due padri nobili come Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti, Ruffini non farà annunci di alcun tipo e d'altra parte, come spiega lui, «questa è una iniziativa che non ho organizzato io, ma a cui sono stato invitato».
Non c'è un cronoprogramma ma alcuni punti fermi sono stati fissati: Ruffini ha finito di scrivere un libro che uscirà presto per Feltrinelli su diritti politici e sociali e sul bene comune: sarà una sorta di manifesto politico che gli consentirà un giro d'Italia e di creare così una sua rete. Certo, partendo dalla realtà che conosce meglio, quella cattolica della Settimana sociale, dell'Azione cattolica, degli Scout ma con una attenzione particolare ad evitare ogni connotazione cattolica. Su questo piano sono state decisive le parole che Romano Prodi ha detto in via privata a Ruffini, che conosce e apprezza da anni.
Spiega il Professore: «Un partito di cattolici? Assolutamente no, significherebbe tornare indietro rispetto all'esperienza dell'Ulivo». E Prodi ha confidato a Ruffini come, a suo avviso, si possano vincere le prossime elezioni: «Il Pd ha più forza degli altri partiti di opposizione ma deve sapersi allargare, tenendo conto di tutte le sue radici. Da soli non si vince. Servirebbe una nuova forza, non di soli cattolici, riformista e moderata, che andrebbe ad irrobustire la coalizione di centro-sinistra».
E proprio questo è il piano di Ruffini: costruire dal basso un'area dei diritti e non un partito tradizionale
(...) Lo spazio politico del movimento lo spiega un personaggio di grande esperienza come Bruno Tabacci, che di Ruffini è amico: «Non parlerei di forza di centro – tra l'altro termine usurato dalle ambiguità e dalle furbizie di chi aveva di recente occupato questo spazio – ma di proposta equilibratrice e portatrice di cultura di governo, di razionalità, serietà, competenza».
Naturalmente la decisione di Ruffini di partire dal basso, con un giro d'Italia, non fuga la domanda che più intriga i media attenti al giorno per giorno: Ruffini punta a diventare il leader dell'area più moderata del Campo largo o si immagina come futuro capo della coalizione? Tabacci: «Ha qualità notevoli ma non sono i singoli che gli assegnano un ruolo.
Bisognerà vedere cosa ne penserà il centrosinistra».
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