DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E…
1 - LA BOMBA SALVINI DEVASTA M5S «SALVARLO CI COSTERÀ CARO»
Laura Cesaretti per “il Giornale”
«Attenti perché se votiamo contro il processo a Salvini saremo solo noi ad uscirne perdenti». Il grido di dolore di Roberta Lombardi rompe la cappa di silenzio in cui sono piombati i Cinque Stelle, alle prese con l' atroce dilemma del caso Diciotti.
Un dilemma «lose-lose»: se - contraddicendo i suoi «valori identitari», come li chiama la Lombardi, ossia il forcaiolismo - i grillini voteranno come chiede la Lega, ossia per respingere la richiesta di processo e salvare da una possibile condanna il ministro dell' Interno, pagheranno un grave prezzo di immagine e - quel che più temono - elettorale. Se invece voteranno sì, metteranno a rischio il governo e - quel che più conta - le loro poltrone. Come uscirne? Per ora, l' unica strategia è quella di prendere tempo, rinviare le decisioni e confondere le idee alla propria base.
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE
Ma i mal di pancia interni minacciano di tracimare, e l' ala anti-Di Maio approfitta del caos per farsi sentire e denunciare chi - come il vicepremier - è disposto a qualunque compromesso pur di tenere in piedi l' alleanza con Salvini e l' esecutivo. Ecco dunque Carletto Sibilia (corrente Fico) che annuncia: «Se il caso va in aula noi voteremo assolutamente sì al processo». Ecco la «dissidente» Paola Nugnes che minaccia: «Se si deciderà di votare no al processo, non escludo di abbandonare i Cinque Stelle».
CONTE SALVINI DI MAIO BY SPINOZA
E su Salvini è drastica: «Per propaganda si è andati oltre ogni prerogativa politica, quindi ci sono tutti gli estremi per processarlo e, forse per condannarlo». Ed ecco l' invettiva della Lombardi (fatta fuori dal governo), che avverte: «Respingendo la richiesta di processo il M5s apparirebbe come quello che ha immolato se stesso sull' altare del governo del cambiamento, mentre Salvini come colui che, duro e puro fino alla fine, si è immolato sull' altare della Patria contro l' invasione scafista. E alla fine a dettare la linea, quando ormai sarà troppo tardi, saranno i nostri elettori».
gregorio de falco paola nugnes
Salvini però, e con lui tutta la Lega, hanno posto ormai un aut-aut. «Bisogna capire se il Parlamento condivide o no le politiche del governo», dice il governatore friulano Fedriga.
Se i Cinque Stelle non salveranno il leader del Carroccio dal processo, si assumeranno la responsabilità di bocciare l' esecutivo, e aprire la crisi. Il voto su Salvini diventa insomma un vero e proprio voto di fiducia: non a caso Conte e Di Maio, i primi che salterebbero per aria, stanno disperatamente cercando di piegare il partito verso il «no» ai magistrati.
Ma la strada è ripida. «Una memoria del governo? Qui non è arrivata nessuna memoria».
gasparri mancini foto mezzelani gmt077
Maurizio Gasparri, presidente della giunta per le immunità che entro il 22 febbraio dovrà pronunciarsi, smonta così il nuovo bluff con cui i Cinque Stelle, alla disperata ricerca di un' uscita di emergenza dal vicolo cieco, hanno cercato di confondere le acque. Uno dei loro sette membri della giunta, il forcaiolissimo Giarrusso, aveva infatti solennemente annunciato ieri mattina, come grande svolta, il deposito di una sorta di dichiarazione di correità firmata da Conte, Di Maio e dall' inneffabile Toninelli: sulla Diciotti abbiamo deciso insieme, quindi processateci tutti o - molto meglio - non processate nessuno.
Un' iniziativa «senza precedenti», dice Gasparri, e che secondo le opposizioni sarebbe semplicemente irricevibile: «Il soggetto della richiesta dei magistrati, e quindi il nostro unico interlocutore, è Salvini. Il quale tra una settimana sarà ascoltato dalla giunta e potrà introdurre qualsiasi elemento difensivo ritenga necessario. Altre cose sono complicazioni inutili», spiega Gasparri. Niente «memorie» del governo, insomma: si voterà sì o no su Salvini. E i grillini dovranno scegliere apertamente se salvarlo, o affondare con lui.
2 - QUANDO LO "SCUDO" ERA PER LA "KASTA" LA FINE DEL TABÙ IMMUNITÀ PER I GRILLINI
Francesco Lo Dico per “il Messaggero”
Un tempo per Luigi Di Maio dell' immunità non si sarebbe neppure dovuto discutere. Il problema giudiziario di un ministro degli Interni indagato andava risolto alla radice.
Magari con un tweet. «Le nostre forze dell' ordine non possono avere il loro massimo vertice indagato. Si dimetta in 5 minuti!», fu l' ukaze lanciato sui social da febbraio del 2016 contro l' allora titolare del Viminale, Angelino Alfano. Battaglieri e inflessibili, sin dal debutto in Parlamento gli stellati individuano nell' immunità una delle più putride esche che la Casta ha piazzato nella scatoletta di tonno del Parlamento.
SILVIO BERLUSCONI NEL GIORNO DELLA DECADENZA
È il settembre del 2013, quando Beppe Grillo tuona contro l' inciucio tra Pd e Pdl, accusati di voler salvare dalla decadenza Berlusconi. «Senza i moralisti del c. del M5S, il pdmenoelle avrebbe ancora una volta salvato il suo vero leader», tuona il guru sul suo blog. Ma non pago, il comico si scaglia contro quella stessa giunta per le autorizzazioni dove oggi i suoi senatori sono alla ricerca di una «soluzione condivisa» sul caso Salvini. Il pdmenoelle avvertiva Grillo, «ci sta provando i tutti i modi con azzeccagarbugli e legulei in servizio permanente». Identica denuncia arriva a stretto giro anche da Di Maio. Che avverte: «La seconda repubblica ha le ore contate».
calderoli - giancarlo giorgetti
Colpirne uno per educarne cento nell' odiata casta, anzi kasta col kappa. La funzione pedagogica assunta dal Movimento si esplica di nuovo a febbraio del 2014, quando sul banco degli imputati sale il parlamentare stellato Massimo De Rosa. Che rinuncia all' immunità a seguito di alcune frasi ritenute ingiuriose da alcune deputate del Pd. «Noi del M5s facciamo così. Nessun privilegio o trattamento speciale», è l' epitaffio dell' attuale vicepremier. Ma il 2014 è anche l' anno della riforma Boschi, che il Movimento contrasta come un sol uomo perché contempla lo scudo.
«Il M5S da sempre è contrario all' immunità», ribadisce sul sacro blog il gruppo parlamentare. È il tempo di due casi spinosi come quelli di Galan e Genovese. E Di Maio rivendica ancora il mito della superiorità etica grillina.
ACCORDI E PRIVILEGI
Quello escogitato dal Pd, dice è un «vergognoso privilegio» studiato per tenere in piedi «l' accordo con Berlusconi e Lega». Il capo grillino tira fuori dal taschino la soluzione finale: «Visto l' abuso che si fa di questo istituto, in Italia è meglio abolirlo del tutto», tuona su Facebook. Ma non provate a ritrovare il post originale del 23 giugno 2014: è stato rimosso. Nel 2015, palazzo Madama deve decidere se salvare dal processo il leghista Calderoli, che aveva definito il ministro Kyenge «un orango».
Il Senatore Antonio Azzollini x
«Chiaramente noi abbiamo votato tutti a favore dell' autorizzazione a procedere. Vi immaginate se fosse successo il contrario in che modo ci avrebbero apostrofati? Non oso nemmeno pensarlo», scrive sul suo blog Roberto Fico. Magari da qui a due mesi, il presidente della Camera dovrà provare a fare uno sforzo di fantasia. Ma è quando il Senato vota contro l'arresto del senatore di Ncd, Antonio Azzollini, che il Movimento scatena la sua indignazione.
«Vergognatevi! Ladri!», urla Dibba dai banchi in un accesso di bile. Nel marzo del 2017, il Senato decide di non far decadere il senatore azzurro Augusto Minzolini. «È una vergogna. Hanno dimostrato di essere una casta che vuole restare al di sopra della legge», è l' attacco del senatore Michele Giarrusso, attuale membro della giunta per le autorizzazioni chiamato a decidere su Salvini. Furibonda anche la reazione del vicepresidente della Camera Di Maio. Che parla di «un voto eversivo contro le istituzioni» e fa una livida profezia: «Non vi lamentate se i cittadini poi protestano in maniera violenta». Il rischio è quello di ritrovarsi sotto il balcone di palazzo Chigi, un po' di gente frastornata.
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