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Dino Martirano per il "Corriere della Sera"
Nel 2008, con il 4,4% dei consensi, l'Idv ottenne 30 deputati e 14 senatori e quella rappresentanza era, tutto sommato, sovrastimata perché i dipietristi ebbero la «fortuna» di dividere lo spicchio di emiciclo riservato all'opposizione (il 45%) soltanto con il Pd e l'Udc. Oggi, però, a parte le defezioni dei vari Scilipoti e Razzi, per il partito guidato con tenacia da Antonio Di Pietro la strada potrebbe diventare solitaria e addirittura in salita.
E l'ottimo risultato ottenuto alle Europee e alle Regionali (circa l'8%) rischia di essere vanificato da tre fattori ancora imponderabili: la legge elettorale, la mancata (o riuscita) alleanza con il Pd, l'aggressività del Movimento 5 Stelle che pesca nello stesso bacino. Per cui, dietro le quinte del 7° incontro nazionale dell'Idv che si è chiuso ieri a Vasto molti hanno toccato legno per allontanare, come un brutto incubo, la «Sindrome di Rifondazione». Che poi vuol dire un partito senza rappresentanza parlamentare.
Di Pietro è un combattente ma, stavolta, si è presentato davanti al suo popolo con l'abito del moderato che intende guidare un «partito di governo pronto a offrire un'alternativa a Monti». A Bersani, l'ex pm ha chiesto, con poco successo per ora, di marciare ancora insieme, innanzitutto cambiando la legge Fornero e cancellando la Gasparri. Mentre a Grillo, dopo un approccio infruttuoso con Casaleggio, il leader dell'Idv ha inviato un messaggio paternalistico: «Le tue proteste, legittime, io le facevo 10 anni fa. Oggi invece ho la responsabilità di dare un'alternativa ai cittadini...».
Di Pietro «supplica Bersani di restare ancora insieme ma quando lascia la festa di Vasto e un militante gli chiede un autografo su un foglio bianco dà l'idea di essere pessimista: «Mai firmare un foglio in bianco...», dice dopo aver tirato fuori un biglietto da visita con il simbolo dell'Idv che ingentilisce con uno scarabocchio.
Per poi aggiungere: «Il nome Di Pietro va via dal simbolo ma solo dopo le elezioni perché qui si stanno mettendo d'accordo, con mille astuzie, per farci andare da soli. Per ostacolare noi e Grillo». Per questo, Di Pietro ha pronto il piano B che parte con la raccolta di 500 mila firme per il referendum sull'articolo 18 e prosegue in trincea.
Il capogruppo Felice Belisario, che in Basilicata potrebbe correre per la poltrona di governatore, è ottimista: «Ce la faremo, non riusciranno a isolarci...». L'altro capogruppo, il veneto Massimo Donadi che da sempre ritiene strategica l'alleanza con Bersani, ricorda che l'Idv è altruista: «Quando avevamo il 2% fummo noi a fare la battaglia per lo sbarramento al 5% perché la politica si fa per il bene del Paese o non si fa».
Pierfelice Zazzera, pugliese, ricorda le condizioni in cui furono estromessi dal Parlamento Verdi e Rifondazione: «Adesso, però, ancora non hanno trovato l'espediente tecnico per farci fuori». Silvana Mura non dimentica il 2001 quando l'Idv restò fuori dal Parlamento con il 3,97%, sotto lo sbarramento che era al 4%: «Siamo sopravvissuti lo stesso...».
Il sardo Federico Palomba (che a Vasto ha portato gli operai dell'Alcoa) e il calabrese Luigi Ligotti dicono che senza legge elettorale definita non si possono fare previsioni. à ottimista invece Aniello Formisano, che nel 1987 prese 10 mila preferenze a Torre del Greco quando il suo capolista era Giorgio Napolitano del Pci: «Non ho dubbi. Il popolo del Pd costringerà i suoi dirigenti ad allearsi con noi».
ANTONIO DI PIETRO
ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
antonio di pietro al mare
ANTONIO DI PIETRO
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ANTONIO RAZZI
BEPPE GRILLO DURANTE UN COMIZIO
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