VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
Ugo Magri per “la Stampa”
Quando una coppia comunica a messaggini, vuol dire che sta scoppiando. Meloni e Salvini ormai non si parlano più di persona, tantomeno per telefono: colloquiano a mezzo stampa oppure, come ieri mattina, via Whatsapp. Sul cellulare del Capitano è risuonato un "bip" ed era Giorgia, la quale intendeva puntualizzare un paio di concetti dopo aver letto lo sfogo di Matteo sulle candidature nelle grandi città. «La Lega costruisce e qualcun altro disfa», aveva alluso lui; allora lei, sentendosi chiamata in causa, gli ha scritto che si sbaglia di grosso, non sono stati certo i Fratelli d'Italia a silurare Gabriele Albertini a Milano e Guido Bertolaso a Roma, nessuno mai si è sognato di sollevare veti nei loro confronti, però sarebbe ora di mettere le carte in tavola.
Cosa che avverrà mercoledì prossimo, ma ancora una volta in assenza dei leader e solo a livello di "sottopanza", cioè tra i responsabili degli enti locali: uno standing inadeguato a dipanare la matassa di gelosie, di incomprensioni e di risentimenti che si sono accumulati tra quei due, a metà tra il personale e il politico. Intendiamoci: amici veri Meloni e Salvini non sono stati mai. Anzi si detestano da sempre.
Perlomeno ai tempi di Berlusconi avevano in comune l'astio nei confronti del padre-padrone, volevano emanciparsi da Silvio e marciavano divisi per colpirlo uniti. Se oggi sono ai ferri corti, in un certo senso la colpa ricade proprio sul Cav, uscito di scena senza lasciare eredi. In mancanza del testamento, vale la legge dei numeri. E più i Fratelli d'Italia avanzano nei sondaggi (nella Supermedia di YouTrend sono schizzati al 18,4 per cento), più la Lega va perdendo quota (sta adesso al 21,8). Cosicché il distacco tra i due partiti non raggiunge i tre punti e mezzo percentuali dagli oltre 13 di un anno fa, lasciando immaginare un sorpasso già entro l'estate o al più tardi in autunno.
giorgia meloni saluta matteo salvini foto di bacco
Ciò rende nervoso Salvini, e possiamo capirlo: da premier in pectore col sogno dei «pieni poteri» si ritroverebbe a fare il numero due, eterno vice. Perciò vive con la scimmia dell'ossessione sulla spalla; in ogni gesto della Meloni scorge una mossa ostile, immagina complotti perfino quando lei non fa nulla. Sulla candidatura a sindaco di Milano, per esempio, Giorgia non ha mosso un dito: se l'è cantata e suonata Matteo tirando fuori dal cilindro Albertini, coccolandolo, uscendoci al bar, parlandone nelle interviste salvo poi restare spiazzato e fuori della grazia di dio quando il suo presunto campione si è defilato.
Cosa c'entra Meloni con la rinuncia? Nulla. E proprio questo Salvini le rinfaccia furioso: cioè l'inerzia, la poca generosità, lo stare cinicamente alla finestra come se in fondo non le interessi vincere le elezioni Comunali in ottobre e anzi - sotto sotto - preferisca perdere per scaricare le colpe della sconfitta su Salvini in modo da indebolirlo vieppiù.
Questo, addirittura, sospettano i vertici della Lega. E torniamo così al punto di partenza: incontrandosi, forse si chiarirebbero. Ma non possono perché c'è troppo veleno. Faccia a faccia Meloni chiederebbe conto del Copasir, il comitato di controllo sui nostri 007, di cui per ragioni misteriose la Lega ha mantenuto la presidenza nonostante spetti all'unica opposizione rimasta, i Fratelli d'Italia. Lei gli aveva perfino scritto una lettera aperta. Risposte zero. Anzi, pur di non mollare il Copasir Salvini ha cercato sponda nel presidente della Camera, Roberto Fico laddove Elisabetta Casellati, al Senato, sembrava dargli torto. E adesso c'è chi prevede ulteriori faide tra due alleati costretti a dichiararsi moglie e marito per via del sistema elettorale in parte maggioritario, ma condannati a combattersi fino all'ultimo voto proporzionale per scalare Palazzo Chigi.
matteo salvini giorgia meloni foto di bacco
Il prossimo campo di battaglia sarà la Rai, dove i leghisti mettono nel mirino colui che fa e disfa, il potente consigliere d'amministrazione in quota Fd'I Giampaolo Rossi. Se venisse bocciato dalla Lega, quando il CdA verrà rinnovato, sarebbe l'ultimo sgarro nei confronti della Meloni, e guerra totale. Chi potrà vincerla, dipenderà dalla sfida più grande che vede protagonista il governo. In Via Bellerio hanno letto con sollievo sulla Stampa l'analisi di Alessandra Ghisleri che rileva un segno più nei consensi per Draghi come effetto della campagna vaccinale e dei fondi Ue in arrivo.
Oggi Meloni condensa la schiuma della contrarietà alle larghe intese, ma tra breve il contesto generale potrebbe cambiare e a quel punto, chissà, Fd'I smetterà di lucrare spregiudicatamente sulla protesta, Salvini di andare nel panico. Già, perché l'accusa nei suoi confronti dell'ala governista è di farsi troppo condizionare dall'oggi, valorizzando poco i successi del governo.
Col rischio che alle prossime elezioni il centrodestra si ritrovi potenzialmente vittorioso però lacerato in due fazioni rivali. Con Forza Italia strattonata da una parte e dall'altra, incapace di esercitare un ruolo di sintesi. Al punto che molti berlusconiani cominciano a guardarsi intorno. Nel laboratorio politico siciliano già si progettano nuovi equilibri sul cosiddetto "modello Ursula", con Forza Italia alleata in Regione di Cinque stelle e Pd.
Gianfranco Micciché lavora espressamente a questo progetto con la benedizione, si sussurra, dell'anti-salviniano Gianni Letta. Nello stesso tempo Salvini allaccia rapporti con vecchi avversari forzisti come Renato Brunetta, prefigurando un fronte comune liberale contro le derive nostalgiche e stataliste rappresentate dalla Meloni. Sovrana regna la confusione. Per dirla con una battuta che Giancarlo Giorgetti regala agli amici: «Il popolo di centrodestra è maggioritario. Nonostante noi».
salvini e meloni matteo salvini e giorgia meloni alla foiba di basovizza per il giorno del ricordo 1meloni salviniGIORGIA MELONI E MATTEO SALVINIMATTEO SALVINI GIORGIA MELONI SELFIE IN PIAZZA
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