DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
Alle sei della sera, quando l' aula di Montecitorio si svuota e le signore delle pulizie spazzano il tappeto rosso dei «passi perduti», deputati e senatori restano ancora tutti lì. Si aspetta, si prega, si spera. Al centro di capannelli e conciliaboli c' è il nodo della premiership, ma anche le vacanze vanno fortissimo. «La Grecia è salva!», ride il collaboratore di un onorevole dem assestandogli una pacca sulla spalla. E pochi metri più in là, l' azzurro Raffaele Nevi esulta con l' ex ministro del Pd Cesare Damiano: «È fatta, abbiamo scampato il voto a luglio».
Abbracci e patemi sono bipartisan, anzi tripartisan fra le anime perse che sciamano in questo Parlamento impazzito, che cinque lustri dopo la discesa in campo è appeso alle labbra di un uomo solo, sempre lo stesso. «Dopo 25 anni Berlusconi è ancora il centro dell' attenzione politica - esulta Osvaldo Napoli, nei secoli fedele -. Noi seguiremo il nostro presidente, qualunque cosa voglia fare». Anche andare al voto? «Sì, io non ho paura di perdere il seggio».
Navigati o neofiti, l' ansia è pressoché la stessa. Si sta appesi agli smartphone, in balia di notizie e rapide smentite. Berlusconi sta per parlare, come rullano i tamburi di Forza Italia? Da un corridoio laterale appare Annagrazia Calabria: «A me non risulta». Ma la svolta dell'«astensione benevola» è nell' aria, tanto che alla buvette Valentino Valentini, che di Berlusconi è l' ambasciatore in Parlamento, parla rilassato di corride, toreri e giornali.
Anche il capogruppo leghista Gianmarco Centinaio sparge sorrisi: «Ero ottimista anche quando ci andammo a schiantare con la Casellati». Nell' attesa i senatori a Cinque Stelle corrono in commissione Difesa, richiamati da un seminario su «comunicazione interna e motivazione» tenuto dallo psicoanalista Roberto Giacomelli: «Questo gruppo parlamentare è come una grande azienda».
Forse un po' di training motivazionale farebbe bene anche ai democratici, che sul lato opposto dell' immensa navata non trovano unità neppure sul tono dell' umore. Tanti pregustano le barricate dell' opposizione, altri sperano che il voto anticipato ribalti il già precario assetto del partito. «Per il Paese avere una maggioranza putiniana è negativo - ragiona l' onorevole professore Stefano Ceccanti -. Però almeno è un orizzonte chiaro». Alessia Morani non concorda, anzi si augura che la nave delle trattative si infranga sugli scogli di Palazzo Chigi: «Meglio votare. Questo governo è una sciagura per il Paese». Non sarebbe la salvezza per voi? «Le sorti dell' Italia vengono prima di quelle del Pd».
Così la pensa anche David Ermini, «molto preoccupato per le leggi terribili» che Movimento Cinque Stelle e Lega faranno in materia di giustizia: «Il giorno del rapimento Moro c' era un senso di angoscia, come quello che c' è adesso in attesa del governo grillino».
Eppure tra i divanetti e il cortile, dove i fumatori sfidano la pioggia, l' euforia si mangia ogni altro stato d' animo. Dal conto di Fabio Rampelli, capogruppo di Fratelli d' Italia, i peones terrorizzati dal voto sono assai meno di quelli pronti al brindisi: «Vista l' agitazione che c' è qui mi pare proprio che siamo vicini alla meta». Ma ecco Roberto Calderoli, il cui ghigno divertito sembra studiato apposta per gelare i colleghi: «Sono tutti ubriachi... Alla buvette non c' è più niente, si sono bevuti tutto e hanno mangiato anche i tavoli».
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