SCAJOLA TI DÀ UNA MANO - “SÌ, HO AIUTATO MATACENA”, MA NEGA OGNI LEGAME CON I PROTAGONISTI MAFIOSI DELL’INCHIESTA “BREAKFAST”

Enrico Fierro per "il Fatto Quotidiano"

Sette ore di interrogatorio. Interminabili se passate in una auletta del carcere romano di Regina Coeli a difendersi dal sospetto pesantissimo di aver agevolato la 'ndrangheta. Sette ore di tormento per chi come Claudio Scajola è stato ministro dell'Interno. Giuseppe Lombardo, pm della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria e Francesco Curcio, sostituto della Dna, hanno puntato buona parte delle loro domande sulla ricostruzione della rete di protezione costruita attorno ad Amedeo Matacena, con l'obiettivo di definire il ruolo svolto dai protagonisti mafiosi.

Scajola, stando alla ricostruzione dell'interrogatorio secretato dai magistrati, avrebbe respinto ogni accusa su questo aspetto, facendo però ammissioni considerate utilissime dagli inquirenti sul resto. In particolare sugli interventi presso le autorità libanesi e sul leader dei cristiano-maroniti Gemayel per far spostare Amedeo Matacena a Beirut. Altri punti approfonditi sono relativi al reticolo di società che ruotavano intorno all'ex parlamentare calabrese di Forza Italia condannato a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Curcio e Lombardo hanno anche chiesto all'ex potente berlusconiano di chiarire i contorni di una telefonata fatta a proposito delle elezioni europee. Quei riferimenti ad un incontro con Gianni Letta e Fedele Confalonieri, Scajola li avrebbe minacciati, scrivono i magistrati. "Se non si risolve il problema faccio scoppiare un casino indimenticabile. Non ho bisogno di persone che mi raccomandano, ho bisogno di sapere se mi rispettano altrimenti è guerra aperta".

Delusione politica o altro? Per la procura di Reggio Calabria, "Scajola ritenendo di non essere considerato dal suo partito, minaccia di far scoppiare un casino sulla scorta dei fatti di cui è a conoscenza". Forse conservati nei famosi dossier e fascicoli sequestrati nelle residenze dell'ex ministro e della sua segretaria, nei quali Scajola annotava notizie su personaggi della politica e del mondo imprenditoriale. Nessun commento dei magistrati alla fine dell'interrogatorio, solo la certezza che il lavoro continua. Si scava nel pozzo senza fine dell'inchiesta Breakfast .

Un filone porta anche alla cosca Tegano e agli interessi della 'ndrangheta nel settore del poker online. Nelle carte della Dia, infatti, spunta il nome di una società, la Larabet srl dietro la quale si nasconderebbe un "sistema di reinvestimento di capitali illecitamente accumulati mediante il sostegno di operatori nel settore delle scommesse e dei giochi on line".

Proprio indagando su questo troncone dell'indagine, i pm Lombardo e Curcio si sono imbattuti nelle intercettazioni telefoniche tra Bruno Mafrici e Amedeo Matacena. L'ex parlamentare latitante doveva saldare un debito di 200mila euro che era stato contratto per l'acquisto di una barca. Denaro che non era riuscito a pagare e, per questo, si sarebbe rivolto a Mafrici per ottenere un finanziamento con la sua "mediazione bancaria".

A proposito del gioco d'azzardo, gli inquirenti stanno cercando di fare luce sul "sistema di gestione del cosiddetto ‘casinò online' che vede l'utilizzo di ‘pseudo agenzie di scommesse' che, sotto forma di internet point, permettono di collegarsi ai siti che offrono ‘case da gioco telematiche', aventi appositamente base all'estero, in modo da eludere la regolamentazione imposta dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato".

 

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