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Fulvio Fiano, Ernesto Menicucci per "Il Corriere della Sera Roma"
Dai documenti consegnati da Edoardo D'Incà Levis al pm Paolo Ielo potrebbe arrivare la svolta nell'inchiesta che vede indagato l'ex ad di Eur spa, Riccardo Mancini, per una presunta mazzetta sulla fornitura di 45 filobus sul corridoio Laurentina.
Il mediatore che ha fatto da raccordo con la Skoda e ha sostenuto che Roberto Ceraudo, l'ex ad della Breda, gli aveva indicato la «segreteria di Alemanno» come destinazione finale di quella tangente, ha fornito le fatture false che attestano il passaggio dei soldi da una società Usa ai conti svizzeri e, quindi, allo Ceraudo.
E adesso il magistrato potrebbe avere in mano l'asso per fare chiarezza sulla vicenda. E per acquisire elementi decisivi su quello che emerge sempre più come il vero «core business» dei rapporti tra Finmeccanica e il Campidoglio, i lavori per la metro. Ansaldo Sts, altra controllata del gruppo, era la chiave d'ingresso per l'affare da due miliardi di euro.
La stima al consulente Lorenzo Cola era dal suo commercialista Marco Iannilli, entrambi indagati. Cola - racconta nel suo interrogatorio del 16 maggio scorso - incontra Mancini a inizio 2009. Quest'ultimo gli dice che prima di parlare di metropolitane pretende per intero la sua parte di soldi nell'affare filobus. E Cola corre a sollevare il problema al presidente di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini.
Dal verbale di Cola: «Guarguaglini, seduta stante, chiama De Luca, ad di Sts, per chiedergli aggiornamenti sul punto. De Luca gli riferisce di essere in trattative con il costruttore Salini per la costituzione di un'Ati e per far partecipare ai lavori la Sts». Guarguaglini dice allora a Cola di chiudere sui filobus e occuparsi della metro. Qualche mese dopo Mancini riceve la sua parte e si procede.
Gli accordi sono però poco vantaggiosi per Sts e Cola insiste con Mancini per riequilibrarli. Ma l'ex ad di Eur spa si innervosisce. Ecco la sua risposta, raccontata da Cola: «Mancini mi dice che comunque noi o altri, intesi come i partecipanti, dovevamo passare da loro. Che l'ad della società che si occupava delle costruzioni della metro era un suo uomo e anche dopo una eventuale assegnazione dei lavori deteneva tutte le deleghe tecniche necessarie per avere il totale controllo sulla gestione dell'Ati».
In ballo c'è l'affare da 555 milioni di euro per il prolungamento (in project financing) della metro B da Rebibbia a Casal Monastero. Se lo aggiudicano Salini, Vianini e Ansaldo, che mettono le mani anche su un milione di metri cubi e sei aree da valorizzare. Il Sole24ore anticipò la notizia della vittoria di Salini, ma poi emerse che l'offerta del secondo classificato (la Cmb di Carpi) era più vantaggiosa.
Il sindaco Alemanno, allora scrisse a Roma Metropolitane - società appaltante - chiedendo di «adeguare» l'offerta dei vincitori. Un'intromissione che fece drizzare le orecchie all'opposizione. La delibera, alla fine, passò ad inizio agosto, la Cmb fece ricorso ma il Tar confermò il verdetto dei tecnici di Roma Metropolitane.
La commissione d'esame era composta da l'ex ad Federico Bortoli, Claudio Pasquali, Francesco De Santis, Domenico Sandri e Valter Di Mario. Tre di loro (Bortoli, De Santis e Di Mario) erano gli stessi che decisero l'appalto sui filobus.
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